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L'ultimo annuncio delle reliquie messo su eBay
C’era una volta il mercante nel tempio, oggi c’è il mercante su internet. Cambiano le epoche, cambia la vetrina, ma si allargano i confini e il vizio resta lo stesso: lucrare sulla fede.
Con la nostra inchiesta, avviata il 24 marzo scorso, abbiamo scoperchiato un mercato inquietante, dove presunte reliquie di santi umbri e toscani – da San Francesco di Assisi a Santa Rita da Cascia, comprese Santa Angela da Foligno, Santa Chiara da Assisi, Santa Chiara da Montefalco e Santa Caterina da Siena – finiscono in vendita online come se fossero francobolli da collezione. Pezzi di tuniche, polveri di ossa, ciocche di capelli: il tutto con tanto di presunti certificati, in barba a ogni regolamento canonico e a ogni principio morale.
La legge ecclesiastica è chiara: la vendita di reliquie è vietata. Peccato però che il diritto canonico non abbia alcuna efficacia nello Stato italiano, e così il business prolifera, alimentato da fedeli di tutto il mondo in cerca di un legame tangibile con il sacro e da furbastri senza scrupoli pronti a vendere l’aria fritta della devozione.
Il clima dell’Anno giubilare che si è recentemente aperto ha ulteriormente esacerbato queste dinamiche, stimolando la creatività dei furbi che, con astuzia, hanno osato mettere in vendita oggetti destinati a incarnare il divino, trasformando l’onestà dei fedeli in un ingranaggio per fini lucrativi.
Il caso più eclatante? I capelli di Carlo Acutis, il giovane beato patrono del web che verrà proclamato Santo da Papa Francesco il 27 aprile e il corpo del quale è venerato ad Assisi, finiti all’asta per oltre 2.100 euro.
Un annuncio vergognoso, tanto che la stessa Diocesi di Assisi - dopo aver letto i nostri articoli - è voluta intervenire con un esposto alla procura. Ed ecco qui il primo colpo di scena: la denuncia del vescovo di Assisi e Foligno, Domenico Sorrentino, ha messo in moto la macchina della giustizia, e il procuratore Raffaele Cantone ha aperto immediatamente un fascicolo per tentata truffa. Giusto? Giustissimo.
Perché al di là delle questioni religiose, qui c’è puzza di raggiro da chilometri di distanza.
Qualcuno crede davvero che esistano frammenti autentici della croce di Cristo acquistabili con un clic? O che basti un timbro sbiadito per garantire che quei capelli siano davvero di Acutis? La verità è che molti di questi “pezzi di santità” sono probabilmente falsi, messi in vendita da lestofanti che puntano sulla credulità popolare per fare soldi facili. E se c’è il sospetto di una truffa, allora lo Stato deve intervenire.
L’inchiesta della procura di Perugia potrebbe essere l’inizio di un giro di vite su questo mercato osceno, che non è solo giuridicamente borderline, ma è moralmente ripugnante. Perché il sacro non si vende. E chi specula sulla fede altrui merita di essere smascherato.
Nell’indagine attivata, che mira a verificare l’autenticità – o l’assenza della stessa – di tali reliquie, si cela la volontà di difendere la verità e tutelare la fiducia che il popolo ripone nei simboli della propria fede.
In un’epoca in cui l’apparenza spesso sostituisce la sostanza, l’operato del procuratore Cantone brilla perché non solo mira a smascherare possibili frodi, ma anche a ristabilire il rispetto per quei valori che, nel fondo, sono la linfa vitale di una società che non deve dimenticare il confine tra fede e interesse economico.
Aspettiamo gli sviluppi dell’indagine, ma una cosa è certa: il primo passo è stato fatto. E stavolta, almeno per una volta, la giustizia non è rimasta a guardare.
Un intervento giusto, necessario e, in ultima analisi, a tutela dell’onestà spirituale e civile del nostro tempo.
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