Attualità
La vita di San Francesco è stata raccontata in ogni modo possibile: nei libri, nella pittura, nel cinema, a teatro. Ha ispirato poeti, artisti, registi e perfino un premio Nobel. Ma lo spettacolo Francesco – Il Cantico, andato in scena venerdì sera nel piccolo ma gremito teatro San Carlo di Foligno, riesce a distinguersi e a lasciare un segno indelebile. Un’opera che non si limita a raccontare la storia del santo di Assisi, ma che trasforma il Cantico delle creature in un’esperienza viva, tangibile, emozionante.
Tutti conosciamo le parole del Cantico, ma quanti ne comprendono davvero il significato profondo?
Questo spettacolo non si accontenta di recitarlo: lo mette in scena, lo spiega, lo fa vibrare nell’anima degli spettatori.
Il pubblico viene accompagnato per mano in un viaggio alla scoperta delle origini, dell’evoluzione e del messaggio universale di quell’inno di lode a Dio e alla natura.
Assisi è il centro indiscusso della storia francescana, ma si ricorda che anche il santuario de La Verna, in provincia di Arezzo, e Foligno hanno avuto un ruolo tutt’altro che secondario nella vita del Santo. A La Verna Francesco ricevette le stimmate. A Foligno, in particolare, Francesco vendette le stoffe per finanziare la ricostruzione di San Damiano. A Foligno - e da folignate, come tanti folignati, ammetto di averlo finora ignorato - frate Elia ricevette la rivelazione, due anni prima, della morte del santo di Assisi. E proprio a Foligno, venerdì, ha preso vita uno spettacolo che si inserisce perfettamente nelle celebrazioni dell’ottavo centenario della creazione del Cantico e della morte del Poverello.
Ci sono spettacoli che si guardano, altri che si vivono. Questo appartiene alla seconda categoria. È teatro, è musical, è riflessione. Un gruppo di giovani attori, molti dei quali alle prime armi, ha dato vita a una rappresentazione intensa e sorprendente, guidata da una regia attenta e da una sceneggiatura che riesce a essere al tempo stesso profonda e leggera, coinvolgente e mai banale. Il ritmo è serrato, la narrazione fluida, con momenti di autentico stupore.
Le incursioni in platea rompono la barriera tra attori e pubblico, trascinando gli spettatori dentro la storia. Ma il vero colpo di scena è lei: sorella morte, coprotagonista silenziosa ma potente, che accompagna Francesco fino all’ultimo passo.
Il ballo finale tra il santo e la morte è una scena magistrale, capace di toccare corde profonde, con una forza paragonabile – per chi ama il cinema – al dissacrante dialogo tra Brancaleone da Norcia e la morte nel capolavoro di Mario Monicelli. Ma qui, a differenza del film, la morte non è una sfida, è una compagna di viaggio, una presenza rassicurante che dà senso all’intero percorso umano.
Dietro questo spettacolo c’è molto più di un copione ben scritto. C’è una squadra che ha lavorato con passione e professionalità. Un progetto che ha visto la partecipazione di oltre 200 ragazzi, tra cui anche giovani con disabilità, grazie all’iniziativa “Chicchi di Grano” che ha trasformato il palco in un luogo di inclusione e crescita. Un’unità nella diversità che è lo specchio perfetto del messaggio francescano.
Le musiche, scritte dalla talentuosa Eleonora Beddini, sono un valore aggiunto che rende ancora più intenso il viaggio emotivo. I costumi, curati da Daniele Gelsi, e la presenza di due abiti originali del film di Franco Zeffirelli, donano alla scena una maestosità visiva che si fonde perfettamente con la potenza spirituale del racconto.
San Francesco non è solo una figura del passato. È un contemporaneo che parla ancora oggi di pace, fratellanza, rispetto per la natura. “Francesco – Il Cantico” riesce a ricordarcelo con una forza che va oltre la fede, oltre la religione, toccando chiunque abbia voglia di ascoltare.
Grazie a monsignor Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi e Foligno, che ha creduto in questo progetto e lo ha sostenuto con convinzione. Grazie agli attori, ai registi, ai tecnici, ai musicisti, ai costumisti e a tutti coloro che hanno reso possibile questa magia. Uno spettacolo da vedere, da vivere, da portare oltre i confini dell’Umbria. Perché il messaggio di San Francesco non è solo nostro. È universale.
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