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Il mercato ucciso dall'auto elettrica

Sergio Casagrande

21 Settembre 2024, 10:59

Il mercato ucciso dall'auto elettrica

Il brusco crollo delle immatricolazioni di automobili registrato in Europa e in Italia ad agosto 2023, con un calo complessivo del 17% nel settore e un impressionante -36% per le auto elettriche, è un campanello d'allarme che l’industria automobilistica non può permettersi di ignorare e pone interrogativi seri sul futuro del mercato delle quattro ruote e, in particolare, sulla sostenibilità dell’auto elettrica come pilastro della transizione ecologica.
Il mercato delle auto elettriche, spesso visto come la soluzione alla riduzione delle emissioni di CO2 e alla dipendenza dai combustibili fossili, sembra essere in una fase di stallo preoccupante. Le vendite sono precipitate in tutta Europa, con cali particolarmente rilevanti in Germania (-27,8%), Francia (-24,3%) e Italia (-13,4%).
Cosa è andato storto?
Uno dei principali motivi del flop dell'auto elettrica risiede nei costi troppo alti e nell’ancora bassa competitività della maggioranza dei produttori europei.
Nonostante gli incentivi statali e le agevolazioni fiscali introdotte in molti Paesi europei, il prezzo medio di un’auto elettrica resta fuori dalla portata della maggior parte dei consumatori.
È vero che il prezzo dell’elettricità, in teoria, riduce i costi operativi nel tempo, ma la spesa iniziale di acquisto di un veicolo elettrico rimane elevata rispetto ai tradizionali motori a combustione interna.
Questo è un problema particolarmente sentito in un periodo di incertezza economica e inflazione che pesa sulle famiglie, spingendo molti a posticipare l'acquisto di un'auto nuova (a prescindere dal suo sistema di propulsione) o a scegliere modelli più economici. Va poi aggiunto il problema cronico della carenza di infrastrutture di ricarica.
Sebbene siano stati fatti progressi negli ultimi anni, l'Europa e l'Italia sono ancora lontane dall'avere una rete di stazioni di ricarica capillare e facilmente accessibile.
L'autonomia delle vetture elettriche, sebbene in costante miglioramento, non è ancora sufficiente per convincere i consumatori, soprattutto quelli che percorrono lunghe distanze quotidianamente. L'ansia da ricarica è un freno che si riflette nelle scelte di acquisto, spingendo molti a preferire ancora veicoli con motore termico, percepiti come più affidabili e pratici.
In questo contesto, si alzano voci autorevoli che invitano a una riflessione seria sulle politiche di transizione ecologica adottate finora. Tra le tante quella del presidente nazionale di Confindustria, Emanuele Orsini, che ha sollevato dubbi sulla sostenibilità delle attuali scelte, chiedendo un ripensamento delle strategie per evitare un tracollo dell’intera filiera.
L'industria automobilistica europea rischia di essere penalizzata da normative ambientali troppo rigide, che potrebbero non essere sostenibili in tempi di crisi economica e disoccupazione crescente.
L’Acea, l’Associazione europea dei costruttori di automobili, ha lanciato un appello urgente affinché si rivedano i limiti sulle emissioni che entreranno in vigore nel 2025, con il rischio concreto che gli obiettivi prefissati non vengano raggiunti.
L’auto elettrica, considerata fino a pochi anni fa come il futuro indiscusso della mobilità sostenibile, insomma, appare oggi meno certa del suo ruolo. E ci si sta rendendo conto che la sfida della transizione ecologica è complessa e richiede soluzioni che tengano conto non solo delle necessità ambientali, ma anche delle dinamiche economiche e sociali. Continuare a spingere su un mercato che non è ancora pronto, né dal punto di vista dei costi, né da quello delle infrastrutture, potrebbe, in effetti, portare a un ulteriore fallimento e all’indebolimento dell’intera industria europea.
A questo punto verrebbe da dire che è davvero giunto il momento di ripensare alcune scelte, come suggerisce Confindustria, e valutare soluzioni più realistiche e graduali per accompagnare la transizione verso un futuro più sostenibile, senza imporre costi insostenibili ai consumatori e alle imprese. Poi, però, c’è il cambiamento climatico, con le sue manifestazioni come la nuova alluvione di questi giorni in Romagna, che ci ricordano che certe scelte non possono più aspettare.
E, allora, che fare?
Buttare tutto in mare e cercare una nuova tecnologia alternativa? Perpetuare la vita ai motori endotermici tradizionali? O accelerare la transizione avviata e ora zoppicante, senza imposizioni, ma puntando tutto sulla massima incentivazione e la riduzione dei costi di produzione e dei prezzi di mercato e incrementando, come fossero la priorità assoluta, le reti di ricarica.
La risposta, forse, è semplice. E non occorre nemmeno interpellare l’intelligenza artificiale per individuarla. Perché potrebbero bastare maggiore volontà e maggiore impegno di chi guida l’Unione e i singoli Paesi: un piano condiviso con il mondo dell’industria e quello dei consumatori, scevro da imposizioni e adeguatamente sostenuto, per esempio, permetterebbe di raggiungere un traguardo concreto. E non un suicidio.

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