Attualità
Il maxi poster collocato in viale Brin
La crisi energetica che sta colpendo l’Europa e, in particolare, l’Italia, si sta abbattendo in modo devastante su uno dei pilastri dell’industria nazionale: le acciaierie Ast di Terni.
I costi esorbitanti dell’energia elettrica stanno creando uno squilibrio competitivo insostenibile per il gruppo Arvedi che le gestisce, mettendo a rischio non solo l’attività produttiva, ma anche centinaia di posti di lavoro e l’economia di un intero territorio. Il fermo annunciato di uno dei due forni elettrici dell’impianto per una settimana a fine settembre, con la conseguente richiesta di cassa integrazione per 200 lavoratori, è solo l’ultimo segnale di una crisi profonda che necessita di un intervento immediato.
Come riportato dall’azienda e dai sindacati, il costo dell’energia per Ast è di gran lunga superiore perfino rispetto ai suoi competitor europei.
Il divario tra ciò che pagano le acciaierie italiane e quelle dei Paesi concorrenti all’interno della stessa Unione europea è enorme: in Italia, il costo dell’energia elettrica può essere fino a quattro volte più alto rispetto alla Francia e tre volte rispetto alla Germania e alla Finlandia.
Si tratta di una differenza abissale che soffoca la competitività dell'industria siderurgica italiana, penalizzando soprattutto le aziende energivore come Ast.
Il cartellone affisso sul piazzale dello stabilimento, che denuncia pubblicamente questa disparità, non è solo una protesta, ma un grido d’allarme per salvaguardare un settore strategico che sta affondando sotto il peso di bollette che si rivelano insostenibili.
La proposta avanzata dall’azienda è chiara: ripristinare le condizioni di autoproduzione energetica che in passato hanno garantito la competitività del sito produttivo di Terni, attraverso il collegamento diretto con la centrale Enel di Galleto. Questo consentirebbe ad Ast di approvvigionarsi a costi comparabili a quelli dei suoi rivali europei, ristabilendo le condizioni che hanno permesso alla fabbrica di superare momenti di crisi anche più gravi in passato. Tuttavia, questa richiesta, così come molti altri appelli, sembra cadere nel vuoto.
La necessità di un tavolo di confronto con il governo è stata ripetutamente sollecitata dalle parti sociali, istituzionali e politiche, ma finora non si è arrivati a una soluzione concreta.
Come sottolinea la presidente dell’Umbria, Donatella Tesei, la Regione si è già attivata per facilitare un accordo tra Ast ed Enel, ma i margini d’azione a livello locale sono limitati.
Il vero problema, infatti, è nazionale ed europeo. Da un lato, è indispensabile che il governo intervenga con misure di sostegno immediate per ridurre il costo dell’energia per le imprese energivore, come quelle siderurgiche, dall’altro è necessaria una riforma strutturale del mercato energetico europeo che metta le aziende dei diversi Paesi sullo stesso piano di partenza.
La situazione è aggravata anche dalla competizione internazionale sulle materie prime, in particolare sui rottami di ferro e acciaio, che sempre più spesso finiscono nelle mani di gruppi extra-Ue, rendendo ancora più difficile per le aziende italiane procurarsi materiali a prezzi competitivi. Questo, in un momento di transizione ecologica, rischia di minare ulteriormente la capacità di Ast di rimanere un leader nel settore degli acciai speciali. Ma la posta in gioco va oltre la semplice competitività economica. In ballo c’è il futuro di centinaia di lavoratori e di un’intera comunità che dipende da un’azienda storica, il cui declino avrebbe ripercussioni devastanti sull’intera regione.
L’accordo di programma, che prevede 800 milioni di euro di investimenti per modernizzare l’impianto e renderlo più competitivo e sostenibile, è un passo fondamentale, ma senza un prezzo dell’energia accessibile, questi sforzi rischiano di essere vanificati.
L’Italia non può permettersi di perdere un’altra eccellenza industriale a causa di una gestione miope della politica energetica. È imperativo che il governo nazionale ascolti il grido d’allarme proveniente da Terni e agisca con determinazione per trovare soluzioni concrete e immediate.
Gli strumenti ci sono: incentivi per l’autoproduzione, interventi sulle tariffe energetiche e una strategia a lungo termine per garantire l’approvvigionamento di materie prime essenziali. Ma il tempo stringe. Ogni giorno di ritardo significa nuove perdite economiche, nuovi posti di lavoro a rischio, e un ulteriore colpo all’industria nazionale.
Le acciaierie di Terni, con la loro lunga storia e la loro importanza strategica, non possono essere lasciate a lottare da sole contro una crisi che ha radici globali, ma che richiede risposte nazionali ed europee. Il governo deve intervenire, e deve farlo ora. Non si tratta solo di salvare un’azienda, ma di preservare il futuro di una comunità e di garantire che l’Italia rimanga competitiva in un settore, quello siderurgico, che è cruciale per la sua economia.
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