POLITICA
L’idea dello ius scholae divide la maggioranza di governo. E, stando ai sondaggi, pure gli italiani anche se ad essere contraria sembrerebbe essere la minoranza del Paese.
Ad accendere il dibattito è stato Antonio Tajani, segretario nazionale di Forza Italia che proponendo di inserire lo ius scholae in un’ipotesi di legge da preparare entro questo settembre ha incendiato il dibattito politico d’agosto scatenando le ire di Lega e Fratelli d’Italia. Ma Tajani ha ragione su un fatto: il principio, che propone di concedere la cittadinanza ai bambini e ragazzi stranieri nati o cresciuti in Italia al completamento di un ciclo scolastico, rappresenta non solo una questione legale, ma anche un’occasione per riflettere su cosa significhi essere italiani oggi e su come il nostro Paese intenda gestire il suo futuro in un contesto sempre più multiculturale.
Qualcuno ha accusato Tajani di prendere a cuore un tema caro al centrosinistra, ma in verità – come ha ricordato su questo giornale anche Raffaele Nevi, portavoce nazionale di Forza Italia - lo ius scholae era già stato proposto in passato dai governi di Silvio Berlusconi convinti della sua capacità di riconoscere e valorizzare il percorso formativo scolastico come elemento fondante dell’identità civica. In effetti, la scuola non dovrebbe essere solo un luogo di apprendimento, ma un microcosmo dove si intrecciano storie, culture e valori che contribuiscono a forgiare cittadini consapevoli e integrati.
Per molti giovanissimi stranieri e figli di stranieri, l’Italia è l’unico Paese che conoscono, l’unico luogo in cui si riconoscono e in cui hanno costruito la propria identità. Negare loro la cittadinanza significa creare una frattura profonda tra la loro realtà quotidiana e il riconoscimento giuridico della loro appartenenza a questa comunità.
Non si tratta semplicemente di una questione di diritti, ma di una scelta strategica per il futuro del Paese. La presenza di giovani stranieri ben integrati, con un forte senso di appartenenza e una solida formazione, può essere una risorsa preziosa per affrontare le sfide demografiche ed economiche che attendono l’Italia nei prossimi decenni.
Il conferimento della cittadinanza ai giovani che completano un ciclo scolastico in Italia, insomma, potrebbe effettivamente rappresentare un passo importante verso una società più inclusiva, capace di riconoscere il valore e il contributo di tutti i suoi membri.
C’è, però, un ma da sottolineare. Un ma che andrebbe affrontato con onestà intellettuale e pragmatismo. Proprio perché la scuola deve rappresentare un terreno fertile per la costruzione di legami sociali e inclusivi non occorre incappare nell’errore di andare oltre certi limiti.
Lo ius scholae non dovrebbe rappresentare una concessione automatica della cittadinanza, ma un riconoscimento che avviene al termine di un percorso educativo e formativo, serio ed efficace, che deve veder rispettati i suoi sistemi e metodi di valutazione. Questo meccanismo deve, quindi, inevitabilmente richiedere impegno e partecipazione attiva anche da parte dei giovani e delle loro famiglie immigrate. Dovrebbe essere, in sostanza, una cittadinanza che si conquista, non che si riceve passivamente.
Anche chi si schiera contro lo ius scholae, infatti, ha le sue ragioni che risiedono non nella paura di un aumento incontrollato degli arrivi degli immigrati, tantomeno nel razzismo, ma nella necessità di mantenere un’identità nazionale italiana che - anche se sta cambiando e continuerà a cambiare - ha, comunque, alcune sue caratteristiche.
Chi cerca l’integrazione e sceglie di vivere nel nostro Paese deve avere un obbligo: quello di rispettare i valori di questa nostra identità nazionale. Valori che distinguono gli italiani da molte altre culture; valori che danno diritti, ma comportano anche dei doveri. I principali sono scritti nella nostra Carta costituzionale, altri fanno parte della nostra storia, dei nostri modi di vivere, delle nostre leggi. Solo così lo ius scholae non sarà solo una riforma legislativa, ma un atto di fiducia nel futuro e nella capacità dell’Italia di rinnovarsi senza tradire le sue radici.
In un’epoca in cui le sfide globali ci impongono di ripensare i confini e le appartenenze, lo ius scholae può rappresentare un passo significativo verso un’Italia più inclusiva e proiettata verso il futuro. È un’opportunità per costruire una società più giusta e coesa, capace di valorizzare le diversità e di trasformarle in una risorsa. È un’occasione per dimostrare che l’essere italiani non è solo una questione di nascita, ma di condivisione di un percorso comune. Ma ricordiamoci che l’impegno deve esserci anche da parte di chi vuole essere accolto nella nostra comunità con, alla base, una forma di rispetto reciproco.
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