L'editoriale
Un momento della cerimonia di chiusura
I festeggiamenti sontuosi e l’emozione condivisa per le gare e i traguardi sportivi delle Olimpiadi di Parigi 2024 sono sembrati regalare al pianeta Terra un attimo di respiro. Partendo da Tokyo, transitando per Roma, Berlino e Londra, fino ad arrivare alla sperduta isola caraibica di Santa Lucia, in tanti ci siamo interessati alle imprese degli atleti concorrenti ed emozionati. E’ stata, però, un’euforia collettiva che, come un velo, ha coperto una verità più amara e ineludibile: mentre applaudivamo gli atleti che incarnano l’ideale di unità e pace, fuori dagli stadi francesi le nuove guerre continuavano a devastare vite e a spezzare sogni.
Nessuna meraviglia, ma è difficile non provare un senso di rammarico osservando questa paradossale contraddizione. L’antica tradizione della tregua olimpica, che nell’antichità imponeva la sospensione delle ostilità durante i giochi, è ormai solo un ricordo sbiadito, tradito dall’incapacità del mondo moderno di fermare le armi anche solo per un istante. L’ipocrisia delle Olimpiadi moderne non è una novità: fu palese già nel 1948, quando Germania e Giappone furono tenute lontane dai giochi e negli anni ’80, con i boicottaggi reciproci di Usa e Russia. Ma, questa volta, all’ipocrisia, si è aggiunta l’indifferenza generale.
Le minacce dell’Iran a Israele; il conflitto tra Russia e Ucraina, con le risposte di Kiev che ora coinvolgono il territorio russo; le nuove stragi in Medio Oriente: tutto questo non solo ha reso evidente che la pace che celebriamo dentro gli stadi è ben lontana dalla realtà, ma che pure la stessa realtà è lontana da noi.
Mentre milioni di persone seguivano con passione le gare e partecipano ai festeggiamenti, le notizie dei bombardamenti, delle vittime civili, delle tensioni che minacciano, ormai ogni giorno e sempre di più, la stabilità globale sono passate tutte in secondo piano. Alcune addirittura tra la totale indifferenza dell’opinione pubblica mondiale. E anche dei governanti. Solo Papa Francesco ha fatto sentire la sua voce (inascoltata). L’immagine di un mondo unito dai valori olimpici, insomma, come purtroppo tante altre volte è accaduto nelle edizioni dell’era moderna, si è confermata un’utopia offuscata, probabilmente, anche dalla rassegnazione collettiva alla consapevolezza che, una volta spenti i riflettori, torneremo a un quotidiano segnato dalla divisione e dalla violenza. Ma, forse, è stato meglio così: la pace, d’altronde, non è certo solo un ideale da celebrare nei momenti di festa, ma merita un impegno da perseguire ogni giorno. All’Olimpiade di Parigi 2024, allora, il merito di averci regalato, oltre a tante medaglie e a qualche primato, la cruda realtà di un mondo che, arrivato al primo quarto del XXI secolo, ha ancora molto da fare per raggiungere la vera armonia tra i popoli.
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