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Padre Gabriel Romanelli ferito a Gaza da bombardamenti israeliani
Nuova escalation di violenza in Medio Oriente. Nelle ultime 24 ore, la Striscia di Gaza e la Siria sono state colpite da una serie di attacchi aerei israeliani che hanno provocato centinaia di vittime civili, danneggiato infrastrutture e inasprito la già gravissima crisi umanitaria in corso.
Secondo le autorità sanitarie di Gaza, i raid israeliani hanno causato 94 morti e 252 feriti solo nelle ultime ore. Il bilancio complessivo delle vittime palestinesi, dall’inizio del conflitto, ha superato le 58.500 unità. Le bombe hanno colpito abitazioni civili, scuole, ospedali e centri per rifugiati.
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Particolare sconcerto ha destato il bombardamento della chiesa della Sacra Famiglia a Gaza, che ha provocato la morte di due persone e il ferimento grave di padre Gabriel Romanelli, parroco cattolico. Il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ha chiesto “chiarezza e giustizia” per l’accaduto, definendo “intollerabile” la situazione vissuta dalla popolazione civile.
Gli attacchi si sono estesi anche alla Siria, dove bombardamenti israeliani hanno interessato Damasco e la regione drusa di Sweida, provocando almeno 350 morti in pochi giorni. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, tra le vittime si contano numerosi civili e donne. Alcuni testimoni parlano anche di esecuzioni sommarie da parte di miliziani filogovernativi. Le truppe siriane hanno poi annunciato il ritiro dalla provincia dopo un fragile cessate il fuoco.
Sul fronte diplomatico, una coalizione di 12 Stati — tra cui Colombia, Sudafrica, Indonesia, Iraq, Libia e Malesia — ha annunciato un embargo completo contro Israele. Le misure prevedono il blocco della vendita di armi, la sospensione di appalti pubblici nei Territori Occupati e l’adesione alle decisioni dei tribunali internazionali.
L’iniziativa, lanciata in una conferenza internazionale a Bogotà, rappresenta la risposta multilaterale più decisa dall’inizio del conflitto. «Nessuno Stato è al di sopra della legge», ha dichiarato Ronald Lamola, ministro sudafricano delle Relazioni Internazionali. Anche la relatrice ONU per i diritti nei territori palestinesi, Francesca Albanese, ha invitato tutti gli Stati a sospendere i rapporti militari e commerciali con Israele.
In Europa, la premier Giorgia Meloni ha definito "inaccettabili" gli attacchi contro i civili. Tuttavia, organizzazioni umanitarie come Emergency criticano l’Unione Europea per non aver sospeso l’accordo di associazione UE-Israele, una decisione che — secondo loro — rischia di rendere il blocco "complice delle violazioni" in corso.
Intanto, sul piano interno, il governo Netanyahu è in difficoltà dopo l’uscita dalla coalizione del partito Shas, motivata da dissidi legati alla questione del servizio militare obbligatorio. Sul piano militare, la frontiera tra Israele e Siria è nel caos, con migliaia di drusi in fuga dalle violenze.
Il panorama in Medio Oriente si fa ogni giorno più drammatico. L’intensificarsi dei raid, l’impennata di vittime civili, il crescente isolamento internazionale di Israele e l’incapacità delle grandi potenze di arginare il conflitto dipingono un quadro di crisi senza precedenti. L’attesa per un cessate il fuoco resta alta, ma sul campo — per ora — parlano solo le armi.
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