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Corciano, associazione Uno in Più aperta ai ragazzi con sindrome di down: "Insieme nel percorso verso l'indipendenza"

21 Settembre 2024, 16:59

Corciano, associazione Uno in Più aperta ai ragazzi con sindrome di down: "Insieme nel percorso verso l'indipendenza"

Ci tengono a precisarlo e lo ripetono più volte: la sindrome di down non è una malattia, è una condizione genetica per la presenza di quel cromosoma 21 che, in più, causa nell’individuo un ritardo evolutivo e cognitivo. Ed è per questo che le 7 famiglie che hanno fondato nel 2007 l’associazione Sindrome down Corciano Ets hanno scelto di chiamarla proprio Uno in Più non certo come omaggio ai brani di Lucio Battisti o a Max Pezzali ma riferito a quel 21 che rende i loro figli “diversi” da quelli senza disabilità. “Siamo nati nel quartiere Girasole di San Mariano quando Nadia Ginetti era sindaco di Corciano - racconta l’attuale presidente Silvia Boccolacci che si è alternata alla presidenza con Fabiola Falchi - A quell’epoca era il Centro servizi Grocco a far conoscere tra loro le famiglie con figli con sindrome down che ogni tanto si incontravano in riunioni di auto mutuo aiuto, per condividere pensieri e domande comuni ma io non partecipavo, lo faceva mio marito. Poi un giorno una mamma mi telefonò per dirmi che c’era la possibilità di fondare un’associazione di genitori accomunati dalla sindrome, io sentii un trasporto particolare, non la feci neanche finire di parlare e dissi subito di sì. Ci siamo rimboccati le maniche, ci riunivamo nelle nostre case per progettare e pianificare un futuro associativo, non avevamo neanche la sede”.
Oggi le cose sono molto cambiate, la sede, messa a disposizione dal Comune di Corciano e inaugurata il 21 marzo 2008, è in un nuovo edificio in via Amendola, 1 al Girasole: cucina, stanze piccole e grandi per le riunioni e per le terapie individuali e di gruppo, biblioteca e segreteria, tutte con pareti a colori sgargianti come il lilla, il verde, l’arancione, l’azzurro. “Trovata la sede abbiamo inserito subito una fisioterapista ma serviva anche la logopedista perché le terapie logopediche ai bambini con sindrome di down vengono interrotte quando compiono 6 anni”.
Per prima cosa Uno in Più ha iniziato a collaborare con una logopedista, seguita da una psicologa e da una psicomotricista. Pian piano si è arrivati ad una vera e propria equipe ampliando l’offerta degli interventi per un regolare sviluppo cognitivo, anche alla musicoterapia, alla pet therapy, alla danza movimento terapia, così da raggiungere un primo traguardo, quello che i ragazzi potessero realmente frequentare la scuola in classe con i propri compagni e non nelle “aulette di sostegno”.
“Finché il bambino è piccolo ci sono la scuola al mattino, le attività ludiche e quelle terapeutiche precoci e continuative nel pomeriggio ma terminato il percorso scolastico, oramai grande, cosa fa? Da qui l’esigenza di ampliare e diversificare i nostri programmi inserendo attività di vita quotidiana sin dall’adolescenza così da permettergli di cogliere quante più opportunità possibili una volta superata la maggiore età. Ad oggi Uno in Più conta 54 ragazzi da 1 anno di età fino ai 28 anni. Ed è proprio a questi più grandi che sono rivolti i programmi di autonomia della persona e di autonomia sociale, in parte finanziati dai bandi della Fondazione Perugia e da benefattori locali sensibili, programmi finalizzati alla loro indipendenza con progetti residenziali di due o tre giorni”.
Di che si tratta? “Affittiamo una casa vacanza o un agriturismo per due o tre giorni - spiega Fabiola Falchi - e i ragazzi sperimentano la vita indipendente fuori da casa e lontani dalla propria confort zone. Fanno la spesa, quindi imparano a utilizzare soldi, si preparano i 3 pasti dal sabato al lunedì mattina. Questo ovviamente con la supervisione di educatori e personale qualificato. Il successo è stato tale che stiamo pensando di estenderlo, per chi non va più a scuola, a periodi infrasettimanali affinché non percepiscano questi giorni come vacanze sporadiche”.
Grazie a questi progetti di autonomia, i ragazzi imparano ad accudire da soli la propria persona, a scegliersi gli out fit da indossare, allacciarsi bottoni e scarpe, a prendere l’autobus.
E l’ingresso nel mondo del lavoro? “Abbiamo ragazzi che possono iniziare a lavorare anche subito dopo la scuola e altri che necessitano invece di un percorso di avviamento al lavoro affiancati da un tutor. Qui il PCTO o Alternanza scuola lavoro gioca un ruolo importante che non andrebbe sprecato ma costruito su misura per ogni ragazzo con disabilità per valorizzarne i talenti”, spiega Silvia.
L’obiettivo associativo è il lavoro inclusivo a 360 gradi dove ambiente e rapporti con i colleghi pari senza disabilità sono determinanti per un risultato positivo e devo ammettere che, lentamente, ci stiamo riuscendo. Di fronte alle evidenti difficoltà dell’accompagno al posto di lavoro educhiamo le famiglie a non lasciarsi sfiorare dal pensiero di rassegnazione per il quale i ragazzi potrebbero restare casa “perché tanto hanno la loro pensione”, pensione di invalidità che viene comunque fortemente decurtata nel momento della regolare contrattualizzazione da Ccnl con o senza Legge 68/99. Eppure ci sono famiglie che grazie a quella pensione riescono a coprire il budget familiare perché spesso le mamme, per accudire un figlio con disabilità, impegnativo e sicuramente più costoso di altri, hanno lasciato il lavoro. Per questo uno dei nostri sogni è l’acquisto di un pulmino per poterli accompagnare al posto di lavoro o gestire altre necessità singole e di gruppo. Ma sogniamo anche un appartamento che in un futuro prossimo possa ospitare in via continuativa i ragazzi più intraprendenti, capaci e con il grande desiderio di indipendenza. Consiglio direttivo e singoli soci si spendono quotidianamente per promuovere Uno in Più su tutto il territorio regionale, per cercare finanziatori, individuare opportunità, parlare di “Lascito Solidale” che in tanti ancora non conoscono ma che tanto potrebbe aiutare i ragazzi e le persone con disabilità della nostra associazione. Questa la nostra mission”.
Le famiglie socie dell’associazione pagano una quota annuale e contribuiscono a coprire il costo di tutti i terapisti delle 2 attuali equipe. E’ di grande aiuto anche il 5 X 1000, poi ci sono i bandi, il calendario annuale ad offerta libera, le cene e gli spettacoli teatrali di solidarietà, “l’anno scorso abbiamo persino realizzato una sfilata al Centro Polifunzionale La Coccinella di Santa Sabina grazie all’iniziativa di una nota commerciante del Girasole. Quest’anno alcuni dei nostri ragazzi, hanno servito ai tavoli in occasione di Santa Sabina In.. e altri durante Ellerando 2024”.
Quest’anno Uno in Più, grazie ad un lavoro multidisciplinare fatto con Aipd Perugia e con la direzione sanitaria regionale, è riuscita a rendere operativo all’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia il nuovo centro specialistico Polo Up (in contrapposizione alla parola down), che si occuperà della presa in cura di persone con sindrome di down suddivise in 3 fasce e coordinato dal genetista Paolo Prontera specializzato in malattie rare. Altra battaglia dell’associazione è quella per risolvere l’emergenza nei servizi di riabilitazione dell’età evolutiva che ad oggi comporta spesso un’inesistente presa in carico dei minori con sindrome di down. “E’ un lavoro impegnativo per i tempi lunghi dell’organizzazione burocratica, ma noi non desistiamo”
Sulla realizzazione del prossimo G7 che si svolgerà ad ottobre tra Perugia e Assisi Silvia e Fabiola hanno le idee chiare: “Il G7 - dicono - è una grandissima opportunità, è un faro da stadio che accende una luce molto intensa sul tema dei diritti delle persone con disabilità. La nostra speranza è che questa luce illumini, anche dopo il G7, gli amministratori e i burocrati dei nostri territori affinché comprendano che, quanto sancito per le persone con disabilità dalla nostra Costituzione prima di tutto e poi dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità che è legge dello Stato dalla ratifica del 2009, sono diritti pieni ed esigibili e non semplici interessi legittimi. Tutti i giorni c’è bisogno di accendere delle lampadine”.

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