Cronaca
La prima messa celebrata da don Andrea Maccabiani (sull’altare) insieme a don Claudio Crescimanno (alla sua sinistra)
Don Andrea Maccabiani, il sacerdote a cui le diocesi di Reggio Emilia e Guastalla e di Gubbio hanno impedito di celebrare messa, vuole chiarire la sua posizione. “La cosa più grave che è stata scritta è che io non sia un sacerdote perché non riconosciuto dalla Chiesa. Si diventa preti tramite un sacramento secondo quelle che sono le indicazioni che la Chiesa Cattolica, sulla base dell’insegnamento di Cristo, ha adottato. C’è un rito da seguire, ci sono delle parole da pronunciare e ci vuole un ministro adatto. Una volta che il sacramento avviene è irrevocabile. Dopo c’è un discorso di legittimità: si può essere sacerdoti ma non avere una posizione giuridica all’interno della Chiesa”.
- Cosa significa?
Che l’autorità ecclesiastica, cioè i vescovi nelle loro diocesi, dà al sacerdote le facoltà di esercitare il suo sacerdozio. Io questa cosa direttamente non ce l’ho. La parte irregolare è solo giuridica, la dicitura corretta è sacerdote cattolico, ma non inquadrato dal punto di vista del diritto canonico. E’ sbagliato dire che non sono sacerdote perché non riconosciuto: la diocesi di Reggio Emilia, che è quella che ha fatto partire tutto il procedimento che è passato anche a Gubbio, mi riconosce sacerdote. Il vescovo di Reggio Emilia ha avuto contezza che il vescovo che mi ha ordinato è un vescovo vero e che il rito seguito è quello della Chiesa. A essere contestato è il fatto che io mi sono fatto ordinare senza il permesso di un vescovo che ha giurisdizione, cioè che risiede in una diocesi. Questo è semplicemente un problema di diritto, non di sacramento, perché io celebro la messa anche senza il loro permesso. Dopo possono dire che non essendo obbediente alle loro direttive, i fedeli sono sconsigliati da partecipare a queste cose, cosa che il vescovo di Gubbio ad esempio ha fatto sbagliando, perché lui minaccia delle sanzioni per i fedeli, cosa che il diritto non prevede.
- Lei dice che non ha permesso di dire messa ma che celebra ugualmente da anni. Perché?
Io ho fatto questa scelta non per andare contro il sistema, ma per via della modalità in cui intendo esercitare il mio sacerdozio. La messa che celebro regolarmente è quella antica, che la Chiesa Cattolica ha sempre celebrato fino al 1969, quando Papa Paolo VI promulgò il nuovo messale romano. Ho motivo di credere che grandissima parte della crisi che la Chiesa sta vivendo oggi è iniziata negli anni ’60 e nasce dal modo in cui è stata cambiata la messa, perché, si sono toccati degli equilibri che duravano da secoli ed è un po’ crollato tutto. Io ho scelto di andare sull’usato sicuro.
- Si può fare?
Nella Chiesa di oggi, purtroppo, no. Fino a Benedetto XVI c’erano delle norme che concedevano ai sacerdoti di celebrare la messa antica liberamente. Papa Francesco ha stretto molto su questi permessi. Oggi i sacerdoti, anche quelli che sono nelle diocesi, per celebrare la messa tradizionale devono avere uno speciale permesso da Roma. Tutto ciò ha messo noi sacerdoti davanti a un bivio. Mi sono accorto che non si può rispettare la legalità perché le norme non lo consentono. D’altro canto, la dottrina della Chiesa è molto più importante di una semplice legge o regolamento che anche il Papa può imporre, perché il Papa non è un sovrano assoluto della Chiesa o della fede.
- Ma se lei non ha una parrocchia, dove viene detta questa messa tradizionale?
Con un altro sacerdote, in provincia di Reggio Emilia, abbiamo comprato una proprietà con i nostri soldi e con il sostegno dei fedeli. Abbiamo acquistato una proprietà privata dove abbiamo creato una cappella per celebrare messa con il nostro gruppo di fedeli che vengono abitualmente perché si sono ritrovati a mani vuote dopo anni di delusioni nelle parrocchie. Io nella messa non ho mai personalizzato niente, non dico mai secondo me. L’insegnamento è solo quello della Chiesa.
- Lei quindi è stato ordinato sacerdote da un vescovo scismatico?
Il vescovo che mi ha ordinato ha una posizione irregolare perché è stato ordinato a sua volta senza il permesso. Un vescovo francese, monsignor Lefebvre, dopo il Concilio ha fondato la Fraternità San Pio X, un luogo dove i sacerdoti potessero essere formati alla maniera tradizionale. Nel 1988 ha voluto ordinare quattro vescovi che gli succedessero. La Santa Sede non aveva dato il permesso, ma lui ha agito ugualmente e ha ordinato anche monsignor Richard Williamson, che è il vescovo che poi ha ordinato me. Loro sono stati scomunicati perché si suppone che fossero scismatici, ovvero che volessero fare un’altra Chiesa. Ma volevano semplicemente vivere l’esperienza della Chiesa di sempre. Nel 2007, Benedetto XVI ha riesaminato il caso dicendo che quello non era uno scisma. In base a questo principio farei fatica a definire Monsignor Williamson veramente scismatico. Noi diamo il nostro contributo per cercare di fare qualcosa di diverso, che in realtà non è niente di nuovo ma appunto sono i rimedi antichi.
- Quindi, in sintesi, lei può essere considerato comunque un prete cattolico?
Esattamente, lo riconoscono anche il comunicato della curia di Reggio Emilia e Guastalla e quello della curia di Gubbio, che dicono i sacerdoti Claudio Crescimanno e Andrea Maccabiani non possono celebrare nelle loro diocesi, quindi anche riconoscono la validità del sacramento.
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