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Aumentano del 37,6 per cento le ore di cassa integrazione: la Regione mette sul piatto 209 milioni

Tre i fattori principali: il primo è la crisi del mercato internazionale causata dai conflitti. Il secondo è il prezzo dell’energia. Terzo problema: la difficoltà di accesso al credito

Alessandro Antonini

29 Maggio 2025, 09:52

In aumento le ore di cassa integrazione

In Umbria aumentano le aziende che ricorrono alla cassa integrazione

Cassa integrazione e fondo salariale crescono. E di tanto. Urgono interventi su energia e credito. La Regione ha un piano di politiche attive del lavoro con un budget da 209 milioni di euro, in fase di applicazione. Intanto muta il volto del mercato del lavoro: crescono gli occupati più anziani e le donne. E c'è un grande ricorso ai contratti a termine.

La Cisl dell’Umbria, con il suo segretario regionale Angelo Manzotti, rende noti i dati delle ore autorizzate negli ultimi 12 mesi. A confronto il marzo 2025 con lo stesso mese del 2024. La dinamica umbra rispecchia quella nazionale. Ma i numeri sono specifici. La cassa integrazione guadagni ordinaria nel 2024 contava nel cuore verde 285.040 ore autorizzate. Al marzo 2025 erano 392.300 nel 2025. Un più 37,6 per cento. Aumentata anche la cassa integrazione straordinaria: da 260.220 nel 2024 a 348.600 nel 2025. La percentuale è pressappoco la stessa, 33,9%, un po’ più bassa, ma comunque indicatore di un incremento rilevante. Non quanto il Fis (Fondo di integrazione salariale) che riguarda le piccole imprese tra i 5 e i 15 dipendenti. Dalle 13.231 ore del 2024 e alle 24.500 di quest’anno. Qui siamo a un +85%. “I dati sono stati forniti dalla direzione regionale Inps – spiega Manzotti – e riguardano il mese di marzo 2025 in confronto col marzo 2024. L’incremento di cassa integrazione ordinaria e straordinaria, è indicativo. E riguarda, lo voglio precisare, le ore autorizzate. Quelle richieste potrebbero essere a una quota molto superiore. A soffrire di più è soprattutto il comparto dell’automotive, con l’occupazione che crolla. Sia per quanto riguarda le aziende del settore sia per l’indotto. Tre i fattori principali. Il primo è la crisi del mercato internazionale causata dai conflitti. Il secondo è il prezzo dell’energia. Terzo, la difficoltà di accesso al credito. Per quanto riguarda il costo dell’energia, le istituzioni devono spingere sulle rinnovabili per accelerare la transizione energetica e tendere all’obiettivo dell’autosufficienza. La crisi del credito invece è legata alla scomparsa delle banche del territorio e dei servizi offerti alle imprese del territorio. Anche qui andrebbe rivisto il sistema delle banche a livello locale”. Altro intervento necessario è l’incremento “della formazione per il citato settore dell’automotive, tra quelli più colpiti. Qui è fondamentale fare restare lavoratori nelle aziende, aumentando le loro competenze, in attesa e in vista della riconversione”. Per il leader – appena riconfermato - della Cisl dell’Umbria “si inizia a sentire anche l’effetto dei dazi, dato che alla fine della moratoria mancano solo 48 giorni”. Ad essere interessata dall’impatto della crisi “è sì l’impresa di medie dimensione, ma soprattutto le piccole aziende artigiane, se è vero che il dato del Fis è quasi raddoppiato, stando ai dati. È il tessuto imprenditoriale più delicato, più vivace ma anche più debole, per cui servono interventi di messa in sicurezza efficaci immediati”, conclude Manzotti.

Il piano della Regione

Palazzo Donini sta imboccando una rotta precisa sulle politiche attive del lavoro e le politiche industriali, che parte dai dati dell’Osservatorio sul mercato del lavoro che diventa uno strumento molto più vicino alla programmazione regionale, una sorta di bussola che serve a individuare le tendenze umbre e nazionali. E permette di intervenire - integrando le politiche attive del lavoro e le politiche industriali - in chiave di prevenzione e non solo dopo che una dinamica si è dispiegata. Il budget complessivo a disposizione per le politiche attive del lavoro attinge da più fonti. Per quanto riguarda il Fondo sociale europeo, programmazione 2021-2027 ci sono 96 milioni. A questi si aggiunge una quota specifica per l’occupazione giovanile pari a 51 milioni. Queste due quote sono state già in parte impegnate. E ancora, c’è il programma Gol (Garanzia occupabilità lavoratori) del Pnrr, da 62 milioni, dove si è già a metà percorso perché ha tempistiche più vincolanti, le stesse del Piano nazionale di ripresa e resilienza: il 2026. I tre strumenti non vanno sovrapposti per evitare la “cannibalizzazione” reciproca. da qui lo studio dei dati dell’Osservatorio. Ma come è cambiato il mercato del lavoro in Umbria negli ultimi anni? Ce lo dice l’Aur.

Dossier Aur

“Dal 2018 al 2024 - è riportato in un dossier elaborato da Elisabetta Tondini - il contributo degli over 50 è cresciuto in maniera significativa, salendo in Umbria dal 36,4% al 42,6% del totale degli occupati, con un aumento di 32 mila unità (un trend che supera di molto quello registrato in termini demografici). Si riduce invece, sia come popolazione sia come occupati, in Umbria più che in Italia, il numero di persone dai 35 ai 49 anni, diminuito di 11.400 unità e passato dal 42,4% al 36,6% degli occupati. Così, i lavoratori tra i 50 e i 64 anni diventano il gruppo più numeroso, rappresentando il 38% del totale. In questo quadro, ci si accorge che le donne sono state le principali protagoniste di due dinamiche significative, ovvero la crescita dell’occupazione tra i più giovani e tra gli over 64”. Tirando le somme “in un mercato del lavoro umbro condizionato dall’invecchiamento demografico, le donne segnano le traiettorie più dinamiche dell’occupazione, intervenendo a compensare carenze nella forza lavoro disponibile e a riempire spazi lasciati scoperti. La loro crescente partecipazione – che coinvolge particolarmente le giovani e le over 64, due fasce d’età storicamente sottoutilizzate – non si limita a un processo di inclusione o di recupero di marginalità, ma assume una funzione strutturale nell’equilibrio del mercato del lavoro locale, contribuendo in maniera decisiva alla tenuta complessiva del sistema. Tuttavia, questa crescente partecipazione avviene spesso in condizioni di fragilità contrattuale, tra part-time non sempre volontari e un ricorso ancora marcato ai contratti a termine”, conclude Tondini.

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