Sabato 06 Settembre 2025

QUOTIDIANO DI INFORMAZIONE INDIPENDENTE

DIRETTORE
SERGIO CASAGRANDE

×
NEWSLETTER Iscriviti ora

LIVE

logo radio

Economia

Lungarotti nel nome di Giorgio, Rubesco e Torre di Giano: due etichette simbolo rivisitate nella forma e nella sostanza

Ha portato l'Umbria del vino nel mondo. Un impegno che continua con la passione di 3 generazioni della famiglia. Nasce Progetto 1962, Dna in chiave contemporanea, ponte tra passato e futuro. Chiara: "Prodotto senza tempo"

Federico Sciurpa

10 Aprile 2025, 16:32

Lungarotti nel nome di Giorgio, Rubesco e Torre di Giano: due etichette simbolo rivisitate nella forma e nella sostanza

Rinnovarsi senza perdere identità. Rivisitare un prodotto senza limitarsi alla facciata. Niente trucco insomma. E’ il nuovo capitolo di Lungarotti. Una cantina che ha fatto conoscere l’Umbria del vino nel mondo. L’obiettivo è esaltare il valore del passato per declinarlo al presente, che poi è già futuro.
Ecco quindi Progetto 1962: prende il nome dalla prima annata del Rubesco e Torre di Giano, le due etichette simbolo della casa, rivisitate nella forma e nella sostanza. I nuovi Rubesco 62 e Torre di Giano 62 si distinguono - come volontà dell’azienda - “per uno stile gustativo più snello, fresco, immediato e trasversale, pensato per raccontare l’Umbria e il suo carattere attraverso vini che hanno segnato la storia dell’azienda, ma perfettamente attuali”.

C’è un momento nella storia di ogni azienda familiare - motiva Lungarotti - in cui si sente il bisogno di guardarsi allo specchio”. Succede lo scorso anno, dalla consapevolezza di un potenziale ancora, in parte, inespresso. Ecco che nasce il Progetto 1962; segna l’avvio del quarto ciclo di vita dell’azienda: obiettivo tornare alle radici per raccontare una nuova contemporaneità.
Valori che una bottiglia incarna. Lungarotti, storica realtà vitivinicola dell’Umbria, è “uguale” a famiglia, territorio, continuità. “Con questo progetto, questi valori si rinnovano nella forma, ma restano saldi nella sostanza”, sottolineano in azienda.
L’Umbria è terra di mestieri antichi, paesaggi incontaminati e ritmo lento ed è esaltata al centro della narrazione targata Lungarotti: non solo come luogo fisico, ma come stile di vita da trasmettere al mondo, intrigante, da scoprire e recuperare. Una visione a 360 gradi. Immagine e proposta coerenti con la realtà odierna. Attenzione, qui non si parla di restyling, ma di un autentico cambio di passo: evoluzione nel pensiero, nelle persone, nella produzione e nella comunicazione dell’azienda.
“Il progetto si fonda su tre dimensioni stilistiche: gustativa, visiva e comunicativa. Vini dalla netta espressione varietale - viene spiegato -, ottenuti da vitigni resilienti al cambiamento climatico, come il Sangiovese e il Trebbiano, che vedono una raccolta leggermente anticipata ed una vinificazione la cui cura mira ad esprimere al meglio la terra d’origine”. Previste temperature di fermentazione più basse - per limitare l’estrazione - nel rosso, e un passaggio più lungo sulle fecce fini per il bianco, per contribuire a caratterizzarne la struttura nella filosofia Lungarotti. Il nuovo design è poi senza tempo, ispirato alle prime etichette degli anni ’60. Due prodotti destinati al canale Horeca.


“Il Progetto 1962 è solo l’inizio di un piano strategico triennale che vuole portare nel mondo l’Umbria e il suo stile di vita lento” argomenta Chiara Lungarotti, amministratore delegato dell’azienda. “Un percorso fatto di concretezza, eleganza, autenticità e legame con il territorio. Come azienda, come famiglia, come interpreti di una regione unica, sentiamo oggi il dovere e l’orgoglio di rappresentare la nostra terra nel mondo. E lo facciamo con ciò che meglio ci racconta: un vino senza tempo, capace di parlare al presente”.
Il Progetto 1962 rappresenta così il Dna di Lungarotti in chiave contemporanea: va considerato un ponte tra passato e futuro. La forza di cambiare, restando se stessi. Nel nome di Giorgio.

Oggi Lungarotti conta in tutto 200 ettari di vigneti, dislocati tra Torgiano (185 ha, certificata VIVA) e Montefalco (16 ha, a conduzione biologica) dove si pratica una viticoltura attenta alla sostenibilità e alla biodiversità, oltre che alla valorizzazione dei vitigni autoctoni intervallati da varietà internazionali come Cabernet Sauvignon, Merlot, Chardonnay e Pinot Grigio, introdotte in Umbria da Giorgio Lungarotti sin dagli anni ’60 e ’70. I vini sono frutto di un attento lavoro di coordinamento del team tecnico guidato da Lorenzo Landi, enologo consulente della tenuta. Un’offerta diversificata pensata per incontrare tutti i gusti, dalle espressioni più semplici ai vini più complessi e longevi.
Il mercato interno costituisce il punto di forza dell’azienda che in Italia registra una presenza capillare con un forte radicamento in Umbria. L’export vale circa il 45% del fatturato e vede Lungarotti presente in più di 50 Paesi nel mondo. Per quanto riguarda l’Europa, la Germania si conferma il mercato storico dell’azienda. Qui è presente sia nel canale horeca, soprattutto in alcune città di tendenza come Berlino, dove c’è grande interesse per i vitigni autoctoni italiani, sia nel canale moderno (GDO) con vini dedicati come Brezza. Lungarotti già dagli anni ‘70 ha conquistato piazze extra UE: dagli Stati Uniti, dove si prediligono Rubesco, Torre di Giano e i premium Rubesco Riserva e Montefalco Sagrantino, al Giappone, Messico, Corea e Thailandia. Numeri positivi anche in Canada, Danimarca e Svezia mentre continua il consolidamento in Australia, dove è forte il canale della ristorazione italiana e internazionale.

Lungarotti, storica realtà vitivinicola dell’Umbria, ha contribuito a scrivere la storia del vino italiano nel mondo. Fu Giorgio Lungarotti, nel dopoguerra, a trasformare l’azienda agricola di famiglia a Torgiano, piccolo borgo tra Perugia e Assisi, in una cantina di successo. Una storia che oggi continua grazie all’impegno, la passione e la competenza di 3 generazioni della famiglia che insieme portano avanti le attività innovando, senza mai tradire il carattere inconfondibile dei vini simbolo dell’azienda, e puntando su una produzione sostenibile. Inclusa da Wine Spectator, da oltre 10 anni, tra le migliori cantine d’Italia chiamate a partecipare ad OperaWine, oggi Lungarotti è l’esempio concreto di come la valorizzazione di un territorio non passi solo dalla viticoltura di qualitàospitalità, tutela e valorizzazione del patrimonio storico e culturale, difesa della biodiversità ed esperienze autentiche a contatto con la natura. Lungarotti è sinonimo di vino umbro dal 1962, ma la sua storia affonda le radici in un passato ancora più lontano.

La famiglia, stabilitasi nelle campagne intorno a Torgiano alla fine del XVIII secolo, ha sempre avuto un legame profondo con la terra, producendo vino, olio e altre eccellenze agricole. Nel 1962, con la nascita dei vini Rubesco e Torre di Giano che nel 1968 valgono alla zona uno dei primi riconoscimenti a DOC italiani (Rosso e Bianco di Torgiano), ha inizio il secondo ciclo della storia, grazie alla visione di Giorgio Lungarotti, imprenditore dallo spirito energico e illuminato, che apporta grandi innovazioni e inizia a sviluppare l’azienda sui mercati nazionali ed internazionali. La vendemmia 1964 segna la prima di produzione del Rubesco Riserva Vigna Monticchio (Torgiano Rosso Riserva), considerato tra i migliori rossi italiani.
Con il cambio generazionale seguito alla scomparsa di Giorgio, avvenuta nel 1999 ha avuto inizio il terzo ciclo: reimpianto dei vigneti, ammodernamento della cantina, implementazione delle pratiche sostenibili già in atto dagli anni ’90 e investimento in una tenuta a Montefalco con la volontà di valorizzare tutta la propria regione. Nel 2024, la decisione di avviare il quarto ciclo, guardando al futuro ma partendo da lontano, per rendere contemporaneo il brand e i suoi valori.

Newsletter Iscriviti ora
Riceverai gratuitamente via email le nostre ultime notizie per rimanere sempre aggiornato

*Iscrivendoti alla newsletter dichiari di aver letto e accettato le nostre Privacy Policy

Aggiorna le preferenze sui cookie