POLITICA
Arianna Meloni
Se dopo giornate di caos seguite strumentalmente alla fine (ovvia, lo sapevano tutti) della “missione” della Flotilla, con incidenti nelle varie città e uno sciopero generale inusitato, si può domandare a che cosa servivano, sabato scorso, le maschere antigas e le mazze in dote ai manifestanti proGaza?
Perché si deve andare bardati in quella maniera a manifestare – dicono – per la Palestina libera se non per scatenare terrore, in questo caso in una Capitale stremata dai cortei a getto continuo?
Lo chiediamo a quelli che negano che da sinistra sia partita una campagna di odio che da noi si abbatte sul centrodestra e sul governo, accusato addirittura di “complicità” con Netanyahu. Non è esattamente questa la via della pace.
Tanto più se si passa alle minacce concrete: ha fatto abbastanza schifo quella scritta “Salvini come Kirk”, a istigare un omicidio come quello accaduto in America. Era vergata alla stazione Porta Nuova di Torino, potrebbe essere bissata ovunque. Ha commentato la ministra Alessandra Locatelli: “Finti pacifisti marciano e sfasciano le città. Finti pacifisti minacciano la vita delle istituzioni anzi io vorrei dire, più umanamente, minacciano la vita di altre persone.
Questa è un’altra guerra. Vergogna!”. C’è qualcuno in grado di darle torto?
Poi, il resto. Ormai nei vari cortei si vede come presenza fissa uno striscione che vorrei definire ignobile per il suo contenuto: “Meloni Tajani e Salvini farete la fine di Mussolini”. Un tempo, quelle immagini a testa in giù a piazzale Loreto suscitavano ribrezzo generale per la barbarie che smascheravano. Ora impazzano anche sui social. Ma ritrovare nelle piazze quel genere di slogan fa davvero accapponare la pelle. Ma chi sono questi che marciano per la Palestina senza comprendere quello che scrivono sui loro stendardi?
Lo ha notato anche Riccardo Marchetti, che li ha sbattuti su Facebook: “Eccoli i democratici, quelli che protestano contro la guerra, che anelano alla pace e, mentre sventolano bandiere arcobaleno, diventano il megafono di una violenza brutale. Con orgoglio, mai dalla loro parte. Solidarietà ai leader del Centrodestra”.
Sulla stessa linea, Arianna Meloni, colpita da quell’odioso striscione anche negli affetti, essendo la sorella della premier. E pure lei ha sfogato la sua rabbia via social contro un atteggiamento che è inaccettabile, quello degli estremisti rossi, sia pure puntando più sulle polemiche scatenate dai raduni sindacali che su ciò che minacciava Giorgia Meloni e i leader della coalizione: “Scioperare è un diritto e la libertà di manifestare non si tocca in uno stato democratico. Però lo sciopero è astensione dal proprio lavoro. Non impedire agli altri di lavorare, perché altrimenti si chiama sopruso, prepotenza, violenza verso il prossimo.
Libertà di manifestare vuol dire organizzare cortei, sit-in e quant’altro, in accordo con le autorità di sicurezza pubblica. Non è distruggere il bene pubblico e scagliarsi contro le forze dell’ordine, perché sennò è teppismo e delinquenza.
È evidente che Gaza è solo un pretesto, anche perché queste manifestazioni non aiuteranno in nessun modo la popolazione e la causa palestinese. Qui l’unico obiettivo è quello di attaccare il governo, che paradossalmente è il primo governo occidentale schierato per aiutare concretamente la popolazione di Gaza. Gli slogan carichi d’odio e violenza ne sono la conferma. Ma ciò che davvero disgusta è il cinismo con cui certa sinistra sfrutta la tragedia palestinese per mero interesse di bottega. E tutto ciò è semplicemente ignobile”.
Eppure, a sinistra sembrano fare orecchie da mercante, almeno pubblicamente. Ma sappiamo che esistono persone ragionevoli anche nell’opposizione e sembra incredibile che possano tacere di fronte alla sconcezza delle minacce.
Sì, i loro argomenti sono sempre sui “toni” di premier e ministri, mai sui fatti che evocano invece i ragazzini e i loro cattivi maestri cresciuti male a sinistra.
C’è bisogno di un po’ di sforzo intellettuale evidentemente. Non è sufficiente riempire le piazze per racimolare consensi che non servono a vincere, ormai, vista la stasi elettorale che si registra da diverso tempo. Ma quando si invoca moderazione non è per trasformarsi in qualcosa di diverso da ciò che si vuole rappresentare con le proprie idee. Bensì la necessità di dire basta ad un clima che rischia di riportare l’Italia gravemente indietro. E non possiamo davvero permetterci passi falsi.
L’estremismo deve essere frenato. Perché quella dell’odio è stata una stagione che ha seminato troppo lutti nel nostro paese. Guai a dimenticarlo.
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