POLITICA
Chissà se a Elly Schlein è mai capitato di riflettere su quella frase di Giorgia Meloni (“non sono ricattabile”) ogni volta che se la deve vedere con Giuseppe Conte e le sue smanie di potere.
Oggettivamente la guida dei dem sta mostrando all’esterno una pazienza infinita, mentre c’è chi racconta che sia davvero arrabbiata con il suo alleato-rivale.
Quel che sta passando la segretaria del Pd con il leader pentastellato è qualcosa di incredibile e le fa perdere punti anche nel consenso interno al partito.
Le prossime regionali aumentano la fibrillazione più all’opposizione che nella maggioranza.
In Veneto nemmeno discutono, il candidato campolarghista è del Pd, ma non frega niente a nessuno. Conterà solo la percentuale della sconfitta del centrosinistra.
Poi, il resto.
Conte ha fatto ballare parecchio il Nazareno con la vicenda marchigiana. Il tiraemolla su Matteo Ricci ha indispettito molti esponenti dem, che comunque sanno che i cinquestelle tireranno il collo al candidato fino alle elezioni e anche oltre. In caso di rinvio a giudizio li e lo faranno impazzire. Per ora non hanno abbandonato Ricci solo perché devono garantirsi la poltrona presidenziale in Campania per Roberto Fico, che pure è preso a male parole un giorno sì e l’altro anche da Vincenzo De Luca.
Però la Schlein sospetta un gioco delle parti proprio tra Conte e il governatore, una trama ai suoi danni.
In Puglia Conte tace, in Calabria gli sarà difficile giocare un ruolo anche se ci proverà a piazzare uno – o una – dei suoi, tipo la Baldino.
Ma la partita più gustosa Conte la giocherà in Toscana.
Perché lì lascerà a bocca asciutta proprio la leader democratica, che non è riuscita a piazzare uno dei suoi. Voleva infilare in regione il suo bambino preferito Marco Furfaro o il segretario regionale Fossi: nessuno dei due si candiderà perché prevarrà per correre l’uscente Eugenio Giani.
Così Conte potrà dire che ogni tanto ha un pizzico di autonomia – in una sola regione – e potrà dare sfogo all’inquietudine che regna nel suo movimento in Toscana, dove è forte la frangia anti Pd a prescindere dal candidato.
Un modo per lavarsi la coscienza e lanciare la sfida ad Elly: in fondo è questo il motivo per cui dichiara che non è un destino obbligato l’alleanza tra loro. In sostanza, siamo alla preparazione del conflitto che si aprirà in vista delle elezioni politiche previste nel 2027, se non saranno anticipate all’anno precedente.
Conte vuole fortissimamente tornare a Palazzo Chigi, dove ha governato sia con la destra che con la sinistra. Il problema è che la Schlein ha lo stesso obiettivo e senza Conte non ci potrebbe neppure provare.
Ma entrambi sanno che se continuano così il bis di Giorgia Meloni è più che sicuro e quindi dovranno cercare una soluzione. Conte lo ha impedito proprio con la Toscana: avrebbe potuto tentare di chiedere questa regione. Bisognerà vedere ora che cosa farà, visto che con la Calabria le amministrazioni che eleggeranno direttamente il presidente della regione saliranno a sei. E lui si accontenterà di una sola regione – la Campania – senza ottenere nulla al centro Italia?
Oppure, il Pd lo farà veleggiare anche in un’altra regione del sud, peraltro con scarsissime possibilità di vittoria vista la forza elettorale di Roberto Occhiuto?
Sarà interessante capire nei prossimi giorni dove si impunterà il leader M5s. Se è vero che Eugenio Giani si aspetta la consacrazione del partito nella riunione convocata per oggi, Conte è talmente spregiudicato che potrebbe definirla come “fatto interno” al Pd e che poi dovrebbero fare i conti con lui. L’unica contromossa, a quel punto, da parte del Nazareno, sarebbe mandare fuori strada i Cinque stelle proprio in Toscana non aggregandoli alla coalizione.
Una mossa ad alto rischio che potrebbe avere conseguenze dannose – per i due contendenti alla leadership del centrosinistra – proprio in vista delle elezioni politiche.
Entrambi, Conte e Schlein, devono stare attenti a non sbagliare i conti. Pontieri capaci di calmierarne le smisurate ambizioni per ora non appaiono in circolazione e il campo largo può davvero andare in frantumi.
La voglia di comandare senza la prova dei numeri è pericolosa in politica. Non bastano neppure i sondaggi, se non c’è la supremazia netta di un partito sull’altro. Il Pd per ora è qualche passo avanti su M5s, ma fino a quando?, si chiede proprio Conte…
Ed è qui che si gioca la partita, sempre più contundente.
Anche perché il conflitto sarà a rate, sparso nelle varie scadenze elettorali fissate dalle singole regioni. Roba da perdere la testa e non solo le bandierine.
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