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POLITICA

Alla sindaca Ferdinandi non conviene andare a Roma per la guerra europea

04 Maggio 2025, 17:52

Alla sindaca Ferdinandi non conviene andare a Roma per la guerra europea

Come farà Vittoria Ferdinandi a mantenere la promessa di andare a Roma il 15 marzo alla manifestazione dei sindaci per la pace? La trovata escogitata da Michele Serra su Repubblica ha scatenato un inferno a sinistra. Prima un coro di “ci sarò”, poi i ripensamenti, le fughe, gli alibi.
E già, perché quella sta diventando la piazza della confusione e non si sa più chi ci sarà per davvero.
E Riccardo Marchetti, deputato e coordinatore della Lega in Umbria, chiede alla sindaca di Perugia di fare chiarezza.
La Ferdinandi ha dichiarato “che è fondamentale riaffermare con convinzione l'importanza di un'Europa unita, forte e solidale”.
Però, la stuzzica il parlamentare del Carroccio, come si può conciliare lo sventolio
della bandiera della pace dal comune di Perugia con la corsa europea al riarmo?
E ancora: “Come può una pacifista sostenere un’Europa che vuole fomentare una guerra assurda? Com’è possibile che una sindaca di sinistra radicale, con tanto di bandiera della pace sulla finestra, aderisca a un’iniziativa promossa da chi vuole il riarmo dell’Europa? Sarà forse che la Ferdinandi, da civica e indipendente che era, è finita per essere nient’altro che una pedina in mano al Pd?
Perdere tutta la credibilità in nemmeno un anno di amministrazione non era semplice, eppure…”
Ovviamente, si tratta di un tema gigantesco, che vede esplodere le contraddizioni dell’arcipelago pacifista e che Marchetti mette in luce.
Ma ormai sta diventando una questione irrisolvibile all’interno degli stessi schieramenti, in Italia come nel resto d’Europa. E sono tanti i cittadini che si
chiedono – di fronte alla sparata di Bruxelles e della Von der Leyen sugli 800 miliardi da spendere in armamenti – contro chi dovrebbero essere posizionati gli strumenti bellici dell’Europa…
Ormai, la nomenclatura Ue sta creando più problemi che soluzioni. Per tre anni si è preso parte al conflitto, in modo permanente e giustificatamente, dalla parte del paese aggredito come l’Ucraina e urlando contro chi osasse – a turno – parlare con Putin.
Ma tutto è stato vano.
La colpa più grave è non aver cercato soluzioni negoziali, aver addirittura vaticinato la sconfitta militare della Russia, ed ora è davvero più complicato pretendere di sedere ad un tavolo per la pace. Anzi, adesso che il nuovo presidente americano, Donald Trump, sta facendo ogni sforzo per chiudere il conflitto in Ucraina, si tira fuori un mirabolante piano per l’armamento europeo. Conseguenza per l’Italia, ad esempio: tirar fuori una trentina di miliardi di euro, che questa volta - ovviamente - non saranno bloccati dai vincoli europei.
E così si rovesciano le parti. Si comincia parlando di pace e poi si spende per la guerra. Ma finora dov’erano i governanti europei?
La sinistra italiana, che doveva recitare il ruolo della più pacifista di tutti, si trova a sostenere il piano Von der Leyen persino dall’opposizione. E così spiazzando il proprio schieramento, in cui Cinque stelle e Avs non ne vogliono sapere. E la piazza del 15 marzo chi la riempirà, il sindaco di Perugia in solitudine?
Vero, ha ragione chi dice che anche nel centrodestra ci sono diverse posizioni. Con una differenza però: in Parlamento nessuno, in maggioranza, ha mai fatto mancare voti a sostegno di Kiev. E la sinistra si è sempre presentata all’appuntamento con mozioni e posizioni alternative al proprio interno.
Il rischio vero, adesso, è che Bruxelles voglia persino puntare ad evitare il voto del Parlamento europeo, grazie ad una clausola esistente. Ma sarebbe una beffa.
Anziché aizzare piazze per la guerra (si è capito che la pace non è nelle intenzioni di chi si professa europeista modello Ursula), andrebbe invece rafforzata quell’alleanza atlantica che vede nella leadership di Trump l’unico riferimento globale per chi ha la speranza di far cessare il frastuono delle armi.
Umbria, terra di pace: ma c’è davvero bisogno di andare a Roma per manifestare nel nome di Bruxelles per il prosieguo sostanziale di un conflitto che ormai dura da troppo tempo? Quando la Schlein arriva a dire che “se arriveremo al governo, Trump non sarà mai nostro alleato”, vuol dire che è finita la stagione della Nato? È una logica davvero pericolosa, che ci lascia tutti alla deriva.
Forse anche alla Ferdinandi conviene restarsene a Perugia. In fondo, il consiglio di Marchetti è quello più saggio: se sul pennone del Comune resta issata la bandiera della pace, andare a Roma per sgolarsi con quelli che vogliono l’armamento a tutti i costi non è la scelta migliore da fare.

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