ELEZIONI REGIONALI
Matteo Salvini e Giuseppe Conte
Guarda un po’ che è riuscita a combinare la piccola Umbria. Nel centrosinistra ha reso il Pd padrone della coalizione mentre a destra i cocci ancora si vedono: troppe tensioni.
Ed è nella coalizione sconfitta alle regionali che le crepe si vedono e le ferite ancora non si rimarginano. A differenza di quanto accadde con la Sardegna – dopo l’errore della candidatura Truzzu – e addirittura dopo Roma – con la secca sconfitta di Michetti – si sono subito udite voci di sottofondo ad ipotecare il futuro del centrodestra.
Ora – e non allora – si tenta di rinfacciare alla Lega la corsa al bis di Donatella Tesei per mettere le mani sulle altre cinque regioni al voto il prossimo anno: Veneto, anzitutto, e poi Marche e Toscana, più Puglia e Campania. E Val d’Aosta, dove però la situazione è caratterizzata da logiche prettamente locali.
Dopo la Sardegna e Roma non esplose però il conflitto sulle elezioni successive. Anzi, si fece quadrato attorno ai candidati per evitare altre sconfitte.
Invece, il dopo Umbria – nonostante la Liguria avesse vanificato il rischio di tre a zero per la sinistra – sembra essere stato terribile.
Nel mirino hanno messo Matteo Salvini, che pure ha girato la regione in lungo e in largo, non risparmiandosi mai. E si gioca una partita interna di logoramento che attraverso le polemiche contro il leader della Lega rischia di far male proprio all’intero governo.
Tajani, ad esempio, pretende che sulla politica estera parlino e decidano solo lui e la premier. Come se il rischio di conflitto mondiale fosse una partita a due.
Per non parlare delle divergenze su fisco, autonomia, manovra, ius scholae. Dove porta tutto questo non lo si sa.
Le stesse battaglie su terzo mandato e canone Rai sono coerenti con una visione di democrazia che dovrebbe essere comune. Il limite dei mandati per governatori e sindaci è anacronistico, serve solo per far fuori personalità scomode – Zaia a destra e De Luca a sinistra – eludendo i diritti dei cittadini a scegliere chi governa per quanto tempo vogliono loro e non i partiti. Il canone Rai è uno strumento che non si vuole toccare per favorire l’emittenza privata, che dovrebbe competere con la Rai sulla pubblicità. E quindi? Le regole del mercato a vantaggio di pochi?
Si parlino, nel centrodestra, e risolvano i problemi che ci sono anziché litigare nel nome della corsa nei sondaggi.
A sinistra la situazione più imbarazzante riguarda i Cinque stelle, che hanno preso una brutta botta elettorale. Il 4,7 per cento umbro è veramente un risultato pessimo e avranno molto da lavorare per riprendersi dallo choc.
Renzi e Calenda non hanno eletto nessuno, alla fine si sono salvati – pur con diecimila voti in meno delle europee di giugno – quelli di Avs, i seguaci di Bonelli e Fratoianni. Ma con un seggio, esattamente come M5s e una delle liste civiche. Pd cannibale, nella maggioranza regionale con 9 seggi su 12.
Ma sono i quindicimila voti scarsi raccolti dai pentastellati a far discutere, anche se la neopresidente Proietti avrà così meno bocche da sfamare…
C’è da restare strabiliati di fronte alle analisi del voto da parte grillina. Si crogiolano di aver superato Bandecchi a Terni, il che non è proprio questo straordinario risultato, visto che la lista del sindaco non ha neppure raggiunto il quorum per entrare in consiglio regionale.
Ma registrano il loro 4% come una specie di vittoria, con contorsioni di pensiero davvero difficili da comprendere.
La lamentela è quella di aver giocato la partita con le mani legate, perché non si sono potuto ricandidare per la terza volta alcuni consiglieri. Ma se questa era la Bibbia di M5s perché lamentarsene? O forse hanno sbagliato nello sparare a zero su una coalizione che ha dovuto rinunciare alle alleanze esplicite – Renzi lo hanno nascosto nella civica andata peggio – e persino rinunciando al comizio finale unitario con tutti i leader?
Insomma, da tutte le parti ci sono lezioni subite dagli elettori, che hanno votato in più di trecentosessantamila ma su settecentomila aventi diritto al voto: poco più della metà del corpo elettorale, decretando una vittoria col 25 per cento degli umbri.
Tutti hanno qualcosa da correggere, compreso chi ha vinto. L’augurio è che lo sappiano fare con l’umiltà necessaria: a volte un bagno di umiltà può far bene. E sbaglierebbe a non comprenderlo soprattutto chi ha vinto.
Lo verificheranno di nuovo gli elettori sulla base del lavoro che vedrà protagonisti la nuova maggioranza e l’opposizione.
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