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Una giornata particolare: Aldo Cazzullo racconta il mistero di padre Pio. Tra fede e dubbi rimane il santo del popolo

Clementina Civitavecchia

18 Dicembre 2025, 12:59

Una giornata particolare: Aldo Cazzullo racconta il mistero di padre Pio. Tra fede e dubbi rimane il santo del popolo

Nella puntata del 17 dicembre di Una giornata particolare, Aldo Cazzullo entra nel “caso Padre Pio”: il frate di Pietrelcina che da figura controversa è diventato, per milioni di fedeli un punto di riferimento spirituale. Un percorso fatto di miracoli, piaghe, dubbi, sofferenze, fino alla santificazione voluta e celebrata da Giovanni Paolo II nel 2002.

Le origini e la guerra

Il racconto inizia con un viaggio che parte da Napoli e Portici, per poi attraversare l’entroterra dove la religione spesso si confonde e si mescola con la religiosità popolare fatta di riti, tradizioni e paure “di paese”. È lì che nasce Francesco Forgione, a Pietrelcina nel 1887, un bambino destinato a fare grande cose, “nato con la camicia”, disse la sua levatrice. In questo paesino si forma un immaginario che lo seguirà per tutta la vita: un giovane inquieto, segnato da una vocazione precoce. Una data significativa è il 1903 quando Francesco fa il suo ingresso presso il convento dei Frati Minori Cappuccini di Morcone (provincia di Benevento): è lì che svolge l’anno di noviziato e dove, con la vestizione del 22 gennaio 1903, prende il nome di fra Pio. In questo luogo inizierà la sua lotta interiore fatta di visioni, incubi, presenze che sbarrano la strada; poi quella luce “soprannaturale” che lo incoraggia nel suo cammino di fede. Non è il Padre Pio da santino: è un ragazzo in tensione, che vive la fede come combattimento. Poi arriva la prima guerra mondiale: Francesco viene chiamato alle armi e parte per Napoli, assegnato alla Decima compagnia sanitaria, un passaggio documentato nelle sue lettere e ricostruito da fonti legate all’Opera di Padre Pio.

Le stimmate

Il 16 marzo 1918, viene riformato (congedo definitivo) dall’ospedale militare di Napoli per motivi di salute e da lì parte alla volta del convento di Santa Maria delle Grazie, a San Giovanni Rotondo. Questa tappa rappresenta un punto di svolta nella narrazione della storia di padre Pio. Prima c’è la sofferenza interna, quella che lui descrive nelle lettere come un dolore al petto, la sensazione di essere trafitto, come se il corpo anticipasse un evento che non riesce a spiegare. Poi arriva la data che fa esplodere tutto: 20 settembre 1918, giorno in cui appaiono le stimmate cioè quelle ferite visibili a mani e piedi, con sanguinamento periodico, che diventano immediatamente oggetto di osservazioni mediche. Quello che colpisce, e che alimenta allo stesso tempo la devozione e il sospetto, è l’andamento anomalo: ferite che non guariscono come dovrebbero ma nemmeno si infettano e si aggravano come una lesione trascurata; sono giorni di dolore, fasciature, tentativi di cura, e tutto questo mette padre Pio sul banco degli imputati. Da qui in poi non è più soltanto un frate: è un corpo sotto sguardo, quello dei fedeli che lo venerano e quello dei medici ai quali qualcosa non torna. Non è una ferita normale, non segue la fisiologia. E qui la faccenda peggiora quando entra in scena padre Agostino Gemelli (francescano, medico, psicologo, fondatore e poi rettore dell’Università Cattolica di Milano) il cui scetticismo finisce per influenzare un clima di sospetto attorno al frate. Infatti invia al Sant’Uffizio una relazione in cui interpreta le stimmate come manifestazioni somatiche di natura isterica e chiede ulteriori accertamenti. In una lettera successiva (1926), in alcune ricostruzioni viene riportato che arrivò a giudizi durissimi su Padre Pio, parlando di psicopatia e di stimmate “procurate”. Ma tutto questo non raffredda la devozione dei fedeli, anzi la folla e la fama di padre Pio continua a crescere; a questo punto la Chiesa cerca di arginare il fenomeno imponendo delle forte restrizioni a Padre Pio: messa a orari limitati, contatti ridotti, confessioni proibite o contingentate, fino a un isolamento che ha il sapore di una reclusione.

I miracoli

Dopo circa due anni di segregazione (1931–1933), il Sant’Uffizio, sotto il pontificato di Pio XI, pur non cancellando il dubbio, concede di nuovo a Padre Pio di celebrare Messa in chiesa e di riprendere l’attività di confessore. In questo periodo San Giovanni Rotondo diventa un punto di riferimento stabile, un luogo dove la gente non arriva per curiosità ma per necessità di fede e consolazione. Nel frattempo, attorno a padre Pio si forma una costellazione di persone che gli stanno accanto: “figli spirituali”, laici che gli restano vicini negli anni difficili, religiosi che lo difendono o lo sorvegliano, e perfino futuri protagonisti della storia del Novecento cattolico come Karol Wojtyła, all’epoca vescovo e vicario capitolare di Cracovia. Scrisse a Padre Pio nel novembre 1962 chiedendogli di pregare per una donna, madre di quattro figlie, gravemente malata di cancro. La donna è stata poi identificata pubblicamente come Wanda Półtawska (medico e amica stretta di Wojtyła), che in varie ricostruzioni racconta una guarigione improvvisa poco prima dell’intervento previsto; pochi giorni dopo Wojtyła avrebbe inviato anche una lettera di ringraziamento. Questo avvenimento, seppur documentato non è stato riconosciuto ufficialmente come miracolo, infatti quando si parla di padre Pio, occorre fare un distinguo tra miracoli riconosciuti nel percorso ufficiale che hanno portato alla beatificazione (1999) e alla canonizzazione (2002) e il patrimonio enorme di testimonianze, guarigioni raccontate, grazie ricevute, “profumi” che rimangono nell’ambito della memoria popolare. I miracoli ufficiali sono due, il primo è quello di Consiglia De Martino: una guarigione avvenuta nel 1995 e valutata come inspiegabile dopo un iter medico e teologico. È proprio questo avvenimento ad essere stato scelto come miracolo per la beatificazione (1999). Il secondo riguarda il piccolo Matteo Pio Colella, guarito nel 2000 da una patologia gravissima (una meningite fulminante) e diventato il miracolo per la canonizzazione (2002). Tra le manifestazioni che molti hanno definito miracolose ricordiamo quella della festa ad Altavilla Irpina dove una madre disperata per il figlio malformato, invoca una guarigione e quel gesto che sembra folle, scaraventa il bambino sull’altare, porta alla sua guarigione causata dal contatto con la veste di padre Pio che all’epoca era ancora un frate sconosciuto.

La morte

E arriviamo agli ultimi giorni. Negli anni Sessanta Padre Pio è provato, si muove a fatica, spesso con aiuto. Il 22 settembre 1968 celebra quella che viene ricordata come la sua ultima Messa, in un clima densissimo perché sono i giorni del cinquantesimo anniversario delle stimmate. Nelle ore finali, dicono le ricostruzioni più accreditate in ambito cappuccino, stringe il rosario e ripete “Gesù, Maria”. Muore nella notte, alle 2:30 del 23 settembre 1968, nella sua stanza a San Giovanni Rotondo. Ed è qui che il “caso” si riaccende un’ultima volta: diverse fonti legate al santuario e alla devozione riferiscono che, nei giorni immediatamente precedenti e alla morte, le stimmate si richiudono e non restano cicatrici visibili. Nel 2008 il corpo viene esumato dopo quarant’anni e un comunicato ecclesiastico lo descrive in “condizioni discrete/fair condition”; per l’esposizione pubblica viene utilizzata anche una maschera in silicone sul volto, e si parla di interventi di conservazione. Non è stata una “incorruttibilità” proclamata ufficialmente (questo sarebbe stato annoverato tra i miracoli), ma ha permesso alla folla di fedeli di non perdere il contatto umano con “padre Pio”, santo per la Chiesa (San Pio), ma sempre il frate del popolo.

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