L'intervista
Donna che legge vicino alla scultura (Steve McCurry)
Steve McCurry torna a raccontare l’Umbria dopo oltre dieci anni: a Montefalco dal 4 dicembre (inaugurazione il 3 alle ore 17.30) sono in mostra 60 fotografie, molte delle quali inedite
Nel complesso museale San Francesco, McCurry porta alcuni degli scatti più iconici del suo archivio personale e alcune immagini inedite, esposte per la prima volta al pubblico. La mostra è promossa dal Comune di Montefalco con il contributo della Regione Umbria, in collaborazione con Orion57. L’organizzazione è affidata a Maggioli Cultura e Turismo.
Uno storytelling di luoghi, persone, storie, feste, eventi, paesaggi e comunità che trasmette tutto il calore e le emozioni provate da McCurry durante i suoi viaggi.
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Ne abbiamo parlato con lui per presentare questo nuovo viaggio tra le atmosfera di una terra che il celebre fotografo ha sempre dimostrato di amare.
- Steve McCurry, cosa l’ha spinto a tornare in Umbria, a Montefalco, con una selezione di immagini e scatti inediti dopo dieci anni da Sensational Umbria?
Ho sentito che era giunto il momento di tornare in un luogo che mi aveva dato così tanto. Gli anni trascorsi lavorando a Sensational Umbria sono stati pieni di calore, curiosità e scoperte inaspettate. Tornare a Montefalco con immagini note e lavori inediti è stato come chiudere un cerchio, o forse aprirne uno nuovo. C’era ancora molto da dire sullo spirito di questa regione e volevo condividerlo.
- Come è stata effettuata la selezione?
La selezione è stata un processo collaborativo. Ho esaminato centinaia di file, comprese le immagini iconiche e i momenti più tranquilli rimasti in archivio. Alcune fotografie emergono immediatamente, mentre altre chiedono di essere riscoperte. In questo caso, ho scelto immagini che catturano non solo la bellezza dell’Umbria, ma anche la sua umanità, che in definitiva è ciò che mi interessa di più.

- C’è una storia o un volto in particolare che ricordi più vividamente?
Ce ne sono molti. L’Umbria è piena di incontri che ti rimangono impressi: artigiani che lavorano con gli stessi gesti di secoli fa, pastori che mi hanno accolto con incredibile generosità e persone che mi hanno lasciato entrare nelle loro case senza esitazione.
- Gubbio e la Festa dei Ceri compaiono spesso nei tuoi racconti. Hai vissuto momenti speciali lì?
Sì, la Festa dei Ceri è una delle espressioni di gioia e devozione collettiva più potenti che abbia mai visto. L’energia, l’intensità, il senso di appartenenza... è travolgente. Fotografarla significa entrare in una tradizione viva. C’è un momento, quando i ceri iniziano a scorrere, in cui tutto diventa movimento, ritmo e fede. È indimenticabile.
- C’è una fotografia dell'Umbria che consideri emblematica?
C’è l’immagine di un uomo in costume tradizionale che si prepara per la Festa dei Ceri: la luce, i colori, la concentrazione sul suo volto. Per me, quella fotografia racchiude l’essenza dell’Umbria: orgoglio, identità e continuità. Non è stata una messa in scena; è stato un attimo fugace.
- Come riesce a bilanciare estetica e narrazione quando fotografi una regione così ricca di spiritualità e tradizione?
Per me, estetica e narrazione sono inseparabili. Un’immagine potente deve essere visivamente coinvolgente, ma deve anche rivelare qualcosa di più profondo del soggetto. Quando fotografo un luogo come l’Umbria, cerco di lasciare che la bellezza sia al servizio della storia. La luce, il colore e la composizione ti catturano, ma ciò che rimane impresso è l’emozione e l’umanità dietro la scena. Sono sempre alla ricerca di quel momento in cui forma e sentimento si fondono naturalmente, in cui la fotografia diventa sia un’opera d’arte che un riflesso di vita.

- Se dovesse descrivere l’Umbria in tre parole, quali sceglierebbe oggi?
Senza tempo, generosa, introspettiva.
- Dopo tanti viaggi in giro per il mondo, cosa rende l’Umbria un luogo che merita ancora la su attenzione?
L’Umbria possiede una quiete interiore che trovo rara. Molti luoghi sono visivamente spettacolari, ma pochi hanno un’anima che si rivela così gradualmente. Ogni volta che torno, sento che c'è un altro strato da scoprire, un’altra storia, un altro volto, un’altra tradizione. È una regione che invita a rallentare e a guardare veramente. Spero di tornarci presto e continuare il mio lavoro fotografico lì.
- Dopo il terremoto di Norcia del 2016, il suo messaggio scritto su Facebook ha ricevuto una risposta forte ed emotiva: tantissimi sono stati i like. Cosa lo ha spinto a scriverlo?
L’ho scritto perché ero affranto. Avevo fotografato Norcia e incontrato persone che incarnavano forza e dignità. Quando il terremoto ha colpito, ho sentito un legame personale, come se fosse successo a persone che conoscevo. La reazione a quel post mi ha mostrato quanto profondamente l’Umbria tocchi chi la vive, anche per un breve periodo. L’affetto non era per la fotografia, ma per la comunità.
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