PERUGIA
L’atmosfera, sin dal primo ingresso del pubblico, è densa di emozione composta. Il Teatro del Pavone, gremito in ogni ordine di posto, ha accolto con un lungo applauso il concerto dedicato a Riccardo Regi, scomparso lo scorso maggio dopo una malattia incurabile. Una figura amatissima, giornalista e appassionato di musica, ricordato non solo per la sua cultura ma per la sua umanità gentile e discreta. In un serata organizzata da Moon in June di Patrizia Marcagnani in collaborazione con il Comune di Perugia, rappresentato per l’occasione dagli assessori Marco Pierini e Fabrizio Croce, ha reso omaggio a Riccardo una costellazione di artisti, amici e compagni di viaggio, chiamati a intrecciare suoni, parole e ricordi in un mosaico sonoro di straordinaria intensità.
La prima parte del concerto ha visto protagonista L’Estate di San Martino, band storica del panorama prog umbro, che per l’occasione ha presentato un set di sette brani tra nuovi arrangiamenti e pagine storiche. Massimo Baracchi al basso e bass pedals, Luca Castellani alle chitarre, Marco Pentiricci (voce, flauto e sax), Sergio Servadio alla batteria e Stefano Tofi alle tastiere e vocoder hanno dato vita a un suono intenso, stratificato e ricco di sfumature.
Accanto a loro, Mauro Formica ha contribuito con eleganza al basso in sette brani, donando profondità ritmica e calore sonoro. Le voci di Francesco Tufo (in quattro brani) e gli interventi chitarristici di David Pieralisi, sempre raffinati e precisi, hanno completato un quadro musicale di grande equilibrio. Il programma si è poi aperto a una varietà di progetti e collaborazioni, ciascuno con la propria poetica, ma uniti da un unico filo: l’amore per la musica come memoria viva. Riccardo è stato ricordato sia per la sua originalità come chitarrista, autore di accordi con la sua chitarra dodici corde che lo stesso Steve Hackett ha definito interessanti, sia come autore dei testi della band, frutto di un’immaginazione compositiva spiccata e densa di significazioni, allegorie, parallelismi che hanno intensificato le parole dei cinque album della band, al traguardo dei 50 anni di attività.
La serata accompagnata dalle citazioni dei passaggi più significativi dei testi di Regi ad opera del figlio Emanuele che ha saputo modulare l’intensità della parola in un excursus denso di pathos. Leonardo Malà che ha intercalato l’introduzione dei vari interventi musicali con disinvoltura, ha aggiunto qualche nota di ironia e di sarcasmo ad un’atmosfera densa dell’intensità del ricordo. Con Manuel Magrini e Lorenzo Bisogno è arrivata la visione di Hallucigenia, un viaggio inquieto e luminoso nel mistero del suono.
Ramberto Ciammarughi e Conny Rausch hanno commosso il pubblico con Il mare delle anime, un dialogo fra pianoforte e voce sospeso fra spiritualità e abbandono. Il Coro Cai Colle del Sole di Perugia, diretto dal Maestro Paolo Ciacci, ha portato un momento di pura elevazione collettiva con Laetitia, mentre Marco Pellegrini con Mater e Lanfranco Fornari con Sere d’agosto hanno toccato corde intime e personali. Suggestivo anche il contributo di Alessandro Deledda e David Pieralisi con Long Now Clock, un brano che riflette sul tempo e sulla sua dimensione umana, in perfetto spirito con la serata.
L’Ensemble Micrologus ha regalato uno dei vertici poetici della serata con Il cielo per San Lorenzo, intrecciando antiche melodie e strumenti d’epoca in un’atmosfera quasi mistica. Commovente anche l’intervento di Giusi Pisoni, che ha eseguito un brano originale per chitarra a 12 corde, composto appositamente per l’evento, e quello di Francesco D’Oronzo, la cui chitarra ha saputo unire delicatezza e profondità. La violoncellista Cecilia Berioli ha offerto una toccante interpretazione della Follia di Arcangelo Corelli, con la partecipazione di Luca Ranieri alla viola, mentre Virna Liurni ha chiuso la serata con Campane in fa diesis, un brano minimale e spirituale, quasi un commiato in forma di preghiera.
Nel silenzio che ha preceduto l’ultimo applauso, molti occhi erano lucidi. Ma il sentimento dominante non era la tristezza: era gratitudine. Il concerto non è stato un addio, ma una celebrazione della vita e della passione di Riccardo Regi, un alternarsi parole e note mai banali e senza retorica proprio come sapeva essere lui. Le sue parole, la sua curiosità, il suo amore per la musica continuano a vibrare nelle note che hanno riempito il Pavone. Alla fine, il pubblico si è alzato in piedi, in un applauso lungo e corale, come un abbraccio collettivo che ha unito artisti e spettatori nel nome della memoria.

Quando le ultime note si sono dissolte, il teatro è rimasto un attimo in silenzio. Un silenzio pieno, denso, quasi fisico. Poi è arrivato l’applauso, lungo, collettivo, non solo per gli artisti ma per Riccardo Regi, che nella serata sembrava respirare con tutti. Il concerto non è stato un addio, ma un modo per dire che l’arte sa tenere insieme ciò che la vita divide. Nel suono, nel ricordo, nel tempo di un respiro – Riccardo era lì.
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