NORCIA
Nel transetto sinistro della Basilica di San Benedetto a Norcia, a seguito del terremoto del 2016, è emersa una scoperta sorprendente: una nicchia affrescata raffigurante la Madonna col Bambino tra i santi Benedetto e Gregorio. L’opera del 1508, come si legge al di sotto del pavimento dell’affresco, rivela un’elevata qualità artistica, tale da suggerire la mano di un grande maestro che impiega pigmenti preziosi come l’azzurrite e l’ocra rossa. L’affresco arricchisce il repertorio iconografico legato al fondatore del monachesimo occidentale. Benedetto, nella raffigurazione, sostiene con una mano la città di Norcia, su cui svetta un elegante campanile gotico distrutto dal terremoto del 1703. L’opera merita uno studio approfondito. Pur guardando al linguaggio rinascimentale, conserva caratteri arcaizzanti, visibili, ad esempio, nel trono su cui siede la Vergine con il Bambino. Come ci spiega Matteo Mazzalupi, storico dell’arte: “È un crivellesco attivo tra Marche ed Umbria che lo storico dell’arte Alessandro Delpriori ha proposto qualche anno fa di indentificare con il nursino Bartolomeo Scarpetta. La Madonna e il Bambino derivano dal polittico Demidoff di Crivelli, facendo capire che il pittore sia stato ad Ascoli”.
Il sisma del 2016 invita a rileggere la storia di Norcia attraverso la lente dei terremoti, eventi determinanti nello sviluppo urbano della città. Tra i più devastanti si ricordano quelli del 1328, 1703, 1730 e 1859, con la prima testimonianza documentata risalente al 4 dicembre 1328, quando violente scosse distrussero gran parte della città, comprese chiese e mura. Le macerie del 2016 hanno così permesso di riportare alla luce opere d’arte fino a quel momento nascoste.
L’immagine di San Benedetto che sorregge Norcia ha un significato profondamente simbolico. Nel Medioevo cristiano, la figura del santo patrono sostituiva quella del Genius urbis, rimpiazzando le corone turrite delle Tychai con il gesto del santo che tiene in mano la città. L’associazione tra il santo e l’architettura richiama la Regula Benedicti e il precetto del “laborare” a beneficio del prossimo, testimoniando l’amore di Dio attraverso la costruzione di strade, ponti, ospedali e la bonifica delle terre.
Questa raffigurazione si colloca tra le più significative dell’Italia centrale, traducendo visivamente l’unione tra il santo e la comunità che ne perpetua la memoria. L’iconografia dei santi patroni come protettori urbani era diffusa tra XIII e XV secolo, ma nel caso di Benedetto assume una valenza teologica universale: il gesto di sorreggere la città simboleggia una custodia che innalza la civitas terrena verso la civitas Dei.
La miniatura urbana rappresenta la comunità ordinata secondo la Regola, dove l’armonia monastica diventa modello di civiltà. La mano aperta e il volto barbuto del santo esprimono humilitas, mentre la città posata sulla sua mano sinistra simboleggia la realtà umana affidata alla sua cura spirituale. Dal punto di vista antropologico, l’immagine diventa un’icona dell’uomo custode: l’umanità è chiamata a tenere in mano la propria civiltà, in continuità con la vocazione monastica alla cura e al lavoro. L’arte diventa così pedagogia spirituale: la città è salvata quando custodita con equilibrio e mitezza.
Dopo il sisma del 2016, San Benedetto che regge Norcia è divenuto simbolo di rinascita e resilienza. La raffigurazione concentra in sé l’intera teologia benedettina: la città come spazio ordinato e luogo della presenza divina, e la mano del santo come simbolo della mano di Dio che accoglie, sorregge e offre. In questo senso, l’arte diventa preghiera visiva, dove pietra e fede, materia e spirito, si incontrano nel palmo di una mano, facendo di Benedetto non solo un patrono devozionale, ma una sintesi teologica e antropologica della civitas humana redenta attraverso lavoro, fede e bellezza.
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