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Orietta Berti, dalle origini del nome d'arte alla tradizione della "O" nella sua famiglia, fino alla nascita di "Fin che la barca va"

La cantante apparirà a sorpresa nella fiction "La Ricetta della felicità", in onda in prima serata su Rai1

Claudia Boccucci

09 Ottobre 2025, 21:00

Orietta Berti, dalle origini del nome d'arte alla tradizione della "O" nella sua famiglia, fino alla nascita di "Fin che la barca va"

Il primo passo di Orietta Galimberti nella musica è avvenuto negli anni '60, incoraggiata dal padre Mafaldo Oreste, un appassionato di lirica che la spinge a studiare canto fin da bambina. Il debutto ufficiale è arrivato un anno dopo, nel 1961, al concorso Voci Nuove Disco d'Oro di Reggio Emilia, dove interpreta "Il cielo in una stanza" di Gino Paoli classificandosi sesta. Ma è nel 1962 che firma il primo contratto discografico con l'etichetta Karim, passando poi a Polydor nel 1964. È qui che adotta il nome d'arte Orietta Berti, un omaggio alle sue origini emiliane e forse un richiamo al cognome del marito Osvaldo Paterlini, con cui si sposerà nel 1967. Questo pseudonimo la accompagna in oltre 50 album e 16 milioni di dischi venduti, rendendola una delle artiste più longeve del panorama italiano. 

La tradizione della "O" è una storia di famiglia 

Il nome di Orietta è strettamente legato alla tradizione familiare della lettera "O" come iniziale. La madre di Orietta si chiamava Olga, il nonno Oreste e lo zio Oliviero. Il marito Osvaldo ha dato il via a una nuova generazione: i figli Omar (nato nel 1975) e Otis (nato nel 1980), e le nipoti Olivia e Ottavia, figlie di Otis. Persino i cani di casa rispondono a nomi di Otello e Olimpia, mentre la suocera era OdillaUna regola che Orietta definisce un "talismano" di famiglia, un modo per celebrare "una tradizione che ci lega tutti, come una melodia che non finisce mai".

(Orietta Berti il giorno delle nozze con Osvaldo)

La nascita di "Fin che la barca va"

La nascita del brano in studio è tutt'altro che idilliaca. Orietta, che sognava un pezzo romantico, riceve il testo e lo detesta subito ritenendola troppo leggera e poco rappresentativa. Registra la traccia con il fiato sospeso, solo dopo che la madre la convince a non mollare. "L'ho fatta controvoglia, meno male che mia mamma mi ha persuaso", confessa anni dopo nella sua autobiografia Tra bandiere rosse e acquasantiere. Nonostante il rifiuto iniziale, il pezzo esce come singolo Polydor nel 1970, sul lato A del 45 giri accoppiato a "L'ultimo di dicembre".

Una collezionista seriale

Orietta ha il "pallino" per gli oggetti rari. Possiede decine di guêpière da tutto il mondo – da Los Angeles a Londra – mai indossate, conservate in scatoloni come tesori. La sua raccolta include 95 bambole internazionali, statue dei Puffi e Muffet, oltre 100 acquasantiere (regalate dai fan) e abiti di scena in seta e paillettes. 

L'appartamento per i suoi animali domestici

Da sempre appassionata di animali, Orietta ha dedicato un intero piano della sua villa a Reggio Emilia a cani e gatti, con divani e spazi dedicati al pian terreno. 
 
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