COSTUME E SOCIETA'
Alberto Sordi nella scena più iconica del film Un americano a Roma
Da giovedì 25 a domenica 28 settembre, Foligno città ospita la 26esima edizione deil Festival nazionale dei Primi piatti: villaggi del gusto tematici, cene stellate, food experience (giovedì alle 16 all’Auditorium Santa Caterina: “Legàmi di pasta”, a cura dell’Università dei Sapori con la chef Catia Ciofo, nella foto sotto), laboratori per bambini e grandi eventi di spettacolo e cultura. L’evento è organizzato da Epta Confcommercio Umbria con il patrocinio e il contributo del Comune di Foligno. Ed è un tributo al piatto simbolo dell’Italia: la pastasciutta, declinata però in varie forme. Ma è proprio così? Quando si parla di pastasciutta si pensa subito a un piatto iconico della cucina italiana, ma la sua storia è molto più antica e complessa di quanto si creda. Non esiste un singolo inventore della pasta cotta e condita: ciò che oggi chiamiamo pastasciutta è il frutto di un’evoluzione lunga secoli, un viaggio che parte dalle civiltà mediterranee e arriva fino alla modernità.
Gli antichi Greci e Romani conoscevano già preparazioni a base di cereali e acqua, stese in fogli e tagliate a strisce. I Romani le chiamavano lagane, termine da cui deriva la parola “lasagne”. Si trattava però di impasti cotti spesso al forno o su pietra, non ancora della pasta bollita e servita asciutta come siamo abituati a immaginarla oggi. Erano piatti che anticipavano l’idea, ma non corrispondevano alla pastasciutta moderna.
Un grande passo avanti avvenne nel Medioevo, soprattutto in Sicilia. Qui, tra IX e XI secolo, durante la dominazione araba, si diffusero tecniche di essiccazione della pasta. Questo processo permetteva di conservarla a lungo e di trasportarla facilmente, trasformandola in un alimento pratico e nutriente. La pasta secca, lunga e sottile, divenne così un prodotto tipico dell’isola e presto si diffuse anche oltre i suoi confini.
Tra il XIV e il XV secolo la tradizione della pasta lunga cotta in acqua bollente trovò terreno fertile a Napoli e in altre aree del Mezzogiorno. La città partenopea divenne uno dei centri principali di produzione e consumo, tanto da legare indissolubilmente la propria immagine alla pasta. Qui nascevano forme sempre nuove, antenate dei nostri spaghetti e maccheroni, pensate per adattarsi alle esigenze di una popolazione in crescita.
La vera rivoluzione arrivò però tra Seicento e Settecento, quando l’Europa iniziò a conoscere e ad apprezzare il pomodoro, frutto proveniente dalle Americhe. Inizialmente considerato solo ornamentale, il pomodoro trovò presto il suo abbinamento ideale con la pasta. Da allora non si parlò più semplicemente di pasta bollita, ma di pastasciutta: un piatto completo, condito e gustoso, destinato a diventare simbolo della tavola italiana.
Nell’Ottocento la pastasciutta era ormai parte integrante della vita quotidiana, soprattutto nelle regioni del Sud Italia. Napoli e Gragnano si affermarono come capitali della produzione di pasta secca, grazie anche al clima ideale per l’essiccazione. Nacquero le prime industrie che trasformarono la pasta da preparazione casalinga a prodotto su larga scala, accessibile a tutte le classi sociali.
Il Novecento segnò la definitiva consacrazione internazionale della pastasciutta. Con le migrazioni italiane, il piatto attraversò l’Atlantico e raggiunse le Americhe, dove conquistò le comunità locali. Spaghetti, maccheroni e penne entrarono nelle abitudini alimentari di milioni di persone, diventando sinonimo stesso di italianità. La pasta si adattò alle culture di accoglienza, ma mantenne sempre il legame con le proprie radici mediterranee.
Oggi la pastasciutta è uno dei cibi più consumati al mondo. Versatile, economica e nutriente, viene preparata in infiniti modi: dalle ricette tradizionali come spaghetti al pomodoro o alla carbonara, fino a piatti gourmet reinventati dagli chef contemporanei. Ogni Paese ha elaborato una sua versione, ma l’origine resta legata all’Italia, che ne custodisce storia, artigianalità e orgoglio.
La pastasciutta non è quindi un’invenzione improvvisa, ma una creazione collettiva e graduale. Dalle lagane romane al pomodoro del Settecento, dall’essiccazione araba alle industrie ottocentesche, il percorso che l’ha resa ciò che è oggi racconta una parte fondamentale della cultura mediterranea. Un piatto semplice, nato dall’incontro di popoli e tradizioni, capace di trasformarsi nel simbolo universale di convivialità e gusto.
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