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Valentina Locchi si racconta, sbancò a Sarabanda: "La vincita? Ho comprato un clavicembalo e fatto una donazione al Serafico"

Oggi è un'apprezzata artista: "Suono, canto, racconto e lancio la pizzica con la mia web radio"

Claudio Sampaolo

27 Agosto 2025, 18:46

Valentina Locchi si racconta, sbancò a Sarabanda: "La vincita? Ho comprato un clavicembalo e fatto una donazione al Serafico"

“Io sono una che va fuori dagli schemi. A due anni suonavo Vamos a la playa dei Righeira, poi mi sono innamorata di Paolo Conte, non smetterei mai di ascoltarlo, così come Guccini, De Andrè, Dalla e Ivan Graziani. Ma il mio mondo è orientato da tempo verso la pizzica. Verso la mia web radio che ha compiuto 13 anni, i concerti, l’intrattenimento. La scorsa settimana sono stata di nuovo in Puglia e ho raccontato, a chi è venuto a sentirci, la storia di questo genere musicale. Per esempio la differenza tra tarantata e pizzica d’amore.”

Ecco, se ove mai potesse esserci qualche piccolo dubbio sulle doti di questa ragazza dalle mille risorse, che emana energia e voglia di fare (e di dire), che ad ogni domanda propone più o meno un piccolo comizio, articolato, corretto, interessante, persino affascinante, ce lo siamo tolto subito. E per capire lo “schema” di Valentina Locchi - non vedente - bisogna solo ascoltarla. Basta premere il pulsante, come ha fatto lei 23 anni fa quando ha sbancato il game show Sarabanda. Ma di questa storia, saputa e risaputa, parleremo giusto alla fine.

- Valentina, va bene la pizzica, ma che c’entra con il tuo idolo Paolo Conte?
C’entra, perché la musica, quando è di qualità, è tutta bella. La pizzica, nella fattispecie, non è una musica da sagra come può pensare chi la conosce superficialmente. È un concerto da teatro d’opera, per un pubblico di alto livello, ma per capirla bisogna essere in grado di coscienzializzare.

- D’accordo (detto dopo aver sbirciato al volo nella Treccani il significato di questo vocabolo inusitato, cioè “riconoscere qualcosa nella sua essenza”) parliamo allora del tuo percorso sull’ottovolante della musica.
A 4 anni entro con papà nel negozio di Ceccherini e sono letteralmente folgorata dalla voce roca di Paolo Conte, da Sotto le stelle del jazz. Papà me lo compri? Risposta: lo abbiamo a casa. L’ho ascoltato senza sosta assieme agli altri brani del vinile. Poi nel 1990, grazie a Sergio Piazzoli ho potuto conoscerlo personalmente durante Umbria Jazz. Io avevo appena 7 anni, lui era già un gigante della musica, che aveva appena tenuto un clamoroso concerto all’Arena Santa Giuliana. È uno dei ricordi più belli della mia infanzia.

- Conte è famoso perché scrive prima la musica e poi le parole.
Beh… anche io, ma perché ho la testa totalmente musicale e, come immagini, la parte testuale dei motivi mi impegnerebbe troppo. Dovrei imparare tutto a memoria. Lascio questo compito ad altri. La musica invece non ha segreti per me. Latinoamericano, fado, qualsiasi nota.

- Torniamo alla pizzica, a come ti è arrivato questo flusso di coscienza dalla Puglia.
Ascoltando gli Xanti Yaca, un gruppo salentino che aveva avuto l’onore di aprire il concerto degli Inti Illimani. Da lì, avevo 15 anni, non mi sono più fermata. Ho cominciato a studiarla ed a raccogliere vinili, ho coinvolto tanti amici pugliesi, siamo diventati una comunità. Nel 2012 cercavo su internet qualche radio a tema, ma non me ne era piaciuta nessuna. Troppe chiacchiere, troppe interruzioni. Così me la sono fatta da sola. Così è nata Pizzica e dintorni che trasmette 24 ore su 24, sette giorni su sette e senza pubblicità. Le parole e i pensieri, la divulgazione, la facciamo attraverso i social, in radio va solo musica di qualità. E sai chi segue la pizzica? Tedeschi, francesi, russi, americani. Il mondo. Tutti amanti della world music, contaminazione tra musica tradizionale e musica popolare. Un pubblico radiofonico di alto livello, documentato, che va anche a caccia di album rari e pone domande specifiche. Leggo tutto grazie alla sintesi vocale, contatto il cantante interessato e rispondiamo. La pizzica incanta. Dovresti sentirla.

- Già fatto. Ma quando scrivo metto Nora Jones. Va bene?
Nora Jones benissimo. La buona musica va oltre i gusti. Per dire: in questo momento con un gruppo di amici reinterpretiamo brani classici, io canto e suono il pianoforte. La scaletta si chiama simbolicamente Volare e ci sono dentro Che sarà, Azzurro, Tanta voglia di lei. La gente le riconosce, le canta, si scalda. Provo anche a fare una specie di Sarabanda partendo con le prime note, racconto aneddoti sulla genesi di queste canzoni, chi le ha scritte, chi ha rubato un brano ad un altro, un po’ di gossip.
- Dopo aver sbancato Sarabanda hai scritto 27 articoli sul Corriere dell’Umbria recensendo altrettanti album. Te li ricordi?
Certo, tutti autori molto bravi e molto di nicchia come Paco Ibanez, Marco Poeta e Pippo Pollina. Poi mia madre mi fece inserire anche i Noir Désir, band rock alternativa francese che non mi piaceva molto. Ma la mamma è la mamma. Guarda caso, però, qualche anno fa il loro frontman, Bernard Cantat ha ucciso la compagna Marie Trintignan. A parte questo in famiglia sono tutti appassionati di musica. Papà ama la classica, il jazz, i cantanti italiani, il rock. Ah! Ma te l’ho detto che ho conosciuto Lucio Corsi?

- No, come lo hai scoperto, anche tu con la serie su Carlo Verdone?
Sì e no. In effetti me l’ha segnalato mia sorella Maria Chiara che è una cinefila appassionata. Allora sono andata a cercarlo su Spotify poco prima di Sanremo ed ho scoperto, con Astronave giradisco, una musica ed una voce carismatici. Poi è arrivata Volevo essere un duro, poesia pura. Il mese scorso quando è venuto a Perugia me l’hanno presentato, è stato emozionante. Ho scoperto un fratello musicale acquisito. Ha gli stesi gusti miei, gli stessi cantautori preferiti. Ti dirò che in lui risento qualcosa di Ivan Graziani.

- Valentina, cosa t’è rimasto di Sarabanda?
Una esperienza importantissima, avevo 18 anni ed era la prima volta che uscivo dal mio mondo. Sono stata eliminata dal gioco un po’ per stanchezza, ma essenzialmente per mia scelta. Gli autori mi avevano fatto capire che stavo diventando imbattibile e bisognava cambiare. Così quando partì la prima nota di una canzone di Morandi, Innamorato, non schiacciai il pulsante e finì tutto lì. Mi resta un bel ricordo e la vincita con la quale mi sono tolta lo sfizio di comperarmi un clavicembalo, che ancora uso per i pezzi antichi, poi ho fatto una donazione al Serafico, che da bambina mi ha dato accesso alla biblioteca consentendomi di leggere centinaia di libri. E non ultima la solidità di un investimento sicuro consigliato da papà, due appartamenti (del resto Renato Locchi, diploma da ragioniere al Vittorio Emanuele di piazzale Anna Frank, laurea in Economia e Commercio e una scrivania all’ufficio fidi del Monte dei Paschi, non poteva sbagliare; ndr).

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