Arte
Alberto Burri
Nell'immediata periferia di Città di Castello sorge uno dei complessi museali più straordinari e significativi del panorama artistico internazionale: gli Ex Seccatoi del Tabacco, seconda sede della Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri. Un esempio magistrale di recupero dell'archeologia industriale che racconta la lungimiranza e la visione di uno dei più grandi artisti del novecento.
L'imponente architettura, costruita nell'immediato dopoguerra per l'essiccazione del tabacco tropicale coltivato nell'Alta Valle del Tevere, ebbe una seconda vita nel 1966 quando accolse i preziosi volumi della Biblioteca Nazionale e del Tribunale di Firenze danneggiati dalla storica alluvione. Ma fu Alberto Burri stesso a intuire le potenzialità di questo spazio industriale dismesso: alla fine degli anni Settanta, quando le sue opere stavano assumendo dimensioni sempre più monumentali, ottenne l'uso di uno degli undici capannoni per adibirlo a studio.
Visualizza questo post su Instagram
Con straordinaria lungimiranza, l'artista di Città di Castello comprese che l'intera struttura potesse diventare il "contenitore" ideale per le sue ultime, grandiose creazioni. L'acquisto dell'intero complesso portò, nell'estate del 1990, all'inaugurazione della seconda sede della Fondazione Burri.
Il restauro fu condotto sotto la guida di Burri stesso, coadiuvato dagli architetti Alberto Bacchi e Tiziano Sarteanesi, nel pieno rispetto della funzione originaria degli edifici. Le pareti espositive in cartongesso, sviluppate lungo tutto il perimetro di ogni seccatoio, ospitano oggi in permanenza i maggiori cicli pittorici realizzati dal Maestro tra il 1974 e il 1993.
Tra le 128 opere allestite si contano anche quattro grandi sculture: una posizionata all'interno e tre monumentali – Grande Ferro Sestante, Grande Ferro K e Grande Ferro U – collocate nel giardino antistante, che conferiscono al complesso un'atmosfera quasi sacrale.
Foto Instagram pagina FondazioneBurri
Il comune denominatore delle opere esposte è il cellotex, un impasto ligneo termoisolante e fonoassorbente che Burri utilizzò sin dagli inizi della sua carriera artistica. Negli anni Settanta il Maestro iniziò a mostrarlo in superficie, intervenendo con il bulino per inciderlo, scalfirlo, grattarne la pellicola più esterna, talvolta dipingendolo. Le opere sono organizzate in cicli – Il Viaggio (1979), gli Orti, il Sestante, Annottarsi, Metamorfotex e Il Nero e l'Oro – denominati così perché comprensibili unicamente nella loro interezza.
Dal 2015 è in corso una vasta opera di riqualificazione che ha portato alla realizzazione del piano seminterrato, caratterizzato da impiantistica di climatizzazione e illuminazione all'avanguardia. Qui è ospitato l'intero corpus dell'Opera Grafica di Burri, oltre 200 opere che costituiscono il "Terzo Museo Burri", aperto al pubblico nel 2017.
Visualizza questo post su Instagram
Con una superficie espositiva complessiva di 11.500 metri quadrati agli Ex Seccatoi e le tre sezioni differenziate che includono anche le sculture all'aperto, il "Polo Burri" di Città di Castello è oggi riconosciuto come il più esteso museo d'artista al mondo e uno dei luoghi più importanti dell'arte contemporanea in Europa.
Alberto Burri, nato a Città di Castello nel 1915, medico diventato pittore durante la prigionia in Texas nella Seconda Guerra Mondiale, ha trasformato la sua città natale in un polo artistico di rilevanza mondiale. La Fondazione, istituita nel 1978, rappresenta "l'opera ultima" dell'artista: a lui si devono la scelta degli spazi architettonici, i principi del recupero espositivo, la selezione delle opere e il loro allestimento.
Morto a Nizza nel 1995, Burri ha lasciato in eredità non solo capolavori che hanno rivoluzionato l'arte contemporanea, ma anche una visione di museo come luogo di dialogo perfetto tra architettura industriale e creazione artistica, dove il passato produttivo si trasforma in futuro culturale.
*Iscrivendoti alla newsletter dichiari di aver letto e accettato le nostre Privacy Policy