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LA VICENDA

Stranizza d'amuri, la vera storia di Giorgio e Toni. Il delitto di Giarre: il caso che diede il via alla battaglia per i diritti Lgbt+

Andrea Pescari

05 Luglio 2025, 20:30

Stranizza d'amore, la vera storia di Giorgio e Toni. Il delitto di Giarre: il caso che diede il via alla battaglia per i diritti Lgbt+

Il film Stranizza d'amuri racconta una storia vera di amore e morte, gonfia di mistero, silenzi e inascoltate richieste inconfessabili, che diede il via alla stagione delle battaglie per i diritti delle persone LGBT+. Era il 31 ottobre 1980 quando due giovani, Giorgio Agatino Giammona di 25 anni e Antonio Galatola di 15 (Gianni e Nino nel film diretto da Giuseppe Fiorello) scomparsi da casa due settimane prima, furono trovati morti, mano nella mano, uccisi da un colpo di pistola alla testa. A Giarre tutti conoscevano i due ragazzi con il soprannome di ziti, fidanzatini o di puppi, omosessuali (in catanese).

Giorgio, in particolare, era dichiaratamente gay poiché all'età di 16 anni fu sorpreso in auto dai carabinieri del posto insieme con un altro giovane e perciò fu denunciato; da ciò venne soprannominato in siciliano "puppu 'ccô bullu" (corrispondente a omosessuale con il timbro). Il duplice omicidio fu confessato da un tredicenne che si autodenunciò come diretto responsabile, per poi ritrattare immediatamente. 

La vicenda accelerò anche la nascita (su idea di Marco Bisceglia, un sacerdote apertamente omosessuale, con la collaborazione di un giovane Nichi Vendola, insieme a Massimo Milani, Gino Campanella, e altri militanti a Palermo di una storica associazione), l'Arcigay, con la quale inizia la nuova fase dell'attuale movimento Lgbt+, tappa fondamentale di un lungo cammino che in Italia deve essere ancora completato per una piena accettazione della tutela dei diritti civili. Nella cittadina siciliana, in provincia di Catania, quel 17 ottobre del 1980 Giorgio e Toni, scompaiono nel nulla. Dopo due settimane di ricerche, vengono ritrovati senza vita sotto un pino marittimo, distesi uno accanto all'altro. "Li hanno trovati insieme, scarnificati e quasi abbracciati" ha dichiarato Francesco Lepore, autore del libro Il delitto di Giarre. 1980: un 'caso insoluto' e le battaglie del movimento LGBT+ in Italia.

Le parole di Beppe Fiorello, regista del film

"L'ho scoperto 13 anni fa quando si celebrava il trentennale e mi ha colpito tantissimo, è come se mi fosse scattato un senso di colpa perché non conoscevo il delitto e mi sono sentito corresponsabile della mentalità siciliana, che ha generato quella storia", racconta Beppe Fiorello, sottolineando che "non c’è mai stata la verità su quel delitto. E' stato catalogato come un omicidio-suicidio, forse perché lavava meglio le coscienze, ma la storia del delitto parlava chiaramente". "C’è una parte di me in quei due ragazzi, l'adolescenza è un momento divino in cui ci si ama tra amici pur non essendo omosessuali", rimarca il regista, per il quale "noi siamo arretratissimi rispetto agli adolescenti". "Parliamo di umanità, di una persona che ama un’altra persona. La politica lo dice ma non applica le leggi perché tutto questo venga protetto. Non servirebbero nemmeno dibattiti politici o manifestazioni di protesta. Se per amarsi serve coraggio vuol dire che l'odio è in agguato. E' un controsenso che non ho mai capito". Da siciliano, Beppe Fiorello si sofferma anche sulla "mentalità del posto, la questione dell'omertà, le paure del non capire l'amore". "Speravo di fare un film storico, un come eravamo, ma qua la questione si ripete. Poi c'è la questione familiare, perché a volte la discriminazione si consuma tra le mura domestiche più che per le strade". Il film è ambientato in Sicilia ma non a Giarre per una decisione "non casuale" del regista "perché sentivo di non dover turbare la serenità di qualcuno, sono certo che ci sono persone che ancora oggi stanno soffrendo. Nemmeno la scelta del titolo è casuale, spiega il regista, per il quale "Battiato è la voce della mia adolescenza e ho voluto stratificarlo chiedendo a Giovanni Caccamo le musiche, perché ha dentro di sé quel mentore".

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