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Max Mara, dietro front su polo della moda a Reggio Emilia. Cgil e sindaco contro il salto dell'operazione da 100 milioni

Proteste e scioperi bloccano il polo della moda a Reggio Emilia. "Decisione irrevocabile"

Claudia Boccucci

02 Luglio 2025, 16:56

Max Mara, dietro front su polo della moda a Reggio Emilia. Cgil e sindaco contro il salto dell'operazione da 100 milioni

Sfilata Max Mara a Milano

A seguito di una campagna definita "superficiale e sensazionalistica", il colosso della moda Max Mara ha deciso di bloccare l'investimento da 100 milioni di euro destinato al polo della moda della città di Reggio Emilia, che sarebbe dovuto sorgere nell’area delle ex Fiere di Reggio, in via di riqualificazione. La decisione del presidente del gruppo, Luigi Maramotti, è arrivata in seguito ai danni reputazionali subiti dal brand

Tutto ebbe inizio dalle proteste dei 52 dipendenti messe in atto dalla Cgil di Maurizio Landini, che denunciavano le "condizioni oppressive di lavoro" nell'azienda Manifatture di San Maurizio controllata da Max Mara. E non finisce qui: "Ci hanno chiamate mucche da mungere. Ci hanno dato delle grasse, obese, e ci hanno consigliato gli esercizi da fare a casa per dimagrire. Ci pagano praticamente a cottimo e controllano anche quante volte andiamo in bagno, ma siamo tutte donne, abbiamo il ciclo: è disumano". Uno scenario che ha suscitato le reazioni delle 68 lavoratrici del gruppo che hanno duramente replicato rispondendo alle colleghe della Cgil con una lettera pubblica: "Ci ha colpito la descrizione distorta del nostro ambiente di lavoro trasmessa da alcuni media e dalla politica che non rispecchia in alcun modo il clima all’interno dello stabilimento né il nostro vissuto". 

Il presidente del gruppo non ha digerito l'atteggiamento del sindaco, Marco Massari che senza "approfondire la fondatezza dei fatti riportati si è espresso pubblicamente allineandosi con le affermazioni unilaterali di una singola componente sindacale. Pertanto, è impossibile realizzare il progetto in un clima di divisione e strumentalizzazione come quello che si è venuto a creare", conclude Maramotti.

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