Cultura
Il curatore della mostra, Marco Tonelli (foto Belfiore)
Una mostra che fa dialogare antico e contemporaneo, dove si indaga il rapporto tra immagine e segno, icona e parole, e dove “nessuna opera è stata creata apposta”. È Extra - Segni antichi/Visioni contemporanee, l’esposizione inaugurata ieri mattina a Palazzo Baldeschi (dove rimarrà fino al 6 gennaio), ultimo progetto di Fondazione Perugia curato da Marco Tonelli.
Un’idea nata nel 2024, quando la Fondazione ha acquistato una selezione della Collezione Albertini, costituita da circa 1.749 pergamene risalenti tra il XIII e il XV secolo che avvolgevano antichi registri comunali, notarili e amministrativi, appartenuti a podestà, capitani del popolo, giudici e sindaci del Comune di Perugia. All’interno di esse compaiono elenchi, testi, annotazioni di carattere giudiziario quali testimonianze di accuse, resoconti di danneggiamenti a colture e bestiame, registri di approvvigionamenti e distribuzione di derrate alimentari. E su una pergamena in particolare compare la parola Extraordinariorum, che proviene dal termine latino di età imperiale cognitio extra ordinem a indicare norme giuridiche fuori dagli schemi tradizionali e passato poi nell’uso della lingua corrente per descrivere qualcosa di non consueto, inaspettato, eccezionale. Da qui l’idea di accostare una selezione di circa 100 tra le pergamene con più di 40 opere di 18 artisti italiani e internazionali contemporanei, secondo criteri a volte molto stringenti, altri solo evocativi, altri ancora iconografici o tipologici se non tematici e materici o che mettono in relazione parola e immagine, intendendo l’immagine come parola, rebus visivo o figura parlante.
“Con Extra, Fondazione Perugia riafferma il proprio impegno nella tutela e valorizzazione del patrimonio storico, ma anche nella costruzione di nuovi linguaggi, di nuove visioni, capaci di restituire senso e vitalità alla memoria, rendendola patrimonio vivo - ha spiegato il presidente di Fondazione Perugia, Alcide Casini - Oggi queste pergamene tornano a casa grazie a Fondazione Perugia, che le riconsegna alla città, alla sua storia e al suo futuro. Questo progetto è la testimonianza concreta di una missione che da anni ci guida: custodire la memoria, promuovere la conoscenza, favorire il dialogo tra passato e presente”.
L’idea alla base della mostra è creare dei rimandi che, pur senza rendere le pergamene antiche più chiare e leggibili, le attualizzino in un ritorno temporale tra il passato del reperto e il presente dell’opera d’arte contemporanea.
“Tanta è la ricchezza di simboli e segni legati alla scienza araldica, ma anche tante le possibilità per l’arte contemporanea di farci osservare con occhi nuovi aspetti non solo formali, ma anche materiali che sono spesso ritenuti soltanto difetti e usure provocati dal tempo - ha detto il curatore Marco Tonelli – È così che Extra vuole dispiegare la condizione extratemporale dell’arte a contatto ravvicinato con documenti della storia e della cultura materiale, che in questo caso ha regolato la vita della città di Perugia tra medioevo e rinascimento”.
La mostra è suddivisa in cinque macroaree – Figurazioni, Astrazioni, Motivi, (Ri)scritture e Simboli - di confronto e dialogo con gli artisti contemporanei che creano un percorso che rispecchia la storia stessa delle immagini nel loro rapporto con la parola.
In Figurazioni, gli stemmi araldici si trovano insieme alle opere iperrealiste in ceramica di Bertozzi & Casoni, alle provocazioni di Wim Delvoye, ai quadri di Gabriele Arruzzo e alle invenzioni senza tempo di Luigi Serafini. I temi degli stemmi sono spesso motivi scudati con bande a più colori e motivi geometrici, che nella sezione dedicata alle Astrazioni vengono ampliati dalle assonanze con opere di arte contemporanea di Maurizio Cannavacciuolo, David Tremlett e Beverly Pepper. In mostra anche l’opera originale di uno dei due manifesti ufficiali di Umbria Jazz, realizzati da David Tremlett in occasione del cinquantesimo dell’edizione estiva e del trentesimo dell’invernale.
Tra iconografie ben definite con animali e figure umane e tra forme geometriche ben strutturate, esiste anche uno spazio autonomo fatto di elementi isolati o che possono esulare dal significato semantico o da quello ornamentale: linee e colori che costituiscono il grado zero della rappresentazione e che si trovano nella sala dedicata ai Motivi in cui le pergamene si confrontano con i segni grafici di Domenico Bianchi, Gianni Dessì, Alighiero Boetti e Giorgio Griffa.
Ci sono però composizioni che utilizzano iconografie e forme riconoscibili creando stemmi misteriosi e per questo affascinanti, che trovano un parallelo quasi diretto con le immagini di Ugo La Pietra, con le creazioni di Luigi Ontani, con i grandi fogli di Mimmo Paladino e con le opere di Joe Tilson.
Infine nella sezione (Ri)scritture entra in gioco la corporalità dell’oggetto in quanto tale: molte delle pergamene sono state sovrascritte nel corso del tempo e presentano cancellature e ripensamenti, cuciture a riparare strappi e lacerazioni, lasciando però in vista anche buchi e segni di usura del tempo.
*Iscrivendoti alla newsletter dichiari di aver letto e accettato le nostre Privacy Policy