Il caso
I reali di Savoia (1946): Giardini del Quirinale (Roma) prima della partenza per l'esilio in Portogallo (archivio LaPresse)
Una tiara di brillanti e perle che compare nei ritratti ufficiali della regina Margherita. Orecchini, collier, spille ottocentesche incastonate con oltre 6.700 diamanti e 2.000 perle. È il tesoro dimenticato dei Savoia, custodito dal 1946 in una cassa di pelle nera foderata in velluto azzurro nei sotterranei della Banca d’Italia, a Roma. Un cofanetto a tre piani, protetto da undici sigilli e rimasto chiuso per quasi 80 anni.
Il valore? Nessuna cifra ufficiale, ma secondo una stima riportata nel 1999 dall’Unione Monarchica Italiana, si parlava di 3mila miliardi di lire, l’equivalente di circa 300 milioni di euro odierni. Un vero e proprio patrimonio dimenticato, mai esposto al pubblico, che oggi torna d’attualità per via della battaglia legale avviata dalla casa Savoia per ottenerne la restituzione.
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La Corte d’Appello di Roma è stata investita del caso dopo che il tribunale civile ha rigettato la richiesta della famiglia. Il legale dei Savoia, Sergio Orlando, ha annunciato il ricorso anche alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, contestando “travisamenti, violazioni di legge e ricostruzioni errate dei fatti” da parte dei giudici.
Emanuele Filiberto, in diverse interviste rilasciate alla stampa italiana, ha espresso amarezza per la gestione del tesoro da parte dello Stato italiano: “Ci danno dei ladri, sono molto amareggiato. Quei gioielli non sono solo preziosi da museo, ma simboli della nostra storia unitaria”. Il principe ha poi rincarato la dose, definendo l’esproprio del 1946 “un atto di vendetta politica” e precisando che “si tratta di beni privati della famiglia, non dello Stato”.
A consegnare il tesoro fu il re Umberto II, tre giorni dopo il referendum del 2 giugno 1946, che sancì la fine della monarchia. Come riportato in un documento ufficiale pubblicato da Adnkronos a firma di Paolo Martini, il 5 giugno di quell’anno l’avvocato Falcone Lucifero, ministro della Real Casa, portò personalmente la cassa a via Nazionale, negli uffici della Banca d’Italia, dove fu ricevuta dal futuro presidente della Repubblica Luigi Einaudi.
Tra gli oggetti più preziosi, come confermato da una perizia della maison Bulgari effettuata nel 1976, figurano:
una tiara regale con undici volute incastonate di brillanti e perle
un collier di 64 perle tonde e 11 perle a goccia
spille e orecchini in stile ottocentesco
gioielli appartenuti a Carlo Felice e Carlo Alberto
Il cofanetto fu riaperto solo una volta nel 1976, su ordine della Procura di Roma, dopo che il settimanale Il Borghese sollevò dubbi sulla possibile sparizione di alcuni pezzi. La perizia confermò che nulla era stato trafugato, ma da allora è calato nuovamente il silenzio.
La disputa legale oggi tocca corde più profonde del semplice valore economico. In gioco, secondo i Savoia, c’è la rivendicazione della propria memoria storica e dignità. Il prossimo verdetto della Corte d’Appello potrebbe riaprire il dibattito pubblico su un patrimonio “fantasma” che l’Italia custodisce, ma che in molti non sanno nemmeno esistere.
6.732 brillanti
2.000 perle
Valore stimato: fino a 300 milioni di euro
Mai esposto al pubblico dal 1946
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