Royal Family
Non è solo un’asta. È un pellegrinaggio laico nella memoria di Lady Diana, la donna che ha riscritto le regole del royal style con una borsa in mano e un dolore nel cuore. Il 26 giugno, all’hotel Peninsula di Beverly Hills, Julien’s Auctions metterà all’incanto oltre 200 oggetti personali della Principessa del Galles: il suo guardaroba, sì, ma anche i suoi pensieri più intimi.
Un evento che promette glamour e nostalgia, ma che – tra stoffe, tacchi e firme d’alta moda – rivela soprattutto una verità: dietro ogni piega c’è una crepa, dietro ogni outfit, un messaggio.
A fare notizia non è solo la quantità, ma la qualità degli oggetti in vendita. Alcuni sono autentici frammenti di storia britannica. Altri, veri e propri simboli della trasformazione di Diana da “timida sposa reale” a donna consapevole e indomabile.
Il “Caring Dress” di David Sassoon: abito blu a fiori, indossato nelle visite ospedaliere. Stima: fino a 120.000 dollari. È l’abito dell’empatia, quello che faceva sentire i bambini meno malati e lei meno sola.
Tailleur giallo floreale di Bruce Oldfield (1987): simbolo di un momento di svolta estetica e personale.
La Lady Dior originale, nera, ricevuta nel 1995 da Bernadette Chirac. È il modello che Dior ribattezzò con il suo nome dopo che Lady D lo rese leggenda.
Una tuta da sci rossa, iconico capo delle sue vacanze invernali a Klosters. Stile sportivo e sorrisi fuori protocollo.
Un cappellino rosa piumato indossato durante la luna di miele con Carlo. Bizzarro, romantico, ormai malinconico.
Una lettera autografa scritta due giorni dopo il matrimonio: parole private, dolci e già sofferenti. Secondo Brides.com, uno dei pezzi più contesi, con un valore potenziale oltre i 100.000 dollari.
Bozzetti originali dell’abito da sposa reale: il tulle, il sogno e il peso della corona, prima ancora dell’altare.
Eppure, tra le decine di abiti, c’è una mancanza che dice tutto. Non un cappotto. Nemmeno uno. Come mai?
Come rivelano People e Vanity Fair, Lady Diana li donava sistematicamente ai senzatetto. “Meglio addosso a chi ha freddo che in un armadio di Kensington Palace”, diceva. Il dettaglio più umano in un mare di stile.
A ricordare che Diana non era solo la principessa vestita Chanel, ma anche una donna che scriveva lettere notturne, rideva fuori copione e sapeva ascoltare chi non aveva voce.
Parte dei proventi andrà in beneficenza, a Muscular Dystrophy UK, un’associazione che lei stessa sosteneva. E grazie alla piattaforma online di Julien’s, anche chi sta dall’altra parte del mondo potrà provare a portarsi a casa un frammento di umanità.
Come ha scritto Secret Los Angeles, “questa non è un’asta: è una confessione cucita su seta”. E Diana, oggi più che mai, ci ricorda che il vero stile non si indossa. Si vive.
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