Royal Family
Sophie di Edimburgo, chi è la duchessa lontana dai riflettori ma centrale nella Royal Family (LaPresse)
In un’epoca in cui ogni gesto reale viene filtrato da comunicati impeccabili, strategie social e narrazioni contrapposte – Team Kate contro Team Meghan – c’è una figura silenziosa che, a fari spenti, si muove tra le rovine della diplomazia e dei conflitti dimenticati: Sophie, Duchessa di Edimburgo.
Poco presente nelle home page dei tabloid, quasi invisibile nei rotocalchi italiani, Sophie Mountbatten-Windsor, moglie del principe Edoardo (fratello minore di re Carlo), porta avanti da anni una missione reale che assomiglia più al lavoro di una ONG che a un tour di rappresentanza.
Negli ultimi due anni, Sophie ha visitato Iraq, Ucraina, Sud Sudan e Kosovo. In ciascuno di questi luoghi, il focus è stato sempre lo stesso: la violenza sessuale come arma nei conflitti armati. Si tratta di missioni coordinate in collaborazione con le Nazioni Unite e le autorità locali. Ma non è solo una presenza cerimoniale. Partecipa a incontri riservati, ascolta le sopravvissute, si fa mediatrice tra ONG e autorità statali. Un profilo da ambasciatrice speciale, senza però i riflettori delle grandi testate.
Secondo The Independent e altre testate britanniche di secondo livello, la duchessa ha assunto un ruolo chiave nella campagna internazionale per contrastare l’impunità nei casi di violenza sistemica durante le guerre. Ma è un impegno che passa inosservato, specialmente fuori dal Regno Unito. Nessun documentario su Netflix, nessuna copertina su People, nessun monologo alla radio.
Nel frattempo, Kate Middleton è stata recentemente lodata per un breve video in cui riflette sull’importanza della natura per la salute mentale. Un contenuto delicato, ben confezionato, certo, ma che ha scatenato applausi automatici dalla stampa britannica, in un contesto mediatico che appare sempre più protettivo nei suoi confronti.
E proprio qui il confronto diventa inevitabile: quando Meghan Markle, anni fa, promuoveva messaggi simili sull’equilibrio mentale, il benessere interiore e la consapevolezza spirituale, la risposta di molti media fu al limite del sarcasmo. “Troppo americana”, “troppo egocentrica”, “new age da salotto di Los Angeles”, si diceva. Lo stesso identico messaggio, con la voce e il volto “giusto”, è diventato oggi ispirazione regale.
Ma Sophie? Nessuno sembra indignarsi per l’assenza quasi totale della sua figura nella copertura mainstream, nonostante affronti temi che le altre duchesse sfiorano solo in superficie.
Sophie non cerca i riflettori? Forse. O forse ha capito che, nel teatrino dell’ "immagine reale”, certi ruoli – quelli senza tiara, senza storytelling strappalacrime, senza appoggio di PR – sono meno vendibili. La sua figura è l’anti-star perfetta: sobria, riservata, impegnata, completamente fuori dal dibattito polarizzato tra le “due duchesse” mediatiche.
Eppure, in un mondo affamato di autenticità e concretezza, Sophie potrebbe essere proprio il volto che serve. Se solo ci fosse qualcuno disposto a guardare un po’ oltre l’algoritmo.
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