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Grande Torino, a 76 anni dalla tragedia di Superga: gli ultimi match e lo scudetto con le giovanili in campo. Chi si salvò non salendo sull'aereo

Andrea Pescari

04 Maggio 2025, 11:17

Grande Torino, a 76 anni dalla tragedia di Superga: gli ultimi match e lo scudetto con le giovanili in campo. Chi si salvò non salendo sull'aereo

La squadra del Grande Torino

Sono le ore 17.03 del 4 maggio 1949, quando l'aereo con a bordo i campioni del Grande Torino si schianta sulla Basilica di Superga. Nessun superstite delle 31 persone a bordo tra squadra, staff, equipaggio e giornalisti: è la più grande tragedia della storia dello sport italiano. Sono trascorsi 76 anni da quell'evento drammatico che non ha colpito solo il cuore della città di Torino, ma quello della nazione intera. Una squadra che era stata in grado di vincere quattro campionati di fila, dal 1943 al 1948 (due campionati - 1943/44 e 1944/45 - non furono giocati per la Seconda guerra mondiale), macinando record e fornendo l'ossatura alla Nazionale italiana (il Grande Torino riuscì a portare anche 10 giocatori contemporaneamente in campo in azzurro), valorizzando campioni come Virgilio Maroso, Guglielmo Gabetto, Mario Rigamonti, Franco Ossola, e il capitano Valentino Mazzola.

La loro storia è quella dei ragazzi degli anni ‘40, giovani uomini simbolo dell'Italia che si risollevava dopo la guerra, rimboccandosi le maniche alla ricerca di normalità. La tragedia distrugge i sogni di migliaia di ragazzini e apre le porte della leggenda ai 17 giocatori, periti con tre allenatori, tre dirigenti, tre giornalisti e quattro uomini dell'equipaggio. Superga diventa il primo lutto collettivo dell'Italia moderna, l'anno zero del calcio italiano, la pietra d'inciampo della memoria condivisa del Paese. 

Gli 11 del Grande Torino, le sue ultime vittorie e la vittoria del campionato con le giovanili in campo

La formazione-tipo degli invincibili del Grande Torino era composta da Bacigalupo; Ballarin, Maroso; Grezar, Rigamonti, Castigliano; Menti, Loik, Gabetto, Mazzola e Ossola. La squadra veniva da un ciclo di vittorie impressionante, disputò l’ultima partita della stagione 1948-1949 il 30 aprile 1949 a San Siro contro l’Inter, conclusa col risultato di 0-0. L’ultimo incontro casalingo, invece, fu la partita contro il Modena, giocata allo stadio Filadelfia il 17 aprile. Finì 3-1 per i granata, con reti di Mazzola, Menti II e Ballarin per il Torino e Cavazzuti per i modenesi. 

Il giorno dopo la partita contro i nerazzurri, i granata partirono per il Portogallo per giocare un'amichevole contro il Benfica, organizzata per aiutare il capitano della squadra lusitana Francisco Ferreira, in difficoltà economiche. La partita, disputata il 3 maggio allo Stadio nazionale di Jamor di Lisbona, si concluse 4-3 per i lusitani, con reti di Ossola, Bongiorni e Menti per il Torino, che in questa occasione giocò il suo ultimo incontro prima della tragedia. 

Al momento dell'incidente la squadra era in testa alla classifica del campionato di Serie A e aveva un vantaggio importante sulle inseguitrici. Mancavano solo quattro gare alla conclusione della stagione, che il Torino disputò facendo scendere in campo i giocatori delle giovanili. Per rispetto, anche le squadre avversarie schierarono le formazioni composte dai giovani talenti del vivaio. Il Torino vinse tutte e 4 le partite e si laureò campione d'Italia con 5 punti di vantaggio sull'Inter arrivata seconda. Era il sesto titolo, il quinto consecutivo.

Chi non salì sull'aereo e si salvò dal fatale incidente

Solo due giocatori del Torino non presero parte alla trasferta portoghese: il difensore Sauro Tomà, infortunato al menisco, e il portiere di riserva Renato Gandolfi (gli fu preferito il terzo portiere Dino Ballarin, fratello del terzino Aldo). Non prese il volo per Lisbona neanche il capitano della Primavera granata Luigi Giuliano, da poco tempo aggregato in prima squadra, a causa di un'influenza. Pur invitati, declinarono l’invito anche l'ex C.T. della Nazionale Vittorio Pozzo (il Torino preferì assegnare il posto a Cavallero), il radiocronista Nicolò Carosio (per la cresima del figlio), il calciatore Tommaso Maestrelli (invitato ad aggregarsi alla squadra per l'amichevole da Valentino Mazzola pur giocando nella Roma, non prese il volo poiché non riuscì a rinnovare in tempo il passaporto), e il presidente del Torino Ferruccio Novo, alle prese con una broncopolmonite.

Lo schianto

Il trimotore Fiat G.212, operato dalle Avio Linee Italiane e con marche I-ELCE, decollò da Lisbona alle 9:40 di mercoledì 4 maggio 1949. Il comandante del velivolo era il tenente colonnello Pierluigi MeroniDopo uno scalo intermedio all'aeroporto di Barcellona, alle 14:50 l'aereo decollò con destinazione l'aeroporto di Torino-Aeritalia. La rotta pianificata prevedeva di sorvolare le località di Cap de Creus, Tolone, Nizza, Albenga e Savona. Alle 16:55 il controllore del traffico aereo dell'aeroporto di Aeritalia comunicò ai piloti la situazione meteo: nubi quasi a contatto col suolo, rovesci di pioggia, forte libeccio con raffiche, visibilità sui 40 metri.

La torre chiese anche un riporto di posizione. Dopo qualche minuto di silenzio alle 16:59 arrivò la risposta: "Quota 2.000 metri. QDM su Pino, poi tagliamo su Superga". Si ipotizzò che a causa del forte vento al traverso sinistro l'aereo nel corso della virata potesse aver subìto una deriva verso destra, che lo spostò dal normale sentiero di discesa e lo allineò, invece che con la pista, con la collina di Superga; a seguito di recenti indagini è emersa la possibilità che l'altimetro si fosse bloccato sui 2 000 metri e quindi avesse indotto i piloti a credere di essere a tale quota, mentre erano a soli 600 metri dal suolo

Alle ore 17:03 l'aereo, eseguita la virata verso sinistra e iniziata la manovra per l'avvicinamento, si schiantò invece contro il terrapieno posteriore della basilica di Superga ad una velocità di 180 km/h. Analizzando il relitto e la disposizione dei rottami non furono riscontrati tentativi di riattaccata o virata. L'unica parte del velivolo rimasta parzialmente intatta fu l'impennaggio.

I resti dell'aereo, tra cui un'elica, uno pneumatico e pezzi sparsi della fusoliera, ma anche le valigie di Mazzola, Maroso ed Erbstein, sono conservati nel Museo del Grande Torino e della leggenda granata, ospitato nella prestigiosa Villa Claretta Assandri di Grugliasco, inaugurato il 4 maggio 2008 nel 59esimo anniversario della tragedia. 

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