PERUGIA
“Si è rovinato la vita e ne ha tolta una”. Sono passate da qualche minuto le 14 del 18 ottobre scorso quando un’amica di Yassin Amri - in carcere con l’accusa di avere ucciso Hekuran Cumani - in un gruppo Whatsapp chiamato “TT le girlz” spiega alle tante altre che chiedono cosa sia accaduto a “Yass” e le invita ad aprire i siti di informazioni “e basta”. Sono passate nemmeno dieci ore dall’omicidio di Hekuran. La polizia sta già interrogando i presenti, ma ancora non è stato eseguito alcun provvedimento nei confronti di Yassin, che arriverà nei giorni successivi. Eppure le ragazze, che si preoccupano per il loro amico, “me viene da piange non ce posso pensà”, sanno già tutto.
E in quel messaggio, l’unico in cui non si invitano tra loro a “parlarne di persona” o “chiamare qualcuno a Ponte San Giovanni”, la frase è molto chiara. “Ha tolto una vita” scrive la ragazza che alle richieste insistenti delle altre precisa, “amò c’è poco da parlà, Yass non c’è e non ci sarà per un bel po’, ha combinato un bel casino”. Nel commentare quanto successo, senza mai usare altre parole esplicite, le ragazze, che nella chat hanno trovato un audio destinato ad autodistruggersi inviato da Yassin, danno esplicitamente la colpa al Mohamed Abid, detto Simo, finito anche lui in carcere con le accuse di minacce aggravate e porto abusivo di oggetti atti a offendere. “Simo di mxxx - scrivono - se lo vedo.. sempre con lui sono i guai”. E poi, poco dopo, la chat si chiude con una di loro che avverte: “So venuti a casa a piallo, stanno in questura adesso”.
La chat, molto importante ai fini della ricostruzione di quanto accaduto a ridosso dell’omicidio del 23enne originario di Fabriano, è stata recuperata dagli esperti della polizia postale di Perugia dal cellulare Iphone di Yassin Amri, ripescato dal fiume Tevere dai sommozzatori ingaggiati dalla pm titolare del fascicolo, Gemma Miliani, che aveva disposto ricerche a tappeto per recuperare il telefono che lui stesso aveva detto di avere buttato nel fiume, poche ore dopo l’omicidio, non prima però di avere cambiato il suo nome su Instagram.
Ed è sempre dentro il suo cellulare che gli esperti della postale hanno ripescato, nonostante Amri avesse cancellato intere chat e tantissimi fotografie, diversi file interessanti ai fini investigativi. Come ad esempio il video, girato la notte prima dell’omicidio di Hekuran, nel quale Amri brandisce un coltello e proferisce delle minacce. Secondo quanto emerso dagli accertamenti eseguiti dalla squadra mobile, quel video è stato girato pochi minuti prima che Amri e Abid, insieme alla fidanzata di quest’ultimo, arrivassero all’ospedale di Perugia, dove si erano diretti per una specie di regolamento dei conti con alcuni ragazzi che poche ore prima avevano avuto una rissa con alcuni membri del loro gruppo. Una volta lì, secondo quanto raccontato da chi era presente, i due giovani - entrambi in cella, a cui nelle ultime ore la procura ha fatto recapitare un nuovo avviso di garanzia proprio per questi fatti - li avevano minacciati di morte, mostrando loro i coltelli.
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