CRONACA
C’è "piena concordanza" tra l’aplotipo Y rilevato nel 2007 su due unghie di Chiara Poggi e la linea paterna del profilo biologico di Andrea Sempio, indagato per l’omicidio di Chiara Poggi. È quanto riportano oggi Repubblica, Corriere della Sera e Messaggero, in merito all’esito della perizia della genetista Denise Albani e che sarà depositata a inizio dicembre in vista dell’udienza in programma il 18 dicembre a Pavia.
In Italia, la prova del DNA è stata usata ufficialmente per la prima volta nel 1987, nel caso dell'omicidio di Lidia Macchi. Poiché l'Italia era ancora priva di tale tecnologia, i campioni furono inviati a un laboratorio inglese per l'analisi. Da allora, l'analisi del DNA è diventata uno strumento investigativo fondamentale, evolvendosi continuamente con tecniche più sensibili, come l'uso della PCR (reazione a catena della polimerasi), che ha permesso di analizzare quantità minime di materiale biologico.
Un precedente fondamentale dal quale la prova genetica ha iniziato a essere accettata come elemento scientifico nei processi penali italiani, antecedente alla regolamentazione formale nel codice di procedura penale e alle successive leggi specifiche come la legge 85/2009 che ha istituito la Banca Dati Nazionale del DNA. La prova del DNA ha poi guadagnato un importante riconoscimento giuridico, con la Corte di Cassazione che la considera una prova piena e affidabile per l'accertamento della responsabilità penale, superando la mera valenza indiziaria, basandosi su evidenze statistiche significative.
È morta per “asfissia” dopo “una lunga agonia” in una fredda notte di gennaio. L'omicidio di Lidia Macchi, la studentessa di 20 anni uccisa in un bosco di Cittiglio, nel Varesotto, è un cold case che - dopo 38 anni - non è ancora stato risolto. Nonostante gli investigatori abbiano utilizzato, per la prima volta in Italia, la prova del DNA, le indagini finora non avevano portato a nulla. Per di più, molte prove, tra cui i vestiti della ragazza e alcuni campioni prelevati sul suo corpo, a quasi tre decenni di distanza, sono state distrutte.
L'unica traccia per trovare il suo assassino, per anni, è stata solo una lettera scritta a mano recapitata a mano il giorno del funerale della giovane, il 10 gennaio, a casa dei genitori. Il testo era una inquietante poesia dal titolo In morte di un'amica, che riportava dettagli che potevano essere noti solamente al suo assassino. Proprio da un confronto della grafia con cui era stata tracciata la lettera e di una cartolina inviata da Stefano Binda, 58 anni, ad un'amica, era stato possibile individuare nell'ex compagno di scuola di Lidia il possibile assassino.
A riaprire le indagini a distanza di anni era stata il sostituto Pg di Milano Carmen Manfredda. In primo grado, il 24 aprile 2018 la Corte d'Assise di Varese ha condannato Binda all'ergastolo. Sentenza poi ribaltata in appello l'anno successivo dalla Corte d'Assise d'Appello di Milano che ha assolto l'uomo, così come la Cassazione.
L'analisi del DNA nel laboratorio inglese nel 1987 venne effettuata mediante la tecnica del "DNA fingerprinting" (impronta genetica), scoperta dal genetista inglese Alec Jeffreys a metà degli anni ’80. Questo metodo si basa sull'individuazione di sequenze altamente ripetute e variabili di DNA non codificante, che differiscono da individuo a individuo. Il procedimento prevedeva:
- L'estrazione del DNA da campioni biologici raccolti sulla scena del crimine.
- La separazione dei frammenti di DNA tramite elettroforesi su gel, che permette di ordinare i frammenti in base alla dimensione formando un pattern unico per ogni individuo.
- Il trasferimento dei frammenti separati su filtri di nitrocellulosa.
- L'ibridazione con sonde marcate, che permettevano di visualizzare le bande di DNA tramite autoradiografia, creando una sorta di "codice a barre" genetico unico come impronta digitale.
Questa tecnica, detta Southern Blotting, fu rivoluzionaria e permise di identificare con alta certezza i sospetti coinvolti nel processo per l’omicidio di Lidia Macchi, il primo caso in cui venne utilizzato il DNA in Italia.
I calcoli biostatistici sulla possibilità di corrispondenza fra le tracce genetiche sulle unghie di Chiara Poggi e il profilo Y di Andrea Sempio sono stati effettuati su una banca dati di oltre 39.150 aplotipi nella popolazione dell’Europa occidentale. È quanto apprende LaPresse sulle tabelle inviate dalla perita dell’incidente probatorio, Denise Albani, ai consulenti della difesa del 37enne, Marina Baldi e Armando Palmegiani, della Procura di Pavia, Carlo Previdere e Pierangela Grignani, della famiglia Poggi, Marzio Capra, e al genetista della difesa Stasi, Ugo Ricci.
Per calcolare la maggiore probabilità di origine del profilo che identifica una linea paterna maschiale, parziale e mista, trovato sul quinto dito della mano destra e sul primo della mano sinistra della 26enne uccisa a Garlasco il 13 agosto 2007, la perita ha utilizzato il database di riferimento per la ricerca degli aplotipi in ambito forense denominato YHRD (Y-STR Haplotype Reference Database), che è il più completo archivio esistente.
A livello mondiale contiene 349.750 profili mentre il database nazionale Italia è composto da soli 5.638 profili, un numero ritenuto troppo basso per effettuare l’indagine statistica. La perita della polizia scientifica ha effettuato il calcolo di probabilità sul database denominato Western European Metapopulation, composto da 39.150 profili provenienti da cittadini dell’Europa occidentale. Con questo sistema è stato ritenuto più probabile che le tracce sulle unghie di Chiara Poggi siano state generate da Sempio e da un secondo soggetto di sesso maschile sconosciuto, e non da altri due soggetti ignoti senza legami o correlazioni con Sempio.
L'aplotipo Y è la combinazione di varianti genetiche (alleli) presenti sulla regione non ricombinante del cromosoma Y, che è presente in unica copia nei maschi e viene ereditato in modo uniparentale dal padre al figlio senza ricombinazione. Questo significa che l'aplotipo Y si trasmette praticamente intatto da una generazione all'altra, salvo rare mutazioni, rappresentando una "firma genetica" paterna. Gli aplotipi Y sono utilizzati per tracciare l'ascendenza maschile e studiare le migrazioni umane, poiché le varianti specifiche permettono di collocare un individuo in determinate linee genealogiche e geografiche.
L'aplotipo Y ha un uso forense importante per risalire alla linea paterna, poiché il cromosoma Y è trasmesso praticamente intatto dal padre ai figli maschi. L'analisi dell'aplotipo Y permette di stabilire connessioni genetiche tra individui maschi appartenenti alla stessa linea paterna, utile in casi di identificazione personale o ricostruzione di rapporti familiari quando manca la madre o altre fonti genetiche. Nella pratica forense, l'aplotipo Y consente di associare tracce biologiche a un gruppo familiare di maschi piuttosto che a un singolo individuo, grazie alla condivisione dell'aplotipo lungo la linea paterna. Ad esempio, nel caso dell'omicidio di Chiara Poggi a Garlasco, la perizia sul DNA ha confermato la piena compatibilità tra l'aplotipo Y trovato sulla vittima e la linea paterna dell'indagato Andrea Sempio, rappresentando un elemento cruciale pur riconoscendo che la prova identifica un contesto familiare e non un individuo specifico.
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