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Violenza contro le donne

La pm Patrizia Mattei: "A Perugia i reati legati al codice rosso sono in aumento"

"Per arginare il fenomeno la procura ha intensificato le richieste di misure cautelari"

Francesca Marruco

25 Novembre 2025, 07:25

La pm Patrizia Mattei: "A Perugia i reati legati al codice rosso sono in aumento"

La sostituta procuratrice Patrizia Mattei

E' tra coloro che si occupano ogni giorno di interventi a tutela delle donne vittime di violenza da parte degli uomini. Inserita nel pool dei reati contro le fasce deboli, la sostituta procuratrice Patrizia Mattei combatte quotidianamente contro un fenomeno che, numeri alla mano, in Umbria non accenna a diminuire.

- Dottoressa lei si occupa in maniera specifica di violenza di genere, com'è l'andamento dei codici rossi nel nostro distretto?

E' tra coloro che si occupano ogni giorno di interventi a tutela delle donne vittime di violenza da parte degli uomini. Inserita nel pool dei reati contro le fasce deboli, la sostituta procuratrice Patrizia Mattei combatte quotidianamente contro un fenomeno che, numeri alla mano, in Umbria non accenna a diminuire. I reati di codice rosso nel distretto sono certamente numerosi. Posso parlare in particolare per l’ufficio della Procura di Perugia dove svolgo le funzioni di sostituta procuratrice. La fonte dalla quale traggo questa indicazione sono le statistiche per il periodo 1.7.2024 - 30.6.2025, contenute nella relazione del Procuratore dott. Cantone per l’inaugurazione dell’anno giudiziario. I procedimenti per violenza di genere e domestica sopravvenuti nel 2025 sono in aumento rispetto all’anno precedente: 231 iscrizioni riguardano il reato di maltrattamenti in famiglia (172 nell’anno precedente); 136 sono i procedimenti per atti persecutori o stalking (166 nell’anno precedente); 69 procedimenti riguardano i reati di violenza sessuale (70 nell’anno precedente). I procedimenti per lesioni aggravate in ambito familiare sono aumentati del 20% rispetto all’anno precedente, salendo da 146 a 185. Sono significative anche le iscrizioni per il delitto di revenge porn, spesso connesse all’uso del tutto improprio dei social da parte di giovani e adulti. A fronte di tali numeri, l’ufficio ha intensificato la richiesta di misure cautelari personali non custodiali, nella maggior parte efficaci, come allontanamenti dalla casa familiare, divieto di avvicinamento, con l’applicazione del dispositivo di controllo elettronico, al fine di prevenire efficacemente escalation di violenza.

 

- La gestione del codice rosso, con l'azione più rapida richiesta alla magistratura, apporta dei benefici? Quali?

Credo di si. L’obiettivo principale delle riforme introdotte dapprima con la Lg 69/2019 e poi con la Lg. 168/2023 è la tutela effettiva della vittima del reato. Questa tutela viene garantita anzitutto attraverso una pronta e immediata presenza dell’autorità giudiziaria - direttamente o attraverso le forze di polizia - rispetto alla situazione rappresentata dalla parte istante. Questa viene nella maggior parte dei casi ricontattata nel termine di tre giorni dall’iscrizione del procedimento, sia per la concreta valutazione del rischio da lei segnalato, sia per l’integrazione di specifici profili investigativi. Tali profili vanno contemperati con la necessità di evitare la vittimizzazione secondaria, connessa alla rivisitazione procedimentale della condizione di sofferenza denunciata. Altro aspetto fondamentale dei procedimenti per i reati da codice rosso è l’esigenza di celerità, sia nella valutazione della situazione concreta che, in relazione all’analisi della sussistenza dei presupposti per la richiesta al giudice di un’eventuale misura cautelare. La misura, in linea generale, ove concessa, assicura la protezione della vittima per la durata del procedimento.

 - A volte è difficile sostenere accuse che si basano solo sulle dichiarazioni di una vittima? In che modo le indagini sulla violenza di genere sono diverse dalle altre? 

C’è un principio stabilito dalla giurisprudenza di legittimità secondo il quale le dichiarazioni della persona offesa, vittima di reati di violenza domestica o di violenza sessuale, possano essere assunte, anche da sole, a fondamento della responsabilità, non necessitando di riscontri esterni. Ciò richiede tuttavia una fondamentale verifica della credibilità soggettiva del/della dichiarante e dell'attendibilità propria del suo racconto, che deve essere più rigoroso rispetto a quello delle dichiarazioni di qualsiasi altro testimone. Ecco, le indagini in materia di violenza di genere sono molto delicate e complesse, poiché oltre alla celerità nella raccolta delle informazioni, richiedono una profonda comprensione delle situazioni umane, uno sforzo di ricostruzione del ciclo della violenza e un approccio multidisciplinare al caso concreto, necessitando non di rado un confronto stringente con altre autorità, come il giudice civile che si occupa della separazione o del divorzio e il giudice minorile che si occupa della tutela dei minori. Solo la comprensione piena, attraverso le indagini, della situazione concreta e della personalità dei soggetti coinvolti consente di acquisire un compendio probatorio forte in grado di resistere al vaglio giudiziale.

 - Cosa pensa della riforma sul consenso?

Sono curiosa di analizzare le ricadute procedimentali e processuali della disposizione in corso di esame e di approvazione. Ne comprendo assolutamente la portata innovativa e anche positiva per la tutela delle vittime del reato, mi interrogo tuttavia su due profili: il primo è la possibile disparità di trattamento sanzionatorio, essendo prevista per la nuova disposizione, la stessa forbice sanzionatoria prevista per le condotte di violenza sessuale commesse con violenza, minaccia, con abuso di autorità o con abuso delle condizioni di inferiorità della vittima, nonostante tali ultimi contegni presentino a mio modo di vedere profili di maggiore gravità e allarme; il secondo aspetto, riguarda la complessità dell’acquisizione del compendio probatorio a sostegno dell’ “assenza di consenso libero e attuale” nei casi connessi all’assunzione di sostanze alcoliche o stupefacenti da parte dei soggetti coinvolti. Non dimentichiamoci che è dovere della pubblica accusa anche ricercare elementi in favore dell’indagato/imputato. Ne consegue che ci sono profili interessanti e tutti da approfondire.

- Secondo lei esiste un problema legato ai braccialetti elettronici?

C’è un problema nella misura in cui non si comprende che il braccialetto elettronico non costituisce la misura cautelare in sé, ma è un “dispositivo di controllo” di misure cautelari non custodiali, che deve essere utilizzato correttamente dai soggetti coinvolti nella vicenda, indagato/imputato sottoposto alla misura e vittima. Nella maggior parte dei casi, ove il dispositivo viene applicato a soggetti che vivono e gravitano in luoghi e ambienti sufficientemente distanti, questo funziona efficacemente e in molti casi – dei quali ho avuto conoscenza diretta - è riuscito a prevenire contegni violenti o persecutori in continuazione con quelli precedenti. Mi preoccupa però che, nonostante l’ampio uso dello strumento, si assista ad impieghi diretti ad aggirarne l’efficacia (es. utilizzo non corretto del VTU, ossia del track in dotazione alla vittima) o ad altri in violazione di legge (es. danneggiamento del dispositivo), che a sua volta possono integrare reati e che mettono in pericolo l’incolumità della vittima. Un altro aspetto che mi preoccupa sono le tempistiche di installazione dei dispositivi, non immediate, seppur migliorate rispetto al passato.

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