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Cronaca

Delitto Cumani, Amri alla sorella: "Hai buttato tu il coltello lì?"

Depositate al Riesame le nuove intercettazioni dopo l'arresto. Il 21enne in aula ha dichiarato la sua innocenza e chiede di essere scarcerato

Francesca Marruco

19 Novembre 2025, 10:18

Delitto Cumani, Amri alla sorella: "Hai buttato tu il coltello lì?"

Yassin Amri con un agente della polizia penitenziaria

“Ma il coltello ce l’hai messo tu lì?” dice in arabo alla sorella durante la telefonata dal carcere. E lei gli risponde: “Yassine ma che hai? Sei impazzito a parlare in questo modo al telefono?”. È il 10 novembre scorso, Amri chiama a casa e parla del ritrovamento “del telefono e del coltello” (detto “sakkina” in dialetto tunisino), “me lo ha detto l’avvocato” dice il ragazzo in cella con l’accusa di avere ucciso Hekuran Cumani. La donna lo invita ad aspettare, “ne parliamo giovedì”, lui insiste due volte nel chiedere “l’hai messo tu lì?”, ma lei non risponde nel merito e anzi gli dice “Simo (Mohamed Abid, ndr) ha detto che tu quella sera non avevi un coltello”. Nel corso della chiamata poi Yassin conferma che il telefono è suo ma il coltello no. Perché però chiedere alla sorella se è stata lei a buttare il coltello? Quale coltello se, come ha dichiarato lui durante l’interrogatorio, non c’era nessun coltello da far sparire? Quella lama, un coltello a serramanico di 8 centimetri - per gli inquirenti compatibile con la ferita letale inferta ad Hekuran della stessa lunghezza- non è stata ancora analizzata dalle esperte genetiste che hanno passato invece sotto la lente alcuni altri reperti sequestrati, primo tra tutti il coltello da cucina, rinvenuto nell’automobile della fidanzata del 18enne Mohamed Abid, sul quale è stata rinvenuta una minuscola traccia del sangue di Hekuran. Per l’accusa sarebbe la prova che Amri - come descritto da almeno quattro ragazzi presenti - aveva in mano due coltelli: il suo, usato per uccidere e quello di Abid su cui è caduta quella goccia di sangue.


In sede di interrogatorio, Amri aveva negato di essere aduso all’utilizzo dei coltelli, ma - secondo quanto emerge dagli atti dell’inchiesta - nel suo Iphone ci sono diverse fotografie in cui lui ha dei coltelli e una mazza. Ce n’è una - un selfie in ascensore - in cui ha un coltellaccio da cucina infilato nei jeans. Sempre all’interno del suo telefono cellulare - già preliminarmente analizzato dagli esperti della polizia postale - sono stati trovati quelli che, per gli inquirenti, sono altri indizi importanti con riferimento all’esistenza di un messaggio di natura confessoria. In precedenza, un amico di Yassin - intercettato nell’auto di un componente del gruppo di Ponte San Giovanni - aveva parlato dell’esistenza di un vocale inviato dallo stesso Yassin a un altro conoscente in cui avrebbe detto di aver accoltellato la vittima. Interrogato dalla polizia, quel conoscente ha negato di averlo mai ricevuto e quando gli agenti gli hanno contestato la cancellazione della chat, lui l’aveva ricondotta alla necessità di eliminare le frasi in cui si parlava di ragazze. Adesso nel cellulare di Amri gli esperti hanno trovato la prova della cancellazione proprio di un messaggio audio, inviato la mattina dopo l’omicidio. Ma cosa conteneva? Per la procura era certamente compromettente, come tutto ciò che è stato cancellato o fatto sparire in questa storia da parte dell’arrestato. Arrestato che, annota la pm titolare dell’inchiesta, Gemma Miliani, nella memoria depositata ieri al Riesame, “viene dato per colpevole”. “Nessuno ha dubbi sulla sua colpevolezza, né gli amici, né i familiari che anzi si chiedono come abbia fatto tutto da solo”.


C’è agli atti, l’intercettazione di una conversazione tra la sorella e la mamma di Amri. Quest’ultima dichiara di non credere che “Yassin ha fatto tutto da solo” con la sorella che risponde: “Vuol dire che è diventato Jackie Chan e non lo sapevamo”. Anche questo passaggio è stato uno degli argomenti su cui, ieri mattina, nel corso dell’udienza dinanzi al tribunale del Riesame accusa e difesa si sono date battaglia. La pm Miliani, ha sottolineato come la cancellazione dei messaggi da entrambi i telefoni sia un elemento importante, così come lo è, ad esempio, quella conversazione dell’arrestato con la sorella o questa tra i familiari che sembrano dare per scontata la sua colpevolezza e lo sono le contraddizioni e le ritenute bugie del giovane in cella. Giovane che, ieri mattina, ha scelto di presenziare alla lunga udienza che si è tenuta davanti al collegio composto dai giudici Lidia Brutti, Piercarlo Frabotta ed Emma Avella e ha ribadito la sua estraneità ai fatti che gli vengono contestati. Così come ha fatto lungamente, anche in una memoria scritta, l’avvocato Vincenzo Bochicchio che, sollecitando la scarcerazione del suo giovane assistito, ha messo in luce “le contraddizioni delle testimonianze dei ragazzi presenti”. “Gli esami sui reperti - aggiunge - cozzano con l’ipotesi investigativa e a quegli elementi va data una spiegazione, non possiamo far finta che non ci siano. Secondo me non ci sono gravi indizi di colpevolezza che giustifichino la sua detenzione in carcere”. I giudici si sono riservati una decisione che dovrebbe arrivare entro venerdì.

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