Perugia
Due assoluzioni nel merito e due prescrizioni. Finisce così, come ampiamente previsto anche dalle richieste unanimi di procura e difese il processo scaturito dal finanziamento da 6 milioni a Umbria Mobilità nel 2016. Nello specifico, l'ex dirigente regionale e all'epoca presidente di Umbria Mobilità, Lucio Caporizzi è stato assolto per non aver commesso il fatto, così come l'ex amministratore delegato di Busitalia, Renato Mazzoncini. Dichiarata invece la prescrizione per l'ex amministratore delegato di Umbria Mobilità, Franco Viola e per una dipendente della società. Come le difese - avvocati Luca Gentili, Francesco Falcinelli, Alessandro Ricci, Maria Mezzasoma - anche la pm, Laura Reale aveva chiesto le assoluzioni. La sostituta procuratrice aveva invece chiesto la condanna al pagamento di 150 mila euro per la società Umbria mobilità, mentre il giudice ha assolto la società anche dall'illecito che deriva dalla responsabilità amministrativa del reato. Al centro dell'inchiesta c'era l'ipotesi accusatoria che, per avere un finanziamento da sei milioni, fossero stati alterati i dati da inviare Osservatorio nazionale sulle politiche del trasporto pubblico e proprio quei soldi all'epoca vennero sequestrati e tolti dalla disponibilità della Regione.
L'avvocato Gentili, all'esito della sentenza, dichiara: “Sono sempre stato convinto della estraneità del dottor Caporizzi rispetto a questa accusa ed ora ha avuto pieno riconoscimento anche da parte del tribunale”. Anche lo stesso Caporizzi, dichiara: “Dopo un lungo quanto incomprensibile iter giudiziario, sono stato assolto con formula piena (“per non aver commesso il fatto”) anche nel processo penale avviato quando ero presidente di Umbria Mobilità, dopo quello contabile. La Regione Umbria rientrerà in possesso di circa 6 milioni di Fondo trasporti sequestrati all'epoca. Esprimendo soddisfazione, intendo svolgere alcune osservazioni: sarebbe bastato leggere con un po' di attenzione tre righe di una legge regionale e tre pagine di una delibera regionale per chiudere molto prima una vicenda che non sarebbe dovuta mai iniziare. Questa sorta di persecuzione giudiziaria è avvenuta ai danni di chi, senza alcun compenso, si era fatto carico di rimediare ad una situazione che metteva in pericolo un fondamentale servizio pubblico, oltre al posto di lavoro di circa 1.300 persone.
La Regione Umbria - dichiara ancora Caporizzi - colpita dal sequestro, ha avuto una condotta difensiva incomprensibile, prima, rifiutandosi, in giudizio, di dare l'interpretazione autentica di una propria delibera e illogica, poi, richiedendo i suddetti 6 milioni proprio a coloro che venivano accusati di averglieli fatti ingiustamente avere. Una dimostrazione di incompetenza giuridica imbarazzante. Chissà se qualcuno avrà la sensibilità di chiedere scusa”.
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