Cronaca
Ottantotto anni e quattro mesi di reclusione più qualche giorno e qualche decina di migliaia di euro di multa. E’ questa la sentenza - al termine del processo con rito abbreviato - emessa per 10 persone accusate di associazione a delinquere e traffico internazionale di stupefacenti in un’inchiesta in cui la Procura di Perugia aveva scoperto una saldatura tra nigeriani e casalesi. Era l’aprile del 2024 quando i carabinieri di Perugia, dopo mesi di indagine, avevano dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 24 persone. Altri sei imputati hanno patteggiato pene in continuazione con precedenti condanne per gli stessi reati, diventate definitive, mentre per altri 4 è stato disposto il rinvio a giudizio.
Dalle indagini era emerso che dall’Olanda arrivavano fiumi di eroina che veniva spesso smistata anche in un appartamento del quartiere di Monteluce all’interno del quale, l’organizzazione, aveva anche piazzato un chimico. Secondo quanto ricostruito dalle indagini, il gruppo di trafficanti nigeriani con base operativa a Perugia era “inserito in una compagine più ampia, essendosi associati a fornitori esteri, per lo più collocati in Olanda, nonché ad importatori italiani legati al clan dei Casalesi, il cui anello di congiunzione è il nigeriano Bigjoe Nwaebi”, scriveva il gip nell’ordinanza. E proprio nei suoi confronti, lunedì pomeriggio, il gip di Perugia, Simona Di Maria, ha emesso la pena più severa a 20 anni di reclusione. Per gli altri condannati - assistiti tra gli altri dagli avvocati, Daniela Paccoi, Guido Rondoni, Donatella Panzarola, Vincenzo Bochicchio - le pene vanno dai 4 anni inflitti a Okoh Goodlucky ai 15 anni di reclusione per Giuseppe Simenone. In mezzo pene a 11 anni per Odigie Friday Evans e Onourese Meshack, a 6 anni per Emiliano Amata e 7 per Kemenuwa Chioma Emmanuel.
Secondo quanto emerso dalle indagini, i corrieri portavano fino a Monteluce la droga dall’Olanda: per eludere eventuali accertamenti da parte delle forze dell’ordine, nel tempo si erano specializzati in particolari tecniche di occultamento dello stupefacente. Lo nascondevano in fusti di detersivo, dentro confezioni sigillate di succhi di frutta. Addirittura negli pneumatici delle auto, nelle ruote di scorta. E ancora: in mezzo ai generi alimentari nella spesa fatta al supermercato. Poche volte veniva infilata nelle tasche di pantaloni e giacchetti. Troppo pericoloso in caso di controlli personali. Più volte è stato accertato il ricorso ai cosiddetti corrieri ovulatori. Per i rinviati a giudizio il processo inizierà il 17 dicembre.
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