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Una decina di casi di scabbia sono stati riscontrati nelle carceri umbre, tra Perugia e Terni. Isolamenti e cure in corso. “Situazione sotto controllo - fa sapere il garante dei detenuti, Giuseppe Caforio -, ma il sistema sanitario delle carceri è al limite: servono più risorse e personale stabile”.
Un focolaio di scabbia si è registrato nelle ultime settimane nelle carceri umbre, in particolare negli istituti di Perugia e Terni. A confermarlo è l’avvocato Giuseppe Caforio, garante regionale dei detenuti, che parla di una “aggravamento del fenomeno”, comunque “contenuto e monitorato”. “Parliamo di un problema reale, ma non di una questione di vita o di morte – spiega Caforio –. Al momento i casi accertati sono una decina, ma la scabbia è altamente contagiosa e, in un contesto di sovraffollamento come quello attuale, la preoccupazione è comprensibile”.
Secondo il garante, il primo caso sarebbe stato introdotto “da un detenuto arrivato da fuori, già portatore della patologia”. Da lì, il contagio si sarebbe diffuso rapidamente, complice la promiscuità e le difficoltà nel riconoscere tempestivamente i sintomi. “Non tutti i detenuti segnalano subito i disturbi, come il prurito o le escoriazioni – racconta –. Quando in una cella vivono quattro, sei, a volte otto persone, il rischio di propagazione è evidente”. Le direzioni degli istituti, tuttavia, hanno reagito in modo coordinato. “A Terni si è riusciti a contenere la situazione dopo i primi casi – precisa Caforio –. Chi è stato individuato come positivo è stato isolato e sottoposto a terapia. Si tratta di cure essenziali, non invasive, accompagnate da un innalzamento dei livelli di igiene. A Perugia, invece, il fenomeno ha assunto una dimensione leggermente più ampia, e ho ricevuto diverse chiamate da familiari preoccupati, soprattutto per quei detenuti con patologie pregresse”.
Segnalazioni, relative al carcere di Capanne, sono arrivate anche alla redazione del Corriere dell’Umbria, in cui si parla di persone “abbandonate nelle celle senza essere curate”. Il garante parla di individuazione difficile “perché - spiega - quando ci sono 400, 500, 600 detenuti, come a Terni, non puoi effettuare una diagnosi immediata a tutti se non ti segnalano la sintomatologia, che, come dicevamo, si manifesta con pruriti”.
Sanità carceraria in affanno
Caforio sottolinea però come l’episodio si inserisca in un quadro di crisi strutturale della sanità penitenziaria. “La scabbia è solo una delle tante emergenze in un sistema già fragile. La sanità carceraria soffre da tempo: è tarata per numeri molto inferiori a quelli reali e, come negli ospedali ordinari, si fa fatica a trovare medici e infermieri disposti a lavorare negli istituti di pena. Il turnover è altissimo e la continuità assistenziale è compromessa. Molti detenuti si trovano di fronte un medico diverso a ogni visita, e questo non aiuta”.
Da tempo il garante chiede un intervento istituzionale più deciso. “Ho segnalato anche alla presidente Proietti la necessità di discutere, in sede di Conferenza Stato-Regioni, la creazione di un fondo incentivante per il personale sanitario che opera nelle carceri. Servono risorse e motivazioni per chi lavora in condizioni tanto difficili”. Il monitoraggio, intanto, continua. “Seguo la situazione da vicino – conclude Caforio –. Il problema c’è, ma è sotto controllo. Le autorità carcerarie stanno intervenendo con tempestività e responsabilità. L’importante è mantenere alta l’attenzione, perché la scabbia, come abbiamo visto, può diffondersi rapidamente in ambienti già provati come i nostri istituti penitenziari”.
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