Cronaca
Come ampiamente previsto, già dall’udienza preliminare, la montagna partorisce il topolino nel processo scaturito dalla maxi inchiesta Spazzatura d’oro connection che nel 2016 aveva portato all’arresto dell’allora direttore tecnico di Gesenu, Giuseppe Sassaroli, all’emissione di avvisi di garanzia per 14 persone e al sequestro di 27 milioni tra beni mobili e immobili. Degli circa 30 capi di imputazione con cui gli imputati sono andati a processo, la stragrande maggioranza sono andati in prescrizione, ivi compresa l’accusa di associazione a delinquere per cui ieri, al termine della requisitoria, il sostituto procuratore, Massimo Casucci, ha chiesto il non luogo a procedere. Sollecitata l’assoluzione per altri sei capi di imputazione e per i restanti 6 sono state chieste condanne per un totale di 13 anni e quattro mesi di reclusione.
In via istruttoria Casucci - che ha ereditato l’inchiesta in fase processuale - in aula ieri ha anche chiesto la revoca della dichiarazione di inutilizzabilità delle testimonianze ed assunzione dei testimoni che si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Nella lunga memoria depositata dal pm, l’accusa sostiene che “l’esito delle indagini – per come confermate nel corso dell’istruttoria dibattimentale – ha consentito di comprovare l’esistenza di una associazione a delinquere volta alla commissione di una serie indeterminata di reati e basata sull’organizzazione aziendale delle società del gruppo Gesenu”. E dunque, “pur dichiarandone la prescrizione” è “esclusa alla radice la possibilità di una assoluzione nel merito”.
In particolare, il pubblico ministero ha chiesto la condanna a tre anni per Giuseppe Sassaroli, che descrive in questi termini: “Ha ricoperto ruoli di assoluto spicco nell’ambito del gruppo, era il decisore finale in tutto, ed era informato di tutto, oltre ad essere un esperto tecnico del settore dotato di significative competenze, per l’esperienza maturata, dunque non possono esserci dubbi sulla sua consapevolezza dei fatti e delle condotte accertate; aveva sia ruoli formali che sostanziali per come contestati nel capo A (associazione a delinquere, ndr). Il contegno desumibile dalle intercettazioni, oltre che le espressioni utilizzate e le disposizioni date, confermano il suo ruolo di vertice unico dal punto di vista decisionale e dunque del traffico illecito acclarato”. Per Roberto Damiano, il pm ha chiesto un anno otto mesi: “Dalle intercettazioni emerge un quadro di piena consapevolezza delle condotte integranti il traffico illecito - scrive Casucci - e se da una parte ricorrono elementi per sostenere che abbia tenuto ad informare il Sassaroli di alcune criticità, dall’altra risulta in molteplici occasioni compiaciuto nel fornire allo stesso Sassaroli (suo terminale di riferimento diretto sia informativo che dispositivo) soluzioni illecite o nel proporre modalità di occultamento degli illeciti commessi. Da ciò non può che desumersi un ruolo attivo e pienamente consapevole rispetto al traffico illecito contestato”. Un anno e otto mesi anche per Silvo Marano, per il pm “dalle conversazioni – pur prendendo atto delle spiegazioni fornite nel corso dell’esame, che tuttavia non appaiono convincenti – emerge un ruolo attivo e consapevole nelle alterazioni utili a nascondere il grave quadro illecito che caratterizzava diverse fasi e processi dell’impianto di Pietramelina”.
Stessa richiesta di condanna anche per Luciano Sisani, che per il pm aveva “piena consapevolezza dell’illecita gestione della FOU nell’impianto di compostaggio di Pietramelina (nell’intercettazione diceva la gente differenzia bene poi la roba viene mischiata e finisca tutta in discarica) alla falsificazione dei FIR, comprovata dal raffronto tra formulari e videoriprese, che attestano sistematica divergenza tra destinazione formale dei carichi e destinazione di fatto”. Un anno e otto mesi chiesti anche per Luca Rotondi, mentre per Borislav Vujovic, all’epoca dirigente della Provincia, che per l’accusa “ha giocato un ruolo determinante”, la pena richiesta è di un anno e due mesi. Un anno e sei mesi sollecitati per Furio Baldini, mentre un anno è stato chiesto per Ferdinando Baldini. I fatti contestati facevano riferimento al periodo dal 2008 fino all'ottobre 2015 e le accuse riguardano illeciti di varia natura nel trattamento di rifiuti speciali e non a Ponte Rio, Pietramelina, Borgogiglione.
Coinvolto anche l'impianto dei fratelli Baldini e i siti utilizzati direttamente o indirettamente da Gesenu. Ieri, oltre alla requisitoria del pm Casucci, hanno anche discusso i due legali di parte civile, Valeria Passeri e Canafoglia per il Comune di Assisi. A chiedere i danni si erano costituiti in 32. Gli indagati e le società sono difesi, tra gli altri, dagli avvocati David Brunelli, Chiara Peparello, Franco Libori, Anna D'Alessandro, Nicola Di Mario, Francesco Falcinelli, Giancarlo Viti, Gabriele Caforio, Giuseppe Caforio.
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