CRONACA
Manuela Murgia
Il caso di Manuela Murgia è stato riaperto lo scorso marzo, dopo 30 anni dalla morte. Aveva 16 anni quando è stata ritrovata il 5 febbraio 1995 nel canyon di Tuvixeddu a Cagliari. La vicenda fu archiviata come suicidio ma ora la procura indaga per omicidio: le ferite sul corpo della giovane non sarebbero infatti compatibili con una caduta dall'alto, ma piuttosto con un investimento da parte di un'auto, seguito dall'occultamento del cadavere nel canyon. Inoltre, dagli esami emergerebbero segni compatibili con una violenza sessuale, un dettaglio che rafforza il sospetto di un omicidio premeditato.
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La famiglia soltanto nel 2003 era riuscita ad accedere agli atti del procedimento, insistendo, chiedendo consulenze, cercando di fare luce sulle strisciate sulle scarpe e sulla minestra nello stomaco mai consumata a casa. Manuela inoltre, la sera prima, era uscita con i pantaloni del pigiama sotto i jeans e dopo aver lasciato telefono portatile e rossetto sul tavolo. I genitori, le due sorelle e il fratello non hanno mai smesso di cercare la verità, convinti sin da subito che la ragazza non si era tolta la vita ma era stata uccisa.
Il 30 maggio è stato iscritto nel registro degli indagati Enrico Astero, all'epoca fidanzato della ragazza. Oggi ha 54 anni, è difeso dall'avvocato Marco Fausto Piras, e l'accusa nei suoi confronti è di omicidio volontario. Il 7 luglio si è aperto l'incidente probatorio sui reperti rimasti per trent'anni nei locali dell'ex Istituto di Medicina Legale dell'Università di Cagliari. Esami che puntano a individuare profili genetici, tracce di DNA, impronte invisibili e altri elementi utili, tra cui i residui di fumo già rilevati sul maglioncino della vittima.
"Chiediamo a tutti una preghiera, un pensiero positivo per Manuela, stanno aprendo ora i vestiti, siamo fuori in attesa perché non la lasciamo neanche in questo passo così importante. Siamo tutti con te Manuela, siamo qui con te non ti abbiamo mai abbandonato neanche solo per un secondo. Ti porteremo in cielo. Ti amiamo Emanuela", ha scritto lo stesso giorno la famiglia sui social.
Dall'incidente probatorio il gip ha concesso 80 giorni di tempo per cercare una verità rimasta sepolta per trent'anni. L'analisi è partita dagli indumenti intimi: la ricerca di tracce biologiche è collegata a una consulenza medico-legale secondo cui Manuela potrebbe aver avuto un rapporto poco prima di morire, forse uno stupro o comunque un rapporto violento. Dopo due archiviazioni, la prima per suicidio e la seconda per mancanza di elementi, ora si cerca nuovamente la verità.
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