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Perugia

"Mio figlio completamente sordo lasciato da mesi senza interprete dei segni a scuola"

Il grido d'allarme di una mamma: "L'altro giorno è tornato a casa in lacrime perché né compagni, né insegnanti hanno imparato la lingua dei segni"

Francesca Marruco

28 Settembre 2025, 07:59

Adolescente sordo lasciato senza interprete a scuola

“L’altro giorno mio figlio è tornato a casa in lacrime. Mi ha spiegato che si sente solo perché nessuno ha voluto imparare la lingua dei segni, né i compagni né gli insegnanti e senza nemmeno qualcuno che gli traduca quello che accade attorno a lui, è solo”. E’ il grido di dolore della mamma di un bambino di 13 anni che vive a Perugia e va a scuola in una frazione della prima periferia della città.
“Mio figlio - racconta - disabile grave al 100%, con una sordità profonda bilaterale, a cui è stato applicato un impianto cocleare, comunica con la Lis (lingua dei segni Italiana), ma ad oggi, a scuola, non ha ancora l’assistente alla lingua dei segni, cosa che gli spetta per legge”.
E la problematica, secondo quanto spiega, non è nemmeno limitata all’inizio dell’anno scolastico. Anzi. “E’ da gennaio dell’anno scorso che non ha un assistente Lis - spiega - pur essendogli state riconosciute un totale di 15 ore settimanali di assistenza in classe. Ha soltanto 18 ore settimanali di insegnante di sostegno che, ovviamente non è specializzata nella Lis. Certo, si adatta per quello che può, ma ripeto, l’assistente Lis è tutt’altra figura”. Tanto che, racconta questa donna, “lo scorso anno, sono andata io stessa in classe con lui, con l’ok della dirigente, per tradurgli tutto quello che le insegnanti dicevano. Ma si può ben comprendere il disagio: un ragazzino adolescente con la mamma in classe. Senza contare che questo servizio ci spetta e non è giusto che sia mio figlio a rimetterci. Poi mi erano stati promessi degli interventi, da parte di chi di competenza, ma nulla è accaduto. Le assistenti che c’erano prima hanno lasciato l’incarico perché non venivano pagate e non si trova un modo, tra scuola comune e cooperativa, di farle rientrare. Solo che così l’unico a rimetterci è mio figlio. Cosa ci va a fare a scuola se non può comprendere praticamente nulla di quello che gli accade intorno? Passa il tempo a leggere e disegnare”.
Il ragazzino infatti, secondo quanto spiega la mamma, ha sì un impianto, ma questo gli permette di sentire solo in situazioni in cui non c’è rumore di fondo (quindi non una classe col brusio continuo), se gli si parla lentamente e se si è vicinissimi a lui.
“Nulla di tutto questo può accadere in una classe - spiega la donna - soprattutto dove nessuno mai ha voluto imparare la lingua di mio figlio. Non chiedo che tutti quanti intorno a lui debbano diventare degli assistenti alla comunicazione. Quello che chiedo io da madre, è che possa avere quanto gli spetta di diritto. Che possa avere un’istruzione come tutti quanti, che possa andare a scuola con la voglia di imparare e di apprendere concetti nuovi, e che torni a casa sereno e non mortificato perché isolato e perché ignaro di tutto quello che gli accade attorno. Viene considerata la scuola dell’obbligo, se non lo mando a scuola vengono chiamati i servizi sociali. Ma è giusto mandarlo a scuola cosi? Senza un istruzione idonea per la sua disabilità? Sto iniziando a pensare che ormai essere disabili è una colpa”.

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