Cronaca
Lei fino all’ultimo istante l’ha definito il suo “eroe civile”. “Gli dovrebbero fare un monumento” ripeteva. E lui, nei lunghi giorni che hanno preceduto la fine, è rimasto in disparte, defilato.
“Le ho detto sentiti libera, sapevo che ogni mia parola avrebbe potuto condizionarla e io, più di chiunque altro, sapevo benissimo quanto soffrisse e quanto impossibile da sopportare fosse diventata la sua vita. Per questo, anche se forse sarei voluto restare, proprio nel momento in cui ha dato il via all’infusione, io sono uscito dalla sua stanza, proprio come ha voluto lei. Poi sono rientrato. L’ho vista serena prima e ce l’ho vista, a maggior ragione, dopo”.
A parlare, con la voce a tratti spezzata dall’emozione, è Stefano Massoli, il marito devoto, che Laura Santi avrebbe voluto eroe civile. “Io sono stata il suo involontario carceriere” raccontava sempre, “ e lui il mio prigioniero”.
“Laura ha combattuto tanto - ha ribadito ieri pomeriggio, fuori dalla camera ardente Stefano - non solo per lei ma per tutti noi. Questo sia un monito per portare avanti la sua battaglia. Ancora non mi capacito come in uno Stato come il nostro si continui a osteggiare la libertà individuale della propria vita. La reputo una cosa indecente. Quando uno inizia a subire la vita che non ha più un senso e una dignità, lasciateci liberi”.
Stefano, coscioniano tanto quanto Laura, ha annunciato ieri che proseguirà con le battaglie intraprese dalla moglie. “Avevo già deciso, anche parlandone con lei, che avrei portato avanti le sue iniziative, anche insieme con l’Associazione Luca Coscioni che ci è stata tanto vicina. Proseguirò con la raccolta firme per la legge regionale sul fine vita per far capire alla politica, tutta, quanto è lontana dal volere dei cittadini”.
*Iscrivendoti alla newsletter dichiari di aver letto e accettato le nostre Privacy Policy