perugia
Anche nel carcere perugino di Capanne c’è un bimbo, di appena 18 mesi, in carcere insieme alla mamma. Il piccolo, secondo quanto si apprende, è arrivato da poco più di due mesi e mezzo. La mamma infatti, una detenuta che ha poco più di 18 anni, era stata trasferita a Perugia dal carcere romano di Rebibbia e aveva immediatamente avanzato la richiesta, legittima fino al compimento dei 3 anni di età di un bambino, di poter avere il figlio in cella insieme a lei. La ragazza - che deve scontare un periodo di reclusione derivante da un cumulo di pene per condanne inerenti i reati contro il patrimonio - aveva quindi immediatamente ricevuto l’ok per l’accoglienza del bambino in carcere insieme a lei. A portarglielo era stato il padre del piccolo, ancora minorenne. E adesso, secondo quanto è stato possibile appurare, si trova con la mamma a Capanne, in una particolare sezione del braccio in cui si trovano le detenute, in una zona che è una sorta di asilo nido. “Si tratta di una situazione particolare - spiega il garante regionale dei detenuti, professor Giuseppe Caforio - data anche la minore età del padre. Normalmente, in caso di detenzione di un madre, i bambini restano con i padri, ma in questo caso la detenuta ha ritenuto, lecitamente, di fare questa scelta. Non è la prima volta che accade nel carcere perugino di Capanne e devo dire che, come anche in passato, vedo grande umanità con le agenti della polizia penitenziaria che si prodigano in ogni modo possibile per rendere l’impatto meno traumatico ai minori”.
Il garante spiega inoltre che, “lo scorso anno c’è stato un periodo in cui i bambini detenuti con le loro mamme erano 4. Ce n’era uno in particolare che si rifiutava di mangiare. Ricordo che le agenti della polizia penitenziaria hanno comprato latte in polvere di ogni tipo, hanno fatto intervenire un secondo pediatra, insomma hanno fatto il possibile e l’impossibile per dare una mano. Certo non è il luogo migliore per crescere un bimbo, ma molto spesso non c’è scelta ed è peggio privare i piccoli della loro madre”. Il bimbo di 18 mesi che da due vive a Capanne è solo uno dei 12 che, insieme alle loro mamme, si trova in un carcere italiano.
Gli altri bimbi si trovano 3 nell’Icam (Istituto di custodia attenuata per detenute madri, che in Umbria non esiste) di Milano, 3 in quello di Venezia, uno in quello di Torino; 3 nel carcere di Rebibbia. La questione dei bambini in cella è tornata d’attualità per il caso di un neonato di un mese nel carcere di Palermo. Sul punto interviene Aldo Di Giacomo, segretario generale del Sindacato di polizia penitenziaria, che dice: “Tutti ricorderanno la storia di Giacomo, 2 anni, per dieci mesi recluso con la madre a Rebibbia, in grado di dire solo apri, chiudi e poco altro. Una storia che proprio come quella della piccola di Palermo ha commosso il Paese ma, dopo la commozione, non è cambiato nulla. Anzi, il decreto legge sicurezza di aprile scorso ha cancellato l'obbligo del rinvio dell'esecuzione della pena per donne incinte o con prole inferiore a un anno, e si introduce per la prima volta la possibilità che il bambino venga sottratto alla madre: il decreto prevede che la donna sottoposta alla custodia cautelare in un Icam possa venire trasferita in chiave punitiva in un carcere ordinario senza suo figlio quando la sua condotta non è considerata adeguata. Invece proprio perché siamo in presenza di pochi bambini si potrebbero attuare soluzioni semplici come le case famiglia: a oggi ne esistono solo due”.
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