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Verso il Cortile di Francesco, l'influencer Benedetta De Luca: "Al centro adesso c'è la persona e non la disabilità"

Patrizia Antolini

29 Agosto 2024, 12:00

Benedetta De Luca

Benedetta De Luca

Proseguono le interviste del Corriere dell’Umbria in avvicinamento al Cortile di Francesco, che si svolgerà ad Assisi dall’8 al 22 settembre. L’evento è promosso dai frati del Sacro Convento e include spettacoli, conferenze, tavole rotonde, speeches, testimonianze e tanto altro. Questa è la testimonianza di Benedetta De Luca influencer e content creator seguita da migliaia di follower.
- Dottoressa De Luca, lei è avvocato ma ha deciso di non svolgere la professione di legale. Perché ha fatto questa scelta?
La scelta di non esercitare la professione forense, nonostante il lungo e impegnativo percorso di studi e l'abilitazione, è nata da una profonda riflessione personale e professionale, oltre che da esigenze fisiche dettate dalla mia disabilità. In primis però sentivo il bisogno di intraprendere un percorso che mi permettesse di esprimere al meglio le mie passioni e di contribuire alla società in modo più allineato ai miei valori anche attraverso il mondo della comunicazione digitale. Volevo dare voce a temi che mi stanno a cuore, come la parità di genere e l'inclusione, attraverso una comunicazione più diretta e accessibile come solo quella che i social potevano dare. Dall’altro canto devo anche ammettere che l'attività di avvocato, nella mia esperienza personale, richiedeva uno sforzo fisico maggiore di quanto io potessi sostenere per la mia disabilità. Questa decisione, seppur a tratti dolorosa, è stata riconfermata giorno dopo giorno. Anche se, in un primo momento, potrebbe sembrare un fallimento, io credo fermamente che cambiare percorso professionale non debba mai essere vissuto come tale. Anzi, rincorrere i propri desideri è fondamentale anche se questo richiede “un cambio di rotta”. E comunque, lo studio non è mai tempo perso, poiché arricchisce sempre la nostra vita quotidiana e professionale.
- Lei si racconta sui suoi canali social con ironia e passione…
Assolutamente sì. Utilizzo i social come una piattaforma per condividere non solo esperienze personali, ma anche riflessioni e opinioni su temi di attualità e giustizia sociale. L'ironia è un potente strumento per avvicinare le persone a questioni serie e complesse, rendendole più accessibili. La uso non solo per trattare temi sociali, ma anche in altri aspetti della mia vita, perché credo che, se usata con rispetto ed educazione, possa abbattere il muro dell'imbarazzo. È importante distinguere l'ironia dal black humor, che spesso cela offese dietro una battuta. Ad esempio, io scherzo solo sulla mia situazione personale; non mi sognerei mai di fare ironia su qualcosa che non mi appartiene, perché so che potrei ferire qualcuno. Forse è proprio qui che sta la chiave nel saper usare l'ironia: sapere quando e come usarla per creare connessione, senza mai mancare di rispetto
- A che punto è il nostro paese in tema di parità di genere?
Il nostro paese ha fatto progressi significativi in termini di parità di genere, ma c'è ancora molto da fare. Le disparità persistono in vari ambiti, dal mondo del lavoro alle rappresentazioni nei media, fino alla politica. La consapevolezza e il dibattito pubblico sono aumentati, ma è necessario continuare a lavorare su politiche concrete che possano davvero garantire pari opportunità per tutti, a prescindere dal genere.
- E riguardo all’inclusione? Il singolo e le famiglie sono supportate dal sistema secondo lei?
In quanto donna con disabilità, vivo una forma di multidiscriminazione, l'inclusione è un altro tema cruciale. Mentre ci sono iniziative e normative che mirano a supportare l'inclusione, sia a livello individuale che familiare, capita che manchi un supporto sistematico e continuativo. Ma al contempo riconosco che ci sono stati significativi cambiamenti in questo ambito. Grazie a figure come il ministro Locatelli, c'è stato un vero cambio di prospettiva, passando dall'assistenzialismo alla valorizzazione della persona con disabilità. Si stanno innovando profondamente il sistema degli accertamenti, dei sostegni e delle tutele, superando le rigidità burocratiche che lo caratterizzavano. Finalmente si inizia a pensare alla persona prima della disabilità, con i suoi desideri e bisogni. Questo è il punto focale di una vera e propria inclusione.
- Dallo stigma alla cura: questo è il titolo dell’incontro all’interno del Cortile di Francesco al quale prenderà parte: che si intende?
“Dallo stigma alla cura” è un tema che mi tocca profondamente e che intendo affrontare nel mio intervento con grande passione e impegno. Questo titolo riflette il percorso di trasformazione necessario per superare gli stereotipi e le discriminazioni che ancora esistono nella nostra società, passando da una mentalità basata sul giudizio e l’emarginazione a una fondata sulla comprensione, l'accettazione e la cura reciproca. È un viaggio che richiede sensibilità e apertura mentale, per superare le barriere e per arrivare a un approccio più umano e solidale. Esploreremo le sfide, le prospettive e le criticità che affrontiamo nel tentativo di promuovere un sistema veramente inclusivo. Ci interrogheremo su cosa sia necessario puntare a livello individuale, nella società civile, e a livello locale, nazionale e internazionale. Sono davvero onorata di essere parte di questa tavola rotonda insieme a ospiti così prestigiosi, come il Ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli e la presidente dell’Istituto Serafico di Assisi, Francesca Di Maolo oltre ad altri partecipanti di grande rilievo.
- Quale contributo può dare oggi il francescanesimo al mondo di oggi?
Il francescanesimo ci insegna a vedere il mondo attraverso una lente di semplicità, umiltà e cura per gli altri. Ad oggi invece che viviamo in una società in cui le divisioni, la superficialità, la competizione malsana e l’invidia sono all’ordine del giorno, purtroppo, al contrario questi valori ci richiamano all’essenziale: il rispetto per ogni forma di vita, la solidarietà e la condivisione. Per me, questo ha un significato ancora più profondo quando si parla del valore della vita delle persone con disabilità. La vita di ogni persona ha un valore inestimabile, e i principi francescani ci ricordano che ognuno di noi, con le proprie fragilità e differenze, ha qualcosa di unico e prezioso da offrire. Questo approccio, basato sull’amore e la comprensione e ci aiuta così a costruire una società dove ognuno possa sentirsi accolto e valorizzato, contribuendo a creare un mondo più giusto e armonioso per tutti.

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