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Felipe Bergoglio, giocatore del Trestina in Serie D, si racconta: "Io, pronipote del Papa senza aiutini da lassù"

Tommaso Ricci

24 Agosto 2024, 16:54

Felipe Bergoglio

Felipe Bergoglio

Se non si hanno santi in paradiso, bisogna provare almeno ad avere un Santo Padre in rubrica. Pigiare J che ti esce subito Jorge Mario e, poi, chiamare per chiedere l’aiutino. Robe del tipo che tra palo e gol, se possibile, gol, che tra spalla e mano, in area avversaria, è sempre mano. Cose così, favorini, mica vincere al Superenalotto! E’ quello che deve aver provato a fare il Trestina, società che da anni milita con profitto in serie D e che quest’anno ha progettato una stagione di successo nel girone E con un nuovo tecnico in panchina, Simone Calori. E, soprattutto, con un Bergoglio in rosa: Felipe, ventenne difensore centrale argentino di cui si dice un gran bene, prelevato in estate dal Misano in Promozione, pronipote proprio di Papa Francesco. Così la telefonata, servisse una mano dall’alto, la fa lui. Scherziamo, ovviamente, quello che fa anche il buon Felipe, che del cognome che porta non ha mai avvertito il peso.

- A proposito, Felipe, ci spieghi prima di tutto il grado di parentela tra lei e il 266esimo Papa della Chiesa cattolica.
Mio nonno Jorge Bergoglio è secondo cugino di Papa Francesco.
- Più facile chiamarsi Felipe Bergoglio o Mario Rossi?
Personalmente e per la mia famiglia è solo un orgoglio portare il suo cognome e poter dire di avere un Papa in famiglia. Lui è nato a Buenos Aires, mentre il ramo della nostra famiglia è di Cordoba. Nel 2013, quando è diventato pontefice, io ero ancora molto piccolo e non sono riuscito ad avere un contatto diretto con lui. Non ci parlo direttamente al telefono e non credo sappia che quest’anno sono venuto a giocare in Umbria al Trestina.
- Qualche battutina sul cognome sarà stata automatica, appena arrivato in bianconero... Non è vero?
Chiunque legga il mio cognome o mi conosca per la prima volta mi fa domande sul grado di parentela con Papa Francesco. Nelle squadre di club con cui finora ho giocato nella mia seppur breve carriera in molti mi hanno chiesto una benedizione per poter vincere il campionato. Ma non si può (sorride, ndr).
- Battute a parte, che tipo di ambiente ha trovato a Trestina e come l’hanno accolta?
Ho trovato subito persone molto buone, disponibili e gentili. Ho già visitato diversi posti della regione e devo ammettere che sono entusiasta: penso proprio che, dopo l’Argentina, l’Italia è il Paese ideale nel quale mi piacerebbe vivere. Amo le piccole realtà, i piccoli paesi, dove c’è poca gente e in cui tutti conoscono tutti.
- E quali obiettivi si è posto per questa stagione?
Vorrei essere in grado di fornire alte prestazioni in campo e provare ad acquisire esperienza, imparando tutto il possibile da tutti gli avversari e da ciascuno dei miei compagni di squadra. Al Trestina spero di trasmettere tutta la voglia che sento in corpo di poter raggiungere i nostri obiettivi. Nel 2020, durante la pandemia, ho capito che il calcio era davvero quello che volevo fare, quello che volevo per il mio futuro: mi sono allenato nove mesi senza sosta senza nemmeno sapere se saremmo mai tornati in campo. Dall’anno successivo, poi, ho iniziato a lavorare con un nutrizionista , uno psicologo dello sport e un preparatore atletico extra rispetto al mio club di appartenenza. Devo dire che sono state le scelte migliori che ho compiuto: in quella stagione sono riuscito a ritagliarmi prima un posto da titolare in squadra (giocava ancora nelle giovanili, ndr) e poi la fascia da capitano. Nel 2022 ho debuttato in prima squadra e ho giocato quindi da titolare tutte le gare di quella annata, per giunta con i gradi di vice capitano. Poi, nel 2023, sono arrivato in Italia e ho vestito la maglia del Misano nel campiomato di Promozione (collezionando 20 presenze, impreziosite da un gol, ndr).
- Ma facciamo ordine: ha iniziato a tre anni con la squadra della scuola, poi è passato alla squadra del quartiere di Cordoba nel quale viveva, il Club Social y Deportivo Lasallano, fino al calcio dei “grandi”, così si dice.
Ma la squadra per la quale io e tutta la mia famiglia facciamo il tifo è l’Atletico Talleres: da quando ho ricordi siamo andati sempre allo stadio a sostenerla e incoraggiarla. E’ il club della mia vita.
- Quindi il calcio è la sua unica passione?
No, assolutamente no. Amo tanto stare con i miei cari, con mio padre Matias, mia mamma Florencia Carignani, i miei fratelli Mateo, Benjamin e Clara e la mia fidanzata Pilar Gandia. Il mio cuore è per loro. Ma nel tempo libero che ho mi dedico anche ad altre passioni: gli amici, innanzitutto, poi mi piace molto il padel e vado pazzo per gli sport sull’acqua e sulla neve come il wakeboard e lo snowboard.
- Pregi e difetti in campo?
Mi reputo un giocatore con una buona fisicità, una buona resilienza e la giusta mentalità . Da piccolo ho giocato come attaccante, questo mi ha permesso di allenare un buon piede quando si tratta di giocare la palla, ma mi ha consentito anche di poter interpretare oggi i movimenti degli attaccanti, di avere una buona visione del fronte d’attacco avversario e di dare buone vie d’uscita in difesa alla squadra se pressata.
- Nessun difetto, quindi. Ma c’è un calciatore famoso a cui si ispira o nel quale si rivede?
Per il suo modo di essere completo in campo, ho sempre apprezzato molto Sergio Ramos: è uno che ha doti innate, ha tutto e soprattutto la mentalità giusta, che penso sia un aspetto molto importante nel calcio moderno: è quello per cui lavoro quotidianamente anche io. Ma il calciatore che mi piace di più è ovviamente Leo Messi, non poteva che essere lui: un giocatore unico al mondo, non credo ce ne sia uno al suo livello nella storia, fa cose in mezzo al campo cui non si riesce a dare una spiegazione logica. E, poi, si è fatto portavoce di un messaggio molto importante nei confronti dei giovani, non soltanto quelli che giocano a pallone: che nella vita non bisogna mai smettere di lottare per i propri sogni, che si deve sempre scegliere di credere in se stessi.
- Poi, dovesse proprio andare male, ci pensa il Santo Padre. Telefono e chiamata veloce ai piani alti per l’aiutino.
Non scherziamo, dai.

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