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Dolci di Natale, regione per regione: un viaggio nella tradizione italiana

Clementina Civitavecchia

17 Dicembre 2025, 12:36

Dolci di Natale, regione per regione: un viaggio nella tradizione italiana

In tema di cucina, l'Italia ha sempre qualcosa da dire. Non si tratta dei soliti clichè come pizza e carbonara (di cui siamo orgogliosi), ma di una cura artigianale nella preparazione e nella scelta degli ingredienti. Da sud a nord, la Penisola è un crocevia di sapori che un'enciclopedia non basterebbe a raccontare. Non a caso, l'Unesco ha riconosciuto la cucina italiana come patrimonio immateriale dell'umanità. Con il Natale alle porte, è il momento perfetto per un viaggio, reale o immaginario, tra forni accesi e credenze piene di dolci. Ogni regione ha il suo classico, ma anche specialità locali che raccontano il territorio meglio di qualunque guida.

Sicilia

Iniziamo il nostro viaggio partendo dalla Sicilia. Apriamo le danze con un dolce che è simbolo di prosperità e abbondanza: il buccellato, una corona di pasta frolla ripiena di fichi secchi, uva passa, mandorle, scorze d’arancia e cioccolato, decorata con frutta candita. Nato a Palermo, è stato il primo dolce inserito tra i prodotti agroalimentari tradizionali italiani. Altro grande classico, la cassata: un trionfo di pan di Spagna, ricotta, pasta reale e frutta candita, nata da influenze arabe e diventata uno dei simboli dell'isola. A Ragusa, le tavole si riempiono di nucatoli, biscotti a forma di S, con un cuore morbido di mandorle, miele o fichi secchi. Immancabile anche il torrone, preparato con albumi, zucchero e mandorle, ma ormai declinato in mille versioni: al pistacchio, al cioccolato, agli agrumi. I mostaccioli, diffusi in tante varianti, si distinguono qui per l'uso del vino cotto. Infine, le intramontabili paste di mandorla, nate nel convento della Martorana e oggi disponibili in infinite varianti (al limone, al cioccolato, al pistacchio).

Calabria

In Calabria l'imbarazzo della scelta è d'obbligo. Ci sono le alaci, dolci fritti profumati al vino e passati nello zucchero, e i cannaricoli (o turdilli), nati dalla cucina povera: farina e mosto cotto, poi miele e cannella, immersi nella melassa di fichi e serviti su foglie d’arancio, tipici di Castrovillari. Nel Cosentino, la cicerata somiglia agli struffoli ma profuma di limoncello e arancia. La giurgiulena è un croccante di sesamo e miele, a forma di rombo. Nella Locride e nella piana di Gioia Tauro si fanno le nacatole, ciambelle fritte con vino rosso, simbolo del Natale. A Reggio Calabria è tempo di petrali, ravioli di frolla con fichi secchi, frutta secca, caffè e vino cotto; lo stesso impasto si usa per le sammartine, che si preparano dall'11 novembre. Infine, dalla Sila, la pitta 'mpigliata, sfoglia arrotolata e ripiena di uva passa, noci e vermouth: un piccolo capolavoro della tradizione.

Basilicata

In Basilicata non è Natale senza le pettole, morbide palline di pasta lievitata e poi fritte, da gustare ancora calde, magari spolverate di zucchero o ripiene con acciughe o merluzzo. La leggenda vuole che nacquero per caso, quando una donna, distratta da un misterioso vociare per strada, lasciò l'impasto del pane a lievitare troppo: al ritorno, non volendo buttarlo, lo spezzettò e lo gettò nell'olio bollente. Accanto alle pettole non possono mancare le cartellate, dolci a forma di rosa, sottilissime, realizzate con farina e vino bianco, fritte e poi immerse nel miele o nel vin cotto, a seconda delle usanze. Chiude il trio natalizio lo struffolo, piccolo gioiello della pasticceria meridionale, condiviso con la Campania ma profondamente radicato anche qui: palline dolci fritte, immerse nel miele e decorate con confettini colorati.

Campania

Nel cuore di Spaccanapoli nasce il “dolcetto del Divino Amore”, creato nel XIII secolo dalle suore dell'omonimo convento in onore di Beatrice di Provenza. L'impasto (uova, zucchero, mandorle, scorze di limone e canditi) è racchiuso tra ostie, marmellata di albicocche e ghiaccia rosata. A Napoli non può mancare il mustacciuolo, biscotto romboidale al cioccolato, con miele, mandorle e scorza d’arancia, già citato nel Cinquecento. La pasta reale, servita a Ferdinando IV sotto mentite spoglie, è un impasto di mandorle e limone. I roccocò, ciambelle dure profumate al pisto, nascono nel Trecento nel convento della Maddalena. Più morbidi sono i raffiuoli, di pan di Spagna, glassati o ripieni di ricotta e canditi. Ma il re resta sempre lo struffolo, palline fritte e immerse nel miele: un dono delle suore ai nobili, segno di festa e gratitudine.

Molise

In questa piccola regione scopriamo grandi sapori. In Molise il Natale ha il profumo dei mostaccioli, quei piccoli rombi ricoperti di cioccolato ai quali spesso viene aggiunto un ingrediente speciale. Secondo una leggenda locale, fu un monaco a rivelare la ricetta originale dei mostaccioli a due contadini molisani. Loro, però, vollero personalizzarla aggiungendo il mosto di vinaccia, da cui pare derivi il nome. Poi ci sono i cauciuni, dolcetti fritti ripieni di ceci, miele e cannella, che ricordano i calzoncelli lucani e le seadas sarde. Spesso, accanto a loro, troviamo anche i caragnoli e i rosachitarre: sottili nastri di pasta arrotolati a spirale, fritti e poi glassati con miele d’arancio. Questi dolci nascono da un’arte antica, tramandata tra donne di famiglia, ed evocano le festività di paese. Non possiamo lasciare il Molise senza aver assaggiato le ceppelliate di Trivento, biscotti di frolla dal ripieno di marmellata di amarene.

Puglia

L'arrivo in Puglia è l'inizio di un viaggio nei sapori di una terra lunga e generosa, che si estende dal Gargano a Santa Maria di Leuca. A segnare l'inizio del Natale sono le pettole, nuvole di pasta lievitata fritte e servite calde, preparate dal 22 dicembre o già da Santa Cecilia. Seguono le cartellate (o crustoli), roselline croccanti immerse nel vincotto, miele o melassa di fichi: la loro forma ricorda l’aureola del Bambino Gesù, e un’antica pittura nei pressi di Bari ne suggerisce un’origine greca. I mustazzoli, dal cuore morbido di mandorle e spezie, sono ricoperti di cioccolato fondente e oggi si trovano anche al pistacchio o nel panettone. I purciddhruzzi, simili agli struffoli ma più friabili e profumati di vino o limoncello, sono ricoperti di miele e confettini. Chiudono i sassatelli del barese, simili ai mustazzoli ma con impasto e consistenza differenti.

Abruzzo

In Abruzzo il Natale ha tanti nomi e forme, ma una certezza: il dolce è cosa seria. I calcionetti (o caggionetti) sono ravioli fritti dal ripieno variabile: “scrucchiata” (schiacciata) d'uva, mandorle, miele o, nella versione rustica, ceci e cacao. Nel Teramano si fanno con castagne, cioccolato, cedro candito, rum. In valle Peligna ci sono gli scarponi, biscotti al mosto cotto, frutta secca e cioccolato. A Pescara domina il parrozzo: cupola di semolino e mandorle, coperta di cioccolato fondente. Nel Chietino si trovano le scrippelle (o crustele, crispelle): dorate e morbide, dolci o salate. E poi il torrone, mai uguale: a Sulmona è con miele, cacao e nocciole; a L'Aquila è tenero e cioccolatoso, grazie alla famiglia Nurzia; a Guardiagrele è piccolo, croccante e raro.

Lazio

Il viaggio tra i dolci natalizi del Lazio comincia dalla Tuscia, dove i tozzetti viterbesi raccontano un territorio in cui la nocciola è regina. Croccanti, dorati, da inzuppo: sono il simbolo delle feste e della cultura agricola del territorio. A Roma e in Ciociaria si prepara il panpepato (o panpapato), impasto fitto di frutta secca, miele, canditi e spezie, nato nel Medioevo ad Anagni. Simile per forma, ma più dolce, è il pangiallo, tipico dei Castelli Romani: si distingue per la brillante glassa gialla. Ad Alvito, i torroncini borbonici si fanno in tre varianti: classico, pasta reale, croccantino. Nel basso Lazio, la tradizione è più casalinga: a Priverno c’è la ciambella “scotolata” (scossa o agitata) profumata di anice e limone; a Maenza, il panettone locale si chiama “gliu panettono”; a Sezze e Lenola, infine, gli struffoli chiudono il pranzo delle feste o spuntano anche a Carnevale.

Marche

Nelle Marche il Natale è fatto di dolci che raccontano terra, mare e tradizione. I cavallucci, tipici del Maceratese, sono biscotti aromatici ripieni di mosto cotto, sapa, frutta secca, cacao, caffè e agrumi, serviti anche con piatti salati. Più semplici ma identitari, i biscotti del pescatore, con uvetta e frutta secca, si preparavano per affrontare i giorni in mare. Il “frustingo” (o frustingu), tra i più antichi dolci natalizi, nasce dai Piceni: pane raffermo bagnato nel brodo di fichi e arricchito con mosto, fichi secchi, spezie, cioccolato e olio d’oliva. Denso e rustico, si gustava anche con latte e miele. Tipico di Ascoli, Macerata e Fermo. Chiude la pizza di Natale, parente del panettone: pane, olio, frutta secca, scorze di limone e cacao, con ogni ingrediente dal significato simbolico. Un dolce che è quasi un augurio.

Umbria

In Umbria il dolce delle feste è il pampepato. Nato a Terni, diffuso anche nel Perugino, è tondo, compatto e speziato, con cioccolato, miele, canditi, frutta secca, pepe e cannella. Nel 2020 ha ottenuto l’IGP, ma ha origini seicentesche; storicamente si donava con un rametto di vischio. Altro simbolo natalizio è il torciglione, dolce di mandorle a forma di serpente: secondo la leggenda fu inventato da monache dell’Isola Maggiore. A Foligno, Assisi e Spello si prepara la rocciata, simile allo strudel, con mele, frutta secca e alchermes. A Bevagna si gustano i tozzetti alle mandorle, profumati d’anice. Più curiosi, i maccheroni dolci, tagliatelle con miele, noci, cacao e pangrattato. Antiche anche le pinoccate, dolcetti di pinoli e zucchero modellati a rombo, in versioni bianche o nere. Chiudono i pammelati, dolci poveri di Deruta e Torgiano: pangrattato, miele, noci, arancia e cannella, modellati a mano.

Toscana

Natale in Toscana evoca irrimediabilmente il panforte di Siena, un dolce che si prepara con 17 ingredienti. Non uno di meno, non uno di più: quanti sono i rioni del Palio. La ricetta affonda le radici nel Medioevo, quando si faceva il panpepato, più rustico e speziato. La versione che conosciamo oggi, più delicata e candita, nasce nel 1879 in onore di Margherita di Savoia. Dentro ci sono miele, spezie, farina, acqua, frutta secca e canditi. Più modesti nell’aspetto, ma non certo nel gusto, i cavallucci: biscottoni rustici e irregolari, ricchi di noci, canditi e spezie. Anice, cannella, coriandolo e noce moscata li rendono intensi e antichi. Poi ci sono i ricciarelli, che portano l’IGP e non hanno bisogno di presentazioni: mandorle, zucchero, albume uniti in un impasto morbido che ricorda il marzapane, modellato a chicco di riso e spolverato di zucchero a velo. Eleganti, delicati, fanno parte della memoria toscana.

Emilia-Romagna

L'Emilia-Romagna, da una provincia all’altra, risponde all’appello dei dolci natalizi. La spongata, il dolce preferito di Giuseppe Verdi, è un classico del Parmense: pasta frolla sottile ripiena di miele, frutta secca e canditi. A Reggio Emilia si prepara il biscione, serpentone di mandorle e zucchero, ricoperto da meringa a squame. Il croccante di Bobbio, con mandorle caramellate, ha persino una festa. A Bologna il protagonista è il certosino (o panspeziale), pane dolce scuro con spezie, canditi e cioccolato, oggi Stg (specialità tradizionale garantita). Nel Ferrarese troviamo il pampepato IGP, con mosto cotto, cacao, frutta secca e pepe. Tra Modena e Reggio si fanno i tortelli dolci, fritti o al forno, con ripieni come marmellata o pesto natalizio. In Romagna c’è il bustrengo, dolce contadino a base di pane raffermo, farine miste e miele. A Cattolica, per la Vigilia, si prepara il miacetto: senza uova né grassi, con crusca, frutta secca e zucchero. Infine, la zuppa inglese di Artusi: savoiardi, crema e alchermes.

Liguria

In Liguria il Natale profuma di pandolce, alto o basso, speziato e ricco di canditi, uvetta, pinoli e fior d’arancio. Un tempo si decorava con un rametto d’alloro, segno di buon augurio. Da Genova si è diffuso in tutta la regione, insieme al più secco pane del marinaio, da credenza. Qui i biscotti natalizi non mancano: i canestrelli di Torriglia, burrosi e friabili; gli anicini, secchi e profumati all’anice; i biscotti del Lagaccio, ideali da inzuppo; i cobeletti, piccole frolle con confettura (mele cotogne o albicocca), sono dolci antichi, oggi De.co. a Rapallo. Nel Savonese si fanno gli amaretti morbidi, con mandorla amara, tipici della Liguria rurale. Tra le torte, la sacripantina a strati di pan di Spagna e crema al burro e il canestrello di Brugnato, ciambella soffice con miele e anice, nata per rendere più dolce il pane portato nei campi.

Piemonte

In Piemonte si fa avanti il panettone basso, coperto da crosta croccante di mandorle, nocciole IGP e zucchero: dentro, un impasto soffice con uvetta e scorze d’arancia. In molte case lo si accompagna al più rustico pandolce piemontese, assai simile alla versione ligure. Il tronchetto di Natale, arrivato con l’influenza francese e valdese, è un rotolo farcito con crema al cioccolato o nocciola, decorato come un ceppo d’albero. Nelle Langhe trionfa la torta di nocciole, con poca farina e burro, fatta con la tonda gentile: si serve spesso con una cucchiaiata di zabaione caldo, a base di tuorli, zucchero e Moscato d’Asti. Più semplici ma amatissimi, il salame di cioccolato, gli amaretti morbidi di Mombaruzzo e i baci di dama, due mezze sfere di frolla unite da cioccolato fondente. Il torrone di Cuneo si trova anche in versione morbida, mentre il marron glacé resta una certezza per chi ama i dolci da feste vere. Le castagne arrivano da Cuneo e dalla Val di Susa, e diventano traslucide grazie a una lavorazione lenta, quasi da vetro.

Lombardia

Anche in Lombardia, a Natale, ogni zona ha il suo dolce, e ognuno ha una storia che vale la pena raccontare. Milano, ovviamente, apre le danze con il panettone, che da simbolo cittadino è diventato patrimonio nazionale. Serve tempo, pazienza e ingredienti giusti: farina, uova, burro, zucchero, uvetta, canditi, lievitazione lunga e mani esperte. A Bergamo si porta in tavola una torta travestita: la polenta e “osei” (polenta agli uccelletti). Non ha nulla di salato, nonostante il nome: è pan di Spagna ricoperto da pasta di mandorle gialla, con sopra piccoli uccelletti di marzapane. Spostandosi verso il Lago di Como, si incontra la Miascia: dolce povero, nato per recuperare pane raffermo che si arricchisce con farine bianca e gialla, frutta fresca e secca. Nulla si butta, tutto si trasforma. È una di quelle ricette che si adattano, che cambiano in base a ciò che c’è in dispensa. Poi ci sono i veri biscotti da credenza, quelli da tenere sempre a portata di mano come gli Amaretti di Saronno: croccanti fuori, morbidi dentro, profumati di mandorle amare. Da soli o con un bicchiere del liquore che porta lo stesso nome, fanno subito festa. Infine, lui: il torrone di Cremona, classico o al cioccolato, resta uno dei dolci lombardi più conosciuti e celebrati.

Trentino-Alto Adige

Apriamo la rassegna dei dolci trentini partendo dalla regina della frutta: la mela, ingrediente principale dello strudel che è una vera istituzione, soprattutto in Val di Non. Si tratta di una sottile sfoglia arrotolata su un ripieno caldo e profumato di mele, uvetta e pinoli, da gustare magari con un bicchiere di Moscato Rosa. Con il Vino Santo, invece, si accompagna bene lo zelten, dolce ricco di frutta secca e simbolo natalizio per eccellenza. Più nascosto, ma tipico delle valli, è il brazedel: ciambella soffice con l’uvetta, dono tradizionale di Capodanno, specie tra padrini e figliocci. Tipico del giorno di Santa Lucia è l’Asinello, un pan brioche morbido che i bambini accompagnano al latte per colazione. Tra le ricette più rustiche c’è la torta di grano saraceno e mirtilli rossi, mentre la più particolare è la mousse di mela e cachi: semplice, elegante, profumata.

Veneto

Anche in Veneto i dolci di Natale hanno radici antiche, storie curiose e nomi che raccontano viaggi e incontri culturali. Prima di tutto c’è il Nadalin, l’antenato del pandoro, nato a Verona già nel Duecento. Era un dolce compatto, meno burroso e più dolce rispetto alla versione moderna; nel 1868, il pasticcere veronese Melegatti lo trasformò in un impasto soffice e lievitato, e nel 1894 lo battezzò Pandoro, probabilmente in omaggio al pan de oro veneziano. Non lontano, tra Rovigo e la Bassa, si diffonde il Pan del Doge: non è un dolce veneziano, ma deve il suo nome all’uso locale della parola “doge” per indicare un signore di rango. Il marzapane ha un posto speciale nelle feste: a Venezia è sinonimo di celebrazione. La pinza, o torta de la Marantega, segna invece la fine delle festività: si prepara tradizionalmente il 6 gennaio, usando il pane raffermo come base, trasformato con farina gialla, frutta secca ed essiccata, pinoli, anice e finocchio. Ogni famiglia custodisce la sua versione.

Friuli-Venezia Giulia

Concludiamo il nostro viaggio in Friuli Venezia Giulia, terra di confine. La regina delle feste è la gubana: un impasto arrotolato, ricco di noci, uvetta, pinoli, cannella e chiodi di garofano. Nata nelle Valli del Natisone, oggi la si trova ovunque. Segue lo strucolo de Pomi, cugino friulano dello strudel, ma con un’anima più rustica: pasta tirata sottile, ripiena di mele, zucchero, noci e cannella. Le fave dei morti, piccole e tonde, fanno la loro comparsa a novembre, ma resistono fino a Natale: sono dolcetti poveri fatti di mandorle, nocciole, zucchero e cacao. “Una per ogni caro”, si diceva un tempo. Infine, la sbrisolona friulana, parente della più nota versione mantovana, ma reinterpretata qui con nocciole locali.

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