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Quando le luminarie di Natale accendono il dibattito. La storia del Serpentone che avvolse Perugia nel 1971

L'audace installazione di Angelo Buonumori e Gianni Sani che, con tubi da irrigazione e migliaia di lampadine, illuminò tutto il centro storico. Dalle polemiche iniziali alla celebrazione unanime della città nel 2025

Andrea Pescari

06 Dicembre 2025, 17:27

Quando le luminarie di Natale accendono il dibattito. La storia del Serpentone che avvolse Perugia nel 1971

Il Serpentone in Corso Vannucci e in via Alessi

La storia che lega il centro storico di Perugia al Natale e alle luci d’artista parte da lontano. Il primo, audace, esperimento risale al 1971. Sono trascorsi 54 anni da quella striscia di luce che si arrampicava sui palazzi dell’acropoli, avvolgendo piazze, strade e monumenti simbolo della città, come un Serpentone. È con questo nome che i perugini ricordano il progetto avveniristico realizzato da Angelo Buonumori e Gianni Sani, oggi diventato a tutti gli effetti tessuto della memoria collettiva della città. L’installazione luminosa fu dapprima accolta con freddezza: un semplice tubo di plastica bianco, diventato bersaglio di critiche e commenti sarcastici. La storia insegna come spesso, quasi sempre, nell’arte a fare la differenza è il tempo; la percezione dell'osservatore varia e interpreta un’opera, un messaggio, anche con il passare degli anni. È il caso del Serpentone del ’71 che, dopo oltre cinque decenni, viene celebrato e omaggiato dalla città. Un’installazione luminosa viva nel ricordo custodito gelosamente nella mente di chi passeggiava per Corso Vannucci in quel Natale freddo e nebbioso dei primi anni ’70, consapevoli di assistere a qualcosa di mai visto prima di allora. 

Il Serpentone del ‘71: la storia

Angelo Buonumori e Gianni Sani, 25 e 26 anni, reduci dall’Accademia di Belle Arti di Perugia, vengono contattati dal Consorzio dei Commercianti del Centro Storico, su iniziativa del presidente Tonino Giorgetti, per ideare l'illuminazione natalizia. I due proposero una risposta moderna e non convenzionale, semplicemente senza precedenti. Il progetto consisteva nel realizzare una striscia di luce continua che correva lungo tutte le vie del centro, coinvolgendo palazzi e monumenti, senza alcun riferimento figurativo all’iconografia tradizionale del Natale, se non nel concetto di luce. Ritenendo riduttiva la definizione di "luminarie", battezzarono l'opera Intervento luminoso sul paesaggio urbano, un concetto che oggi rientrerebbe nella categoria di "installazione", diventando uno dei primi esempi al mondo di Light Art. A differenza di quanto si aspettassero i due autori-artisti, quando l’idea fu presentata a Giorgetti e Fabio Maria Ciuffini, “inventore politico” delle scale mobili e all’epoca vice sindaco di Perugia, venne accettata. 

La città: il senso di vuoto della prima Perugia con Corso Vannucci pedonalizzato e senza auto

Per comprendere il cuore e l’anima del progetto del Serpentone va prima fatto un passo indietro, la città di Perugia stava vivendo una profonda trasformazione. L'amministrazione dell'epoca, che subentrava a quella di centro-sinistra (i nuovi assessori erano tutti trenta/quarantenni), promosse una vera e propria "rivoluzione culturale" liberando gran parte dell'acropoli dalle auto, un atto che mirava a restituire il centro e il suo "grande scenario monumentale" alla fruizione agevole dei cittadini, come scrive l’ex vice sindaco Ciuffini nel libro commemorativo dell’opera (Futura Libri, 2015). Quando gli spazi furono improvvisamente liberati sia dalle auto in marcia che da quelle in sosta, si manifestò "uno squilibrio, un vero e proprio senso di vuoto", racconta Ciuffini. E quel vuoto doveva essere immediatamente colmato e riempito di gente. L’idea cardine del Serpentone di Angelo Buonumori e Gianni Sani si inserì proprio in questo clima di aspettativa e necessità. “Per me fu il merito principale la valorizzazione piena del rapporto tra il grande scenario monumentale del Centro e gli spazi pubblici", spiega Ciuffini. L’installazione fu l'idea giusta al momento giusto, interpretando perfettamente il vento di cambiamento e la volontà di apertura del centro storico alla cittadinanza. 

La realizzazione: un tubo da irrigazione carico di lampadine

La realizzazione dell’opera fu resa possibile grazie a un'insolita combinazione di lungimiranza e fiducia da parte dei commercianti e dell'amministrazione comunale. Il problema dei costi fu aggirato con creatività da Buonumori e Sani: si utilizzarono svariati chilometri di un economico tubo da irrigazione in polietilene come diffusore. All'interno di questo tubo furono inserite migliaia di candeline, noleggiate da chi allestiva le luminarie di Piedigrotta. Nonostante l’idea fosse innovativa, gli artisti dovettero sottostare a vincoli rigorosi: non fu permesso utilizzare nuove forme di attacco sui muri della città (chiodi, ganci o viti), potendo sfruttare solo i punti di sostegno già esistenti per cavi elettrici o linee telefoniche. Solo in Piazza della Repubblica fu concesso piantare dei chiodoni a terra per formare un cerchio di luce destinato all'interazione del pubblico. Il Comune, dal canto suo, sostenne il progetto fornendo la manodopera dei propri elettricisti per il montaggio. 

Le reazioni al tempo: dall’opinione pubblica alla stampa

Se di notte attraversava il centro come un fascio di luce, di giorno appariva come un semplice tubo di plastica bianco. Caratteristica che, come anticipato, favorì critiche e commenti sarcastici. Impietose le reazioni dei commercianti che però, come scrive Tonino Giorgetti nel suo intervento nel libro Perugia in luce. Il Serpentone del ’71, con l’avvicinarsi del Natale e l’aumentare delle vendite “non solo si tacitarono le proteste, ma addirittura crescevano le lamentele di chi non aveva “il tubo” a ridosso del proprio negozio”. 

Il Corriere dell’Umbria ancora non era stato fondato, debutterà in edicola 12 anni dopo, nel 1983. I giornali dell'epoca, principalmente Il Messaggero e La Nazione, si interrogarono sull'opera, dando voce alla "perplessità della gente" che non ne coglieva pienamente il senso. Ciononostante, l'installazione ottenne un grande successo di pubblico. L'obiettivo principale, ovvero quello di richiamare l'interesse sul centro storico di Perugia, fu pienamente raggiunto.

Il Serpentone attrasse persino attenzioni illustri e internazionali. L’architetto Bruno Zevi, che frequentava Perugia per un concorso internazionale, mostrò grande interesse. Inoltre, Tonino Giorgetti ha tramandato il ricordo di una TV statunitense che realizzò un servizio sull'installazione e di un’importante rivista di New York che documentò lo "spettacolo offerto in piazza IV Novembre". Un elemento chiave del successo visivo fu il clima: una provvidenziale nevicata e serate nebbiose regalarono un’eccezionale visione notturna e uno "spettacolo magico" dell'acropoli illuminata.

Il ricordo nella Perugia di oggi

Arriviamo ad oggi, in pieno Natale 2025. Corso Vannucci è illuminato in parte dalle luci tradizionali, tanto care ai perugini, e dalle luminarie d’artista firmate Mimmo Paladino, che non solo hanno acceso lo spirito natalizio della città ma anche un nuovo vivace dibatto pubblico, questa volta sull’enorme piazza virtuale offerta dai social network. Tra elogi, critiche e pensieri sul nuovo progetto, ecco che sono tornate a spuntare in rete le foto di quel lontano Natale del 1971, condivise da qualche nostalgico utente che non dimentica l’impatto del Serpentone in città.

“Nel lontano 1971, Gianni Sani e Angelo Buonumori, produssero una scenografia luminosa natalizia che riusciva a rompere con tutti gli schemi precedenti. C'era voglia di innovazione, c'era voglia di lasciare intatta la bellezza circostante ma, al contempo, c'era voglia di stupire tutti. Beh, sono questi gli artisti che lasciano nel tempo quel l'impronta di genialità che poi rimane indelebile nel ricordo collettivo. Dopo cinquantaquattro anni, come allora, a qualcuno questo progetto non piace, però tutti lo considerano vera arte scaturita da due grandi artisti”, racconta al Corriere dell’Umbria Leonardo Belardi, amministratore del gruppo Pulchra Perusia che conta oltre 20mila iscritti e che ha riportato in auge alcuni scatti delle luci.

Poi l’architetto Maria Cecilia Ciarapica, un’altra personalità che ha avuto modo di creare una folta comunità di 10.500 utenti con il gruppo Facebook La Perugia di ieri ed il suo Contado… com’era e com’è, racconta: “Era il 1971. Fece discutere ma in tantissimi lo apprezzarono, me compresa. Lo ricordo benissimo, un allestimento fuori dagli schemi ideato da Angelo Buonumori e Gianni Sani. Ero una ragazzina ma rimasi abbagliata, nel vero senso della parola, da quei discreti ed eleganti serpentoni luminosi che sinuosamente si aggrovigliavano e districavano per tutto il centro storico senza nulla togliere al contesto, che non fu affatto occultato, ma valorizzato da quel giusto connubio. Quegli addobbi, all’apparenza freddi, in realtà riscaldavano, oltre che per la suggestione anche per quell’alone di luce che contrastava il freddo pungente tipico di quegli inverni. Parliamo di oltre 50 anni fa, fu un successo. Per quanto mi riguarda è l’unico che mi è rimasto impresso”.

E ancora l’artista Mauro Tippolotti, già presidente del consiglio regionale dell’Umbria, contattato dal Corriere dell’Umbria ha detto: "Per me è importante mettere in evidenza un operazione che, ai tempi, non si era ancora mai vista. Il talento di Angelo Buonumori e Gianni Sani permise di fare un’installazione molto all'avanguardia per l’epoca. L'idea, ripresa in seguito dalle luci d'artista di Torino negli anni '80, era quella di utilizzare l'arte non come elemento di decorazione, ma di intervento in uno scenario architettonico, in un contenitore con caratteristiche di grande storia e tradizione. A spiccare tra gli elementi della proposta del ’71, il simbolo della spirale luminosa, che rimanda direttamente alla sequenza matematica di Fibonacci e alla sezione aurea. Questi elementi, che l'artista sente scorrere dentro di sé e che ama esprimere, li ritroviamo in natura, diventando l'archetipo della dimensione della progressività aurea. Oltre a valorizzare i nostri monumenti principali, come Palazzo dei Priori, la composizione, realizzata con tubi colorati e lampadine, prevedeva un percorso dove la gente poteva inserirsi, proprio come nella spirale presente in Piazza della Repubblica. Questo inserimento naturale del fruitore nell'opera d'arte, che anticipava richiami successivi come gli specchi di Pistoletto, è stato concettualmente all'avanguardia e fondamentale”. 

Infine anche il fotografo Armando Flores Rodas: “Avevo 10 anni, mi ricordo benissimo quell'anno e di quei bellissimi tubi illuminati. Sembrava di essere dentro a un film di fantascienza. Ero bambino e il Serpentone lo interpretai come una stella cometa che lasciava una scia di luce dietro di sé, passando sopra le teste di tutti noi. Una scia di luce inserita molto bene in un contesto moderno. Fu un'opera tecnicamente ardua, avvolse tutto il centro, non solo Corso Vannucci, in modo irregolare e affascinante. Mi ricordo che noi ragazzini giravamo intorno ai tubi, trasformandosi in uno svago. È l’unica installazione che ricordo perfettamente, nonostante siano passati 54 anni”.

E dopo il Natale 1971?

L’anno successivo, Buonumori e Sani, contattati nuovamente dal presidente del Consorzio dei Commercianti, proposero tante grandi vele dove proiettare i monumenti più significativi della città. Non venne accettata. Perugia decise di tornare palcoscenico e vetrina della più rassicurante strada della tradizione.

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