PERUGIA
Un'installazione artistica e una lettera aperta agli amministratori della città per esprimere la protesta di un quartiere che vuole, pretende, un futuro in linea con la sua storia. È quanto si sta facendo in Corso Garibaldi ad opera del collettivo artistico Espressioni Impressioni e dall'associazione Assogaribaldi Aps (Progetto Corso Garibaldi District), composta da esercenti e residenti del quartiere. Insieme hanno presentato un'installazione artistica lungo la via, in collaborazione con l'ultima giornata del Festival T'Immagini, in segno di protesta e di denuncia delle problematiche non risolte del Borgo che vanno affrontate nonostante il lungo lavoro di rigenerazione urbana intrapreso dal 2018 e le numerose iniziative realizzate nel corso degli anni.
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È stata lanciata così una riflessione pubblica che parte proprio dal titolo della manifestazione che ha celebrato i 130 anni dall'invenzione del cinematografo con una mostra collettiva nella sala Miliocchi: T'Immagini se Corso Garibaldi tornasse a vivere?
“Corso Garibaldi - riporta una nota dei proponenti - è uno dei pochi quartieri di Perugia che ancora conserva un'anima popolare e autentica. È un luogo ricco di identità, abitato da studenti, famiglie, stranieri, artigiani e associazioni. È una realtà viva, multiculturale, intrecciata con la vicina Università per Stranieri, dove le diversità convivono e producono cultura, solidarietà e bellezza”.
Da qui il punto: “Purtroppo - scrivono -, da qualche anno, il quartiere sta subendo gli effetti devastanti di una speculazione edilizia e immobiliare senza freni. Vecchi negozi, botteghe e magazzini vengono trasformati in miniappartamenti o B&B, spesso senza alcuna attenzione alla qualità dell'abitare. I prezzi degli affitti sono ormai fuori scala: né studenti, né lavoratori, né famiglie possono più permetterseli.
Si assiste a un lento svuotamento sociale, a una progressiva perdita di identità, a un centro storico che rischia di diventare un resort diffuso, abitato da persone di passaggio e non da comunità reali”.
Così è stato proposto di coprire con grafiche artistiche le saracinesche dei negozi chiusi del quartiere e i muri della via. Un’installazione urbana poetica ma anche civile, per denunciare il progressivo svuotamento dei servizi di prossimità e per immaginare insieme un futuro diverso per Corso Garibaldi. E a questo aggiungono le richieste agli amministratori. “Chiediamo che il Comune - scrivono gli ideatori -: limiti per regolamento comunale la trasformazione dei fondi commerciali al piano terra in residenze, come già avvenuto a Firenze, Bologna e Venezia, dove sono stati introdotti vincoli di destinazione d’uso nei centri storici per salvaguardare botteghe e attività di vicinato; regoli il numero di B&B e affitti brevi per quartiere, come già fatto a Milano e Roma, dove è stato previsto un numero massimo di alloggi turistici per zona, per evitare la desertificazione abitativa; preveda incentivi fiscali comunali per i proprietari virtuosi che mantengono affitti equi e sostenibili, e per chi decide di riaprire un negozio o un servizio utile alla comunità; coinvolga le associazioni di quartiere e dei proprietari per costruire insieme una mappa dei bisogni e delle attività prioritarie, da sostenere con sgravi, bandi o agevolazioni; limiti l’installazione dei locker automatizzati che sottraggono spazio urbano senza restituire valore sociale, favorendo invece servizi di prossimità realmente utili e umani”.
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