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A Città di Castello il Natale ha il sapore dei cappelletti: una tradizione che unisce generazioni tra sorrisi, mani esperte e ricette di famiglia

Annalisa Ercolani

07 Dicembre 2025, 09:09

A Città di Castello il Natale ha il sapore dei cappelletti: una tradizione che unisce generazioni tra sorrisi, mani esperte e ricette di famiglia

La tradizione dei cappelletti a Città di Castello

A Città di Castello il Natale ha il profumo dei cappelletti, piccoli scrigni di pasta ripiena che raccontano storie di famiglia, di mani esperte e di ricette tramandate di generazione in generazione. La loro storia affonda le radici nella Romagna delle corti estensi del Cinquecento, dove Cristoforo di Messisbugo e Bartolomeo Scappi li descrivevano già come pasta preziosa, destinata a portare festa sulle tavole. Col tempo, questa tradizione ha superato i confini della Romagna e si è diffusa verso il cuore dell’Italia, trovando in Umbria una seconda casa.

Il nostro viaggio tra i cappelletti di Città di Castello inizia a SfogliAmano a Trestina, dove Caterina Contini e Catia Gragnoli portano avanti una tradizione fatta di materie prime e mani esperte. Qui la pasta non conosce macchine: la sfoglia si stende col matterello, come facevano le nonne, e ogni tipo di pasta, dai ravioli alle tagliatelle, fino ai cappelletti, è lavorata con cura artigianale. "Ognuno li chiude a modo suo", ci raccontano le titolari, sottolineando quanto il tocco personale sia parte del risultato finale. Il vero segreto sta però nel composto che prevede un mix di carni, in questo caso maiale, pollo, vitello, arricchito con parmigiano e noce moscata. Ma ogni famiglia ha la sua variante e custodisce ingredienti e proporzioni come un piccolo tesoro e il cappelletto più buono è sempre quello di casa, perché è il sapore a cui siamo abituati fin da bambini.

Francesco Radicati, 84 anni

La tradizione, però, non si ferma qui ma continua tra le mura domestiche, dove Natale significa mani in pasta e storie da tramandare. A casa del signor Francesco Radicati, la preparazione dei cappelletti è un rito che coinvolge i figli e chiunque voglia imparare. Francesco è il capo della cucina: stende la pasta, prepara il composto, vitello, maiale, tacchino, mortadella, prosciutto crudo, parmigiano e abbondante noce moscata e guida la famiglia in un rito antico e gioioso. Anche i più piccoli, come Anita Corsini, 6 anni, aiutata dalla zia, Cristina Nardi, imparano tra assaggi rubati e acrobazie per gustarne qualcuno prima del dovuto.

Il furto del cappelletto

E così succede a molte famiglie tifernati: Veronica Bracchini, 27 anni, ha imparato dalla nonna Floriana Mancini, e oggi è lei a impastare e preparare il composto con la propria variante: buccia di limone grattata, noce moscata, maiale, vitello, tacchino e salsiccia. Accanto a loro c’è il nonno Rolando Torcolacci, che con precisione maniacale sistema ogni cappelletto sul vassoio prima di metterli in congelatore, completando così il rituale di famiglia.

Veronica insieme ai nonni, Floriana e Rolando, 79 e 87 anni

A Città di Castello, i cappelletti non sono solo un piatto: sono memoria, pazienza, amore e convivialità. Sono il legame tra le generazioni e il filo invisibile che unisce passato e futuro, in un Natale che profuma di casa, di famiglia e di tradizione. Attenzione però, qui non si chiamano cappelletti, ma capeletti. Anche il nome in dialetto è parte integrante della tradizione!

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