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FOLIGNO

"Santa Caterina aperta tutti i giorni". La chiesa e il monastero sono tornati a splendere dopo otto anni

Don Cristiano Antonietti: “Ogni giovedì una giornata eucaristica”

26 Novembre 2025, 09:06

"Santa Caterina aperta tutti i giorni". La chiesa e il monastero sono tornati a splendere dopo otto anni

La pioggia e il freddo non hanno fermato la folla che nel pomeriggio di martedì 25 novembre ha riempito via Nicolò Alunno per assistere alla riapertura della chiesa e del monastero di Santa Caterina. Otto anni di silenzio, da quando l’età avanzata delle ultime clarisse aveva imposto la chiusura della clausura. Ieri, per qualche ora, quel silenzio si è incrinato: le porte si sono spalancate e la vita è tornata a circolare fra la chiesa, il coro, gli affreschi e il venerato Crocifisso della Madre Paola.

Sarà aperta tutti i giorni – ha annunciato il parroco di San Feliciano e Santa Maria Infraportas, monsignor Cristiano Antonietti – e ogni giovedì vivremo una giornata eucaristica con messa alle 8.30 e adorazione fino alle 18”. Una promessa di continuità che ha accompagnato la visita guidata offerta ai folignati e ai curiosi, attratti dal fascino discreto di uno dei complessi monastici più antichi e misteriosi della città.

A ricucire i fili della memoria ci hanno pensato la presidente dell’Associazione Guide Turistiche dell’Umbria, Ede Angeli, e Alessandra Vincenti. Con voce appassionata hanno restituito la storia sorprendente di questo luogo che, secoli fa, era un vero e proprio “ospitale”: una struttura di accoglienza dove trovavano riparo pellegrini, indigenti, orfani e malati, un crocevia di umanità ferita e in cammino. Tra gli ambienti del complesso sopravvive ancora la pietra angolare dell’antica cinta muraria del 1100, testimonianza silenziosa della vicinanza alle mura medievali e di un passato che continua ad affiorare.

Ma il cuore pulsante della narrazione è il venerabile Crocifisso della Madre Paola. Nel Cinquecento era custodito nella chiesa di Santa Maria Maddalena, circa a metà dell’attuale via Umberto I: un punto preciso della città dove, allora come oggi, la storia sembrava fermarsi per lasciare spazio al mistero. Fu lì che la piccola Paola, otto anni appena, udì una voce provenire dal Crocifisso: “Paola, entra nella ferita del mio costato!”. La risposta, innocente e disarmante, è rimasta nella tradizione: “O Gesù, come volete che io vi entri se la ferita è piccola e io sono grande?”. Quel giorno segnò l’inizio della sua vocazione, che la portò nel 1600 a fondare il Conservatorio delle Orsoline. Il Crocifisso rimase con lei fino alla morte, nel 1647. Da allora divenne rifugio spirituale della città, invocato nei tempi di flagelli e terremoti.

Il suo viaggio proseguì nei secoli: esposto all’aperto dopo il sisma del 1832, trasferito poi nel complesso di Santa Caterina quando le Clarisse lo acquistarono nel 1887, e infine collocato sull’altare maggiore della nuova chiesa dedicata al Redentore nel 1898. Da allora l’immagine viene svelata ogni 23 ottobre, data della dedicazione. La celebrazione eucaristica che ha concluso la giornata, accompagnata dalla Schola Cantorum Santa Cecilia diretta dal maestro Antonio Barbi, ha riportato un’atmosfera di solennità in un luogo che sembrava assopito per sempre. ”Questa riapertura – ha ricordato monsignor Antonietti – è un invito a guardare dentro le pieghe della storia che questo luogo custodisce”. È il secondo respiro, dopo la riapertura della chiesa della Buona Morte. Un ritorno alla luce per un tesoro nascosto dove, per secoli, arte e fede hanno camminato affiancate. “Ora – ha concluso il parroco – bisogna aprire i cuori”.

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