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CULTURA

Scopri lo Stabilimento Tipografico Pliniana, dove la stampa diventa storia viva e memoria

Annalisa Ercolani

25 Novembre 2025, 18:01

Scopri lo Stabilimento Tipografico Pliniana, dove la stampa diventa storia viva e memoria

Lo Stabilimento Tipografico Pliniana

Lo Stabilimento Tipografico Pliniana di Selci Lama, nel comune di San Giustino, non è soltanto una delle più antiche realtà tipografiche dell’Italia centrale: è un luogo dove il tempo sembra rallentare, quasi rispettoso di una storia che supera il secolo di vita. Fondata nel 1913 come Società Anonima Cooperativa Tipografica Pliniana su iniziativa del parroco don Roggero Fiordelli, nacque come distaccamento della Leonardo da Vinci di Città di Castello, chiamata a smaltire le commesse in eccedenza di un’epoca in cui la stampa era febbrile e vivissima. Da allora, quell’officina nata con pochi uomini del posto – molti dei quali a mala pena alfabetizzati, ma educati giorno dopo giorno all’arte tipografica – ha attraversato guerre, crisi, ripartenze e rivoluzioni tecnologiche, senza mai perdere il filo della propria identità.

Oggi lo Stabilimento Tipografico Pliniana è una realtà moderna, dotata di macchinari offset e digitali, capace di produrre volumi di pregio e lavori editoriali complessi. Ma il suo cuore batte ancora al ritmo del piombo, custodito gelosamente nel Museo Storico Pliniana, un’ala dello stabilimento che conserva macchine perfettamente funzionanti. Entrarvi è un tuffo in un mondo che non c’è più, fatto di cassettiere in legno ricolme di caratteri, cliché in zinco ordinatamente esposti, strumenti unti di olio e vissuti come fossero prolungamenti naturali delle mani dei tipografi. Il profumo dell’inchiostro, quello vero, sembra ancora sospeso nell’aria.

A guidare il percorso è stato il Presidente dello Stabilimento Tipografico Pliniana, Giorgio Zangarelli, che ha mostrato la parte del museo e quella produttiva, dove tradizione e modernità convivono senza frizioni. Accanto alle macchine digitali, sopravvive — e continua a funzionare — l’intera collezione di macchinari storici dello stabilimento: dalla piano-cilindrica Super Unigraf alla piegatrice Leonis, dalla linotype alla monotype. Ed è proprio davanti a questi gioielli che la tipografia torna viva, concreta, quasi commovente.

A renderla così sono in particolare due uomini che hanno passato una vita tra caratteri e matrici: Giuseppe Moscatelli e Marcello Diotalevi. Giuseppe, con una precisione da orologiaio e una memoria che stride con l’epoca dello usa e getta, ha mostrato il funzionamento della fonditrice Monotype, una macchina composta da 2.464 pezzi. Ha raccontato, con orgoglio genuino, di saperla smontare completamente e rimontare, forte degli insegnamenti del suo vecchio professore. La fonditrice, partendo dalla striscia perforata prodotta dalla tastiera Monotype, realizza i singoli caratteri tipografici, perfettamente allineati come nella composizione manuale: un procedimento che richiede pazienza, tecnica e la familiarità con la lega tipografica di piombo, stagno e antimonio.

Marcello, invece, ha dato vita alla linotype, la macchina che nel 1881 rivoluzionò il mondo della stampa. Una tastiera, un forno di metallo fuso e un sistema di matrici che si assemblano in righe complete, dando origine ai famosi lingotti: un miracolo meccanico che ha mandato in pensione secoli di composizione manuale e ha dominato il Novecento tipografico fino all’avvento del digitale.

Rivedere questi macchinari in funzione non è solo un richiamo al passato: è la dimostrazione tangibile di una maestria che richiede pazienza, precisione e dedizione. Ogni volta che una macchina si accende, la storia prende vita: il piombo si scioglie, i caratteri si formano e resta lo stupore di vedere il proprio nome emergere dal metallo ancora caldo, una magia che sembra sospesa nel tempo.

La Pliniana non è soltanto una tipografia: è un museo vivo, un archivio di mani e di idee, un luogo dove passato e presente dialogano senza stonature. Un secolo dopo la sua nascita, continua a portare avanti un mestiere che non si improvvisa e che, proprio per questo, conserva un fascino difficile da raccontare. Ma chi ci entra lo sente subito: la fretta resta fuori dalla porta e il tempo torna a muoversi lento, come un torchio che scende piano, deciso, senza mai perdere il passo.

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